Un'utopia distorta, una speranza avariata, un'illusione di progresso che, invece di migliorarci, ci fa sprofondare dentro un baratro oscuro. La distopia non riesce ad essere una cosa sola, perché ha tante facce, infinite derive che rispondono alle tante degenerazioni di cui l'umanità si scopre capace. Se l'utopia è la prospettiva di qualcosa di meraviglioso, un ideale talmente perfetto da risultare poi irrealizzabile, la distopia è la sua copia carbone, ovvero la versione decadente di una società piena di contraddizioni.
In ogni caso parliamo di scenari futuribili, di immaginari spinti verso un ipotetico domani, insomma di proiezioni. E, assieme a tanta letteratura di genere, non c'è stato posto più adatto del cinema dove continuare a proiettare un futuro abitato da ansie e critiche rivolte al mondo contemporaneo. Già molti anni prima che George Orwell aprisse l'occhio invadente del suo celebre Grande Fratello, in un romanzo capostipite del genere distopico (1984), la settima arte aveva dato alla luce un'opera che portava dentro di sé un profondo malessere pessimista. Quel capolavoro di Metropolis racchiudeva una serie di caratteristiche fondamentali di ogni distopia: la rigidità dell'assetto sociale, l'importanza centrale del contesto e la spiccata vena disfattista.
L'algido 2026 ipotizzato da Fritz Lang apre la strada al cinema come descrizione di futuri nei quali è meglio non sperare, con il grande schermo pronto a tramutarsi in spauracchio di timori umanissimi. Così, passando per l'iper violenza londinese di Arancia meccanica e la putrida Los Angeles di Blade Runner, la distopia ha trovato nel grande schermo un terreno fertile per seminare dubbi e far germogliare messaggi preoccupanti. Ed eccoci dispersi nei labirinti, abitanti di distretti alle prese con giochi crudeli e megalopoli dominate da strane regole. È facile accorgersi di come ogni distopia si nutra di personaggi oppressi dal panorama sociale in cui vivono, vittime di leggi rigide e di equilibri (quasi) impossibili da scardinare. Ecco dunque quelli che sono i migliori film distopici da vedere, dai classici a quelli più recenti, per gli amanti del genere.
1. L'esercito delle dodici scimmie (1995)
Dirigere un film distopico significa dotarsi di uno sguardo visionario. E "visionario" è certamente l'aggettivo più abusato quando si scomoda Terry Gilliam. Dopo l'altrettanto inquieto Brazil, il suo L'esercito delle dodici scimmie non fa eccezione e ci getta con prepotenza sottoterra, dove ciò che rimane dell'umanità si rifugia per sfuggire ad un virus letale. Qui vive anche James Cole, incaricato di tornare indietro nel tempo per scoprire l'origine dell'infezione. Un film nel quale non ci sono né orologi, né bussole, disorientante e senza un briciolo di speranza. Un labirinto narrativo e mentale che, in un opprimente 2035, non ammette la libertà dell'individuo.
2. Gattaca - La porta dell'universo (1997)
La parabola di Vincent Freeman (nome e cognome non casuali) è in realtà una spirale, proprio come quella del nostro DNA. In un mondo dove l'umanità è capace di creare in laboratorio esseri perfetti dal corredo genetico prevedibile, essere concepiti "alla vecchia maniera" non aiuta ad integrarsi. Il protagonista vuole diventare un astronauta, ma per riuscirci deve camuffarsi per qualcuno che non è. Buon thriller distopico immerso in un'originale epoca futura dalle tonalità anni Cinquanta, Gattaca affronta il tema dell'identità fluida come opera postmoderna è costretta a fare.
3. Dark City (1998)
Dopo averci detto che "non può piovere per sempre", Alex Proyas ci fa vedere come si fa a vivere sempre nel buio. Dark City è un posto afflitto dalle tenebre, via di mezzo tra la Los Angeles di Blade Runner e la Gotham City burtoniana, tra le cui strade si muovono i sinistri Stranieri, ovvero una razza aliena intenzionata a studiare l'essenza dell'umanità. Mentre tutti i cittadini sono caduti in una specie di coma collettivo, John Murdoch tenterà di orientarsi nell'oscurità, alle prese con l'amnesia e un'accusa di omicidio. Piccolo cult tardivo, Dark City è un fanta-thriller distopico opprimente, che sfida lo spettatore a ritrovarsi nei meandri di una città non così tanto diversa da una complessa mente umana.
4. Matrix (1999)
Il buon vecchio Bianconiglio ritorna a farci perdere dentro altri mondi, ma questa volta le meraviglie non sono invitate. Programmatore e hacker, signor Anderson e Neo, l'esistenza del protagonista di Matrix è scissa tra vita off line e o on line, vissuta su un lungo codice binario. Almeno fino a quando sceglie di scoprire una verità sconvolgente: la realtà ordinaria è pura illusione, perché Matrix, una simulazione interattiva camuffata da quotidianità, ha preso il controllo del mondo. I fratelli Wachowski delineano un futuro oscuro dominato dalle macchine e alimentato da esseri umani usati come pile. Un grande capolavoro distopico che descrive alla perfezione i timori più apocalittici nei confronti del virtuale, un'opera spartiacque tra un "prima" e un "dopo Matrix". E ovviamente no, i sequel non esistono. Proprio come "il cucchiaio".
5. Battle Royale (2000)
I giovani della Repubblica della Grande Asia Orientale sono sempre più indisciplinati, così gli adulti decidono di scrivere le regole di un gioco al massacro: Battle Royale. In una drastica rivisitazione de Il signore delle mosche, secchioni, bulli e "indifese" ragazzine sono gentilmente invitati ad ammazzarsi a vicenda con qualsiasi mezzo a loro disposizione. Ne può rimanere soltanto uno. Insomma, gli Hunger Games sono più che in debito con il romanzo scritto da Koushun Takami, dal quale, oltre al film, è stata tratta anche una stimata serie di manga. Cinismo allo stato puro, sadismo cruento e personaggi spietati si incontrano in un film talmente duro da aver conosciuto tagli e censure.
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6. Minority Report (2002)
Senza Philip K. Dick il cinema sarebbe un po' più povero. A saccheggiarne l'immaginazione ispirata questa volta è Steven Spielberg che ci immerge in una Washington del 2054, quando ogni crimine è stato cancellato, prevenuto a monte grazie all'efficiente Precrimine. Gli agenti dello speciale corpo di polizia seguono le premonizioni di tre precog, individui dotati di straordinari poteri profetici. Ma quando nelle loro visioni appare l'immagine del detective John Anderton pronto ad uccidere, il sistema scopre le sue falle. Minority Report è un film imperfetto, ma comunque efficace nel rappresentare una patina di asettica perfezione sotto la quale scalpita il marcio. Non c'è progresso senza sacrificio, non esiste evoluzione senza compromessi.
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7. Equilibrium (2002)
Un flop clamoroso, dovuto anche alla frettolosa etichetta di "Matrix di serie B". Certo, le scene d'azione sono grossolane e al limite del ridicolo, ma l'impalcatura narrativa, la morale e il cast non meritano la derisione raccolta. Sintesi evidente dei romanzi di Orwell e Bradbury, Equilibrium racconta di un'enorme città-Stato dove, dopo un conflitto nucleare, ogni emozione è stata bandita grazie alla somministrazione giornaliera di prozium (crasi tra prozac e oppium). La popolazione è massificata, uniforme, e per questo facilmente controllabile dal Padre, dittatore che controlla tutto e tutti. Un giorno John Preston, uno dei Cleric addestrati per punire i ribelli, salta la dose giornaliera del "farmaco" e inizia capire l'orrore a cui stava collaborando. Una pellicola distopica che andrebbe vista soltanto per gustare il volto cangiante di Christian Bale, una maschera inespressiva che si scioglie poco alla volta.
8. V per Vendetta (2005)
Una maschera diventata un simbolo. Un personaggio elevato ad icona. Il volto del cospiratore inglese Guy Fawkes, stilizzato in un sorriso beffardo contornato dai baffi, è stato adottato come emblema di piccole, grandi rivoluzioni popolari. A gonfiarne il mito ci ha pensato anche James McTeigue con un film dedicato allo spirito più radicale di ogni anarchia. Ispirato alle chine di David Lloyd e nato dalla mente dello schivo Alan Moore, V per Vendetta trasforma uno dei più celebri graphic novel di sempre in un film distopico che usa con cura parole e immagini per parlare di parole e immagini come mezzi per addomesticare le masse. Ambientata in una Londra assoggettata ad un totalitarismo opprimente, l'opera di McTeigue aggiorna i vecchi timori attraverso nuove paure (il terrorismo, le malleabili identità postmoderne), grazie ad un'enfasi costante che pone l'accento sul potere dell'arte dialettica. Per non dimenticarci mai del 5 di Novembre...
9. Southland Tales (2006)
Los Angeles è la meta preferita dalle distopie. Ce lo conferma lo sgraziato Southland Tales dove, cinque anni dopo Donnie Darko, Richard Kelly ritorna a maneggiare storie estreme e al limite dell'assurdo. In un 2008 post conflitto nucleare si intrecciano manipolazioni politiche e cospirazioni terroristiche, ma noi viviamo il tutto attraverso la stramba vicenda dell'attore Boxer Santaros che, assieme ad un'amica pornostar, scrive e dirige un film strampalato. Un calderone grottesco e sopra le righe dove ribollono vari generi ed emerge una critica per niente velata alla società americana, troppo incline ai condizionamenti culturali.
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10. I figli degli uomini (2006)
I figli degli uomini è tra le più raffinate e potenti visioni distopiche mai proposte al cinema. Siamo nel 2027, in un'Inghilterra oppressa da continue guerriglie. Il caos nasce dalla disperazione, dall'assenza di speranza, perché i bambini non nascono più e l'umanità è destinata all'estinzione. Il merito di Alfonso Cuarón, ispiratosi all'omonimo romanzo di P.D. James, è quello di mettere in scena una distopia lieve, non esasperata, che con crudo realismo descrive un mondo in decomposizione, credibile perché non troppo diverso dal nostro. Pieno di momenti ansiogeni e impreziosito da un piano sequenza magistrale, il film si regge sulle spalle affaticate di Theo, al quale viene affidata una preziosa donna incinta. Un personaggio afflitto da una responsabilità enorme e simbolo di una morale signifcativa: si può essere genitori della vita stessa, padre di qualcuno che non è ancora nato.
11. Non lasciarmi (2010)
La scienza ha sconfitto i tumori, ma l'uomo è ancora malato di onnipotenza, perché i cloni sono come noi, ma non sono noi. Le nostre copie sono create per essere s-oggetti sacrificabili, pronti a cedere i loro organi e le loro vite. Kathy, Ruth e Tommy sono tre copie, cresciuti nel rigido collegio di Hailsham, dove si insegnano leggende e si impara a non sognare troppo. Ma un'esistenza che sa di avere una fine, ha fretta di trovare un fine, un senso assoluto, e tutti la trovano nell'amore. Tratto dal bel romanzo di Kazuo Ishiguro, Non lasciarmi vive di attimi poetici e di un attaccamento disperato alle bellezza della vita. Un film pieno di dignità e di scene strazianti.
12. Hunger Games (2012)
Il gioco è solo un momento ludico? È un atto di libertà? Forse no, considerando che bisogna sempre sottostare a delle regole, e quelle imposte da Capitol City sono particolarmente spietate. Per il puro piacere degli spettatori della capitale di Panem, ognuno dei tredici distretti assoggettati deve dare "in pasto" un suo giovane perché partecipi agli Hunger Games. Scopo del reality show: godersi una strage di adolescenti. La gloria del vincitore ripulirà le sue mani sporche di sangue. La saga distopica ideata da Suzanne Collins è un denso concentrato di temi e riferimenti culturali. Il cinismo e il voyerismo mediatico si mescolano ai patemi adolescenziali. Il confronto-scontro con i coetanei e l'indipendenza dal controllo degli adulti sono vissuti attraverso l'eletta Katniss. Da pedina nelle mani degli altri, a dama della rivoluzione. L'eco della sua ghiandaia imitatrice ha dato nuovo impulso al genere young adult.
13. Looper (2012)
Film distopico rivelazione del 2012, Looper gioca con il tempo e l'identità, in un futuro dove il viaggio nel tempo è possibile ma anche illecito. I looper, killer professionisti, lo utilizzano per uccidere le loro vittime nel passato in modo da non lasciarne traccia. Agile action movie con tinte fantascientifiche, il film di Rian Johnson è una fitta caccia all'uomo nel vero senso della parola. Al centro dell'azione, in mezzo a salti temporali, corse e sparatorie, c'è un'importante riflessione sul potere della scelte, un'indagine sul peso decisivo del nostro libero arbitrio.
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14. The Zero Theorem (2013)
Un città che sembra un enorme carro carnevalesco immobile, un baraccone colorato con tinte di grigio dove gli schermi sono ovunque e tutti sono nessuno. Terry Gilliam si intrufola nella mente contorta di un uomo alienato, frustrato da un'esistenza in cui la solitudine è un obbligo. Alla disperata ricerca di un legame, Qohen Leth si affida alla realtà virtuale, perdendosi ancora di più nei meandri delle sue fobie. Il teorema del film The Zero Theorem giunge ad una conclusione al sapore di resa: l'identità è destinata a disperdersi nell'anonimato.
15. La notte del giudizio (2013)
L'unico modo per fermare la violenza è darle libero sfogo. Anche per una sola notte all'anno. L'America pacifica descritta nel film distopico La notte del giudizio si basa su questa folle concessione. Ecco che la pacifica convivenza sembra quasi una costrizione di facciata, che cela la vera natura di una società violenta, piena di disprezzo reciproco. Horror claustrofobico, il film di James DeMonaco scava sino alle radici dell'istinto umano, mettendo alla prova il valore della fiducia negli altri con esisti più che pessimisti.
16. Divergent (2014)
Come detto, la distopia spesso abusa di un rigido ordine sociale. Divergent risponde alla regola con una società scissa in Eruditi, Pacifici, Candidi, Intrepidi e Abneganti. Solo così si è riusciti a ristabilire l'ordine dopo una guerra devastante. Il test della personalità indica la via da seguire e stabilisce il futuro di tutti. Tris, però, è diversa da tutti perché è una Divergente, inclassificabile, incontrollabile e per questo pericolosa. Sulla scia segnata da Katniss, la saga ideata da Veronica Roth, non riesce a tenere il passo di chi la precede, ma resta un buon esempio di intrattenimento distopico capace di riflettere sull'immagine che la società ci impone e vorrebbe vestirci addosso.
17. Maze Runner - Il labirinto (2014)
Dopo due eroine alla ricerca di indipendenza, bisognava eleggere anche uno young adult al maschile. Ci riesce con apprezzabili risultati Maze Runner, apripista di una saga distopica votata all'azione, arginata da un luogo che incuriosisce e sfida i protagonisti. Thomas è un giovane che si risveglia senza memoria dentro una grande Radura, ma per scoprire il mondo al di là di questo enorme campo bisogna attraversare un mostruoso labirinto. Rispettare le regole o perdersi per ritrovarsi? Una struttura a livelli che strizza l'occhio ai videogame con una difficoltà che sembra crescere di capitolo in capitolo.
18. Snowpiercer (2014)
Succede tutti i giorni a chi prende un treno. Entrare in un determinato vagone significa autodefinire la propria condizione sociale. Prima o seconda classe. Persone standard o persone premium. Ispirandosi ad una serie a fumetti francese, Bong Joon-ho porta in Snowpiercer questo concetto sino all'estremo, all'interno di un mondo totalmente ghiacciato e inabitabile; l'umanità residua vive rinchiusa in un lungo treno che gira di continuo intorno al pianeta. Nella sezione di coda ci sono i poveri, i disperati, la locomotiva umana che permette ai ricchi di godersi il lusso nella sezione di testa. Snowpiercer mette in scena un microcosmo sociale metaforico dove convivono disperazione e intolleranza, mentre il pubblico compra un biglietto per un film iperviolento e lirico, tra spruzzi di sangue e sprazzi di poesia.
19. The Congress (2014)
Chi ha incastrato Robin Wright? Questa è la domanda che si pone Ari Folman nel bellissimo The Congress. L'attrice recita la parte di se stessa, vestendo i panni di un'interprete caduta nel dimenticatoio alla quale viene proposto uno strano accordo: cedere la sua immagine ad una grande major che potrà utilizzarla per sempre a suo piacimento. Un patto quasi faustiano si tramuta pian piano in una sconnessione tra reale e virtuale, verità e simulazione. L'attrice concede se stessa e perde la sua identità, prestandola al cinema, facendosi adottare da miliardi di occhi. The Congress mette in guardia lo spettatore sul potere affabulatorio della messa in scena, descrive una società persa nello spettacolo. Per questa volta il cinema è un'arma di distrazione di massa.
20. Equals (2015)
I film distopici amano schierarsi dalla parte dei ribelli, mettersi nei panni delle eccezioni alle regole, ed è quello che accade anche nell'imminente Equals. In un futuro asettico, dominato dai colori freddi, le emozioni sono bandite, scongiurate ancor prima della nascita di ogni individuo. Nella realtà comandata dal Collettivo ammalarsi significa provare dei sentimenti, proprio come succede a Nia e Silas. Il film si schiera sin troppo dalla parte delle pulsioni del cuore, perché preferisce soffermarsi sulla buona alchimia dei due amanti, lasciando in secondo piano la descrizione di un contesto narrativo debole e appena abbozzato.
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21. The Lobster (2015)
Alle volte, invece, il problema è proprio non trovare l'anima gemella. Difficile individuare l'utilità sociale dei single; tanto vale forzare la mano e spingere le persone sole ad incontrare l'amore. In un futuro imprecisato, tutti i solitari sono invitati per un mese e mezzo tra le mura di un hotel, costretti a trovare la persona adatta a loro. Qualora Cupido fallisca i suoi 45 giorni di prova, celibi e nubili dovranno scegliere in quale animale trasformarsi. La sinossi di The Lobster suggerisce il clima surreale del film diretto da Giorgos Lanthimos, il cui sguardo è carico di satira e umorismo nero. Convenzioni da scardinare, futuri da rinegoziare. Lo abbiamo detto in apertura: la distopia guarda avanti, ma va indietro. Proprio come fanno le aragoste.