Una delle occasioni in cui il giudizio di un critico cinematografico vale più di qualsiasi altro è l'anteprima stampa dei film nel corso delle kermesse più prestigiose. Festival di Cannes, Toronto e Mostra del Cinema di Venezia in primis. In quei momenti saranno le nostre reazioni in sala immediatamente dopo la visione, ancor prima di ciò che scriveremo, a guidare l'orientamento dei produttori, dei distributori e dei cinefili. Più delle standing ovation spesso a rimanere più impressi al pubblico sono i fischi. Per questo, a pochi giorni dall'uscita in sala di Il tuo ultimo sguardo, l'ultimo film di Sean Penn presentato a Cannes tra sberleffi e risate involontarie, abbiamo pensato di passare in rassegna alcuni dei film più maltrattati dai critici. L'intenzione è quella di provare a capire le cause di un dissenso che non sempre corrisponde ad un insuccesso.
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Italia sì, Italia no
In Italia l'accanimento dei critici è notoriamente riservato ai film nostrani. Ne sa qualcosa Paolo Franchi che nel 2012 fu subissato dai fischi per il suo E la chiamano estate. Andò peggio a Isabella Ferrari, quando venne annunciato che il premio per la miglior interpretazione femminile veniva assegnato proprio a lei per il suo ruolo nel film. In quel caso ai fischi seguirono degli insulti sessisti di cui si discusse per giorni. Un film sicuramente trascurabile, un racconto erotico fintamente trasgressivo al quale va però riconosciuto il merito di aver smascherato il perbenismo che certamente appartiene ad una parte del pubblico italiano. Ma a terrorizzare concretamente i registi italiani è il palcoscenico veneziano. Alla Mostra ad essere martoriati sono solitamente i nostri autori. Nel 2016 non ha convinto Piuma di Roan Johnson che pure era stato apprezzato per il suo Fino a qui tutto bene. Eppure le vere vittime di Venezia sono altre.
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Morte a Venezia
Ci sono registi che puntualmente vengono presi di mira e bastonati a suon di fischi e recensioni che farebbero imbestialire anche i cineasti più ghandiani. A guidare la fila c'è Luca Guadagnino, salutato all'estero come il portatore della rivoluzione cinematografica italiana e deriso in patria dove Io sono l'amore e A Bigger Splash sono stati fischiati senza sosta. Stesso destino per Saverio Costanzo, che paga probabilmente la colpa di essere "un figlio di" e che non viene apprezzato neanche quando realizza film tutt'altro che spregevoli come La solitudine dei numeri primi o Hungry Hearts, per il quale poi furono premiati i due attori protagonisti Alba Rohrwacher e Adam Driver. Negli ultimi anni fischi sonori anche per pessimi film come L'intrepido di Gianni Amelio con un bravo Antonio Albanese e Quando la notte di Cristina Comencini liberamente ispirato al delitto di Cogne. Il Leone per il film più bersagliato di critiche spetta a Il branco di Marco Risi che nel 1994 mandò su tutte le furie Uma Thurman. L'attrice statunitense, che faceva parte della giuria, secondo quanto raccontato dal collega Carlo Verdone, lasciò la sala indignata per la maniera cruda in cui era mostrato lo stupro su cui era incentrato il film del regista milanese. Standing ovation per lei!
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Nati per scandalizzare
Abitudini diverse a Cannes dove a pagare il prezzo più alto sono le stelle di Hollywood e i registi più quotati. Nel 2015 il red carpet di Naomi Watts e Matthew McConaughey, come riporta il The Telegraph, si trasformò in una "walk of shame" (tradotto "camminata della vergogna") dato che i fischi riservati al film di Gus Van Sant, La foresta dei sogni, erano già stati riportati sui quotidiani di mezzo globo. Poi ci sono quei registi che hanno l'abitudine a scandalizzare e che ci rimangono quasi male se quei fischi non li ricevono. Tra i capobanda non può mancare Lars von Trier, il re della provocazione, che fu contestato per Idioti, oggi considerato un cult del Dogma 95, e per Antichrist, rivalutato nel corso degli anni al punto tale da essere ritenuto uno dei film più belli della sua carriera. Da sette anni (purtroppo) il regista danese a Cannes non mette più piede. Il presidente lo invitò a lasciare la Riviera in seguito alla lode di Adolf Hitler espressa nel corso della conferenza stampa di Melancholia che l'avevano trasformato in un "ospite indesiderato". Lo stesso destino potrebbe toccare tra qualche edizione al rivale Nicolas Winding Refn, che ha già messo a dura prova i nervi dei critici con Solo Dio perdona nel 2013 e con The Neon Demon lo scorso anno.
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I fischi che puniscono l'avanguardia
I fischi a Cannes possono trasformarsi in medaglie al valore o addirittura in un ricordo, a distanza di anni, di quanto impreparato fosse il pubblico al quale il film era stato mostrato in anteprima. Nel 1960 L'avventura di Michelangelo Antonioni fu duramente contestato. Obiettivo raggiunto da parte di un regista che si prefiggeva lo scopo di rappresentare l'inadeguatezza dell'epoca. Nel 1976 Taxi Driver di Martin Scorsese con uno strepitoso Robert De Niro fu fischiato poiché ritenuto troppo violento. Ad oggi è ritenuto uno dei 100 film più belli di tutti i tempi. Troppo nudo in The Brown Bunny di Vincent Gallo per essere riconosciuto il capolavoro e che è. Quest'anno Gilles Jacob, il Presidente del Festival di Cannes, ha fatto carte false pur di assicurarsi l'anteprima mondiale delle prime puntate della terza serie di I segreti di Twin Peaks dirette da David Lynch. Chissà se ricordava i fischi che seguirono alla proiezione di Cuore selvaggio e Fuoco cammina con me. Dieci, cento, mille di questi fischi a tutti!
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