Una carriera che dura da più di cinquant'anni, e che l'ha sempre spinta a dividersi fra l'America e l'Europa (Italia inclusa), e una "nuova giovinezza" artistica che negli ultimi tempi l'ha riportata sulla cresta dell'onda, fino alla conquista della Coppa Volpi alla scorsa edizione del Festival di Venezia. Charlotte Rampling, classe 1946, nata in un villaggio dell'Essex, in Inghilterra, è da decenni una delle icone del cinema d'autore, molto prima di diventare una delle beniamine dei festival, e dopo il trionfo veneziano si prepara ad approdare nelle nostre sale.
Il film in questione, L'altra metà della storia, per la regia dell'indiano Ritesh Batra (The Lunchbox), è la trasposizione di uno dei libri più acclamati degli ultimi anni, Il senso di una fine di Julian Barnes: un romanzo doloroso e sorprendente, ricompensato nel 2011 con il Booker Prize (uno dei massimi riconoscimenti per la narrativa in lingua inglese). Nella pellicola, in uscita in Italia il 19 ottobre per BIM Distribuzione, Charlotte Rampling interpreta il ruolo di Veronica Ford, una donna alla quale il protagonista, Tony Webster (Jim Broadbent), era stato legato sentimentalmente molto tempo prima: ma la brusca rottura della loro relazione torna all'improvviso a tormentare Tony, il quale si renderà conto che Veronica potrebbe essere la depositaria di un inquietante segreto relativo al suicidio di un amico di gioventù, Adrian Finn (Joe Alwyn).
Tagliente riflessione sull'ombra del passato e sulle responsabilità morali, L'altra metà della storia ci offre un ulteriore esempio del talento della Rampling: un talento che non si è mai tirato indietro di fronte a scelte anticonvenzionali e sfide coraggiose. Arrivata alla notorietà nel 1966 accanto a un'altra star emergente, Lynn Redgrave, in una delle commedie di maggior successo del Free Cinema inglese, Georgy svegliati, la Rampling ha recitato in film del calibro de La caduta degli dei di Luchino Visconti, Stardust Memories di Woody Allen e Il verdetto di Sidney Lumet; più di recente, la sua presenza ha impreziosito invece titoli quali Le chiavi di casa di Gianni Amelio, Verso il sud di Laurent Cantet, Perdona e dimentica di Todd Solondz, Non lasciarmi di Mark Romanek e Melancholia di Lars von Trier. E proprio per approfondire la carriera di un'interprete di straordinaria finezza, di seguito ripercorriamo cinque fra le migliori prove della sua carriera...
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5. Hannah
Un film sorretto interamente da una performance paragonabile a un lungo one woman show: quasi sempre da sola in scena per novanta minuti, ma capace di riempire tutta l'inquadratura con l'abisso cupo dei suoi sguardi e i suoi fragorosi silenzi. Hannah, opera seconda del regista italiano Andrea Pallaoro, non ha ricevuto un pieno consenso all'ultimo Festival di Venezia, eppure è stato impossibile non ammirare la prova di Charlotte Rampling nel ruolo del titolo: quello di una donna costretta a far fronte, nella banalità delle sue azioni quotidiane, a un'improvvisa solitudine, ma soprattutto al divorante senso di colpa legato a un atroce segreto. Una recitazione totalmente interiorizzata, quella della Rampling, che per Hannah si è guadagnata la Coppa Volpi come miglior attrice.
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4. Swimming Pool
La conferma del fortunato sodalizio fra Charlotte Rampling e il regista François Ozon e, a sorpresa, un clamoroso successo perfino negli Stati Uniti: si tratta di Swimming Pool, torbido thriller che nel 2003 ha incantato pubblico e critica ed è valso alla Rampling lo European Film Award come miglior attrice. Alle prese con uno dei suoi personaggi più 'freddi' e cerebrali, la nostra Charlotte è impeccabile nei panni di Sarah Morton, scrittrice di romanzi gialli in preda a un blocco creativo e determinata a ritrovare l'ispirazione nella quiete della campagna francese; il suo isolamento, però, sarà infranto dall'arrivo inaspettato della figlia del suo editore, la giovanissima e spigliata Julie (Ludivine Sagnier), la cui disinibita sessualità sarà per la donna motivo di irritazione, ma anche la fonte di un bizzarro interesse voyeuristico, destinato a sfociare in un gioco psicologico al confine fra realtà e finzione.
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3. Il portiere di notte
Per la maggior parte degli spettatori italiani, il nome e il volto di Charlotte Rampling - da sempre molto vicina al nostro cinema - rimangono legati soprattutto al personaggio di Lucia Atherton, la protagonista di uno dei film più discussi e controversi degli anni Settanta, Il portiere di notte. Sceneggiato e diretto nel 1974 da Liliana Cavani e considerato il capostipite del cosiddetto filone della Nazisploitation, Il portiere di notte è incentrato sul complesso rapporto fra Lucia, una ragazza sopravvissuta ai campi di concentramento, e Max Aldorfer (Dirk Bogarde), un ex ufficiale delle SS che aveva intessuto con lei una relazione dal taglio sadomasochista all'interno del campo di concentramento: e quando, più di dieci anni dopo, i due si ritrovano per caso in un albergo di Vienna, la passione avrà di nuovo il sopravvento. Fra i più celebri film-scandalo mai realizzati in Italia, il dramma della Cavani ha consegnato agli annali l'immagine della Rampling, seminuda, con un paio di bretelle e un berretto nazista, mentre si esibisce in un numero di cabaret, sfoderando una sensualità perversa e ammaliante.
2. Sotto la sabbia
Se negli anni Novanta la carriera di Charlotte Rampling sembrava essere entrata in una fase di relativo declino, la resurrezione artistica dell'attrice inglese è arrivata all'alba del nuovo millennio, grazie al già citato François Ozon e a un film in particolare, che le ha permesso di mostrare per la prima volta nuovi lati del suo talento: Sotto la sabbia. Storia della sofferta elaborazione di un lutto, ma anche di un difficile confronto con la solitudine, la pellicola vede la Rampling nella parte di Marie Drillon, accademica residente a Parigi insieme al marito Jean (Bruno Cremer), al quale è legata da venticinque anni; ma la tragica scomparsa dell'uomo, nel corso di una giornata in spiaggia, spingerà Marie a rinchiudersi in una 'bolla' di ostinata negazione. E la Rampling trasmette i sentimenti contrastanti della sua protagonista con incredibile forza emotiva.
1. 45 anni
Nella seconda fase della sua carriera, come abbiamo visto, Charlotte Rampling si è confrontata più volte con personaggi in preda a dubbi esistenziali e impegnati ad affrontare battaglie silenziose ma implacabili: e il suo ruolo forse più toccante è quello di Kate Mercer, in procinto di celebrare il suo anniversario di matrimonio con Geoff (Tom Courtenay), in 45 anni, splendido dramma coniugale firmato da Andrew Haigh da un racconto di David Constantine. Il film di Haigh costituisce l'esplorazione dell'universo sentimentale di una donna messa di fronte a un segreto sepolto nel passato di suo marito, al punto da dover riconsiderare con una diversa consapevolezza l'intera natura del loro legame: e alle soglie dei settant'anni, la Rampling sfodera una di quelle performance da manuale della recitazione, tutta costruita sull'intensità dei suoi sguardi e sul potere rivelatore di innumerevoli, piccoli gesti quotidiani. Una prova davvero superba, che le è valsa l'Orso d'Argento come miglior attrice al Festival di Berlino 2015, lo European Film Award e la sua prima, meritatissima nomination all'Oscar.
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