Ci deve essere una formula particolare all'interno del codice genetico del popolo britannico; un elemento dissacrante ottenuto dall'incontro tra frammenti di sarcasmo e caustica ironia. Osservatori del mondo, i comici inglesi riescono a cogliere vizi e virtù che ci attanagliano, figli di paure e sorprese ora innestate all'interno di codici televisivi e cinematografici per mutarli, modificarli in laboratorio. Ciò che ne consegue è un ibrido ben distinguibile e riconoscibile dal punto di vista visivo, ma del tutto ribaltato e parodizzato da quello contenutistico.
Come sottolineeremo in questa recensione di Cunk on Earth (disponibile su Netflix), posto tra le mani di Charlie Brooker, l'universo dei documentari viene del tutto capovolto non più per informare, ma per far sorridere attaccando in pieno volto quella stessa umanità di cui si propone di raccontare. Recuperando un modello narrativo già ampiamente sfruttato nel mockumentary Death to 2020 (e ancor prima in Charlie Brooker's Weekly Wipe, in cui compare per la prima volta il personaggio di Philomena Cunk) Charlie Brooker si àncora ai dettami del documentario televisivo - di cui la BBC è tra i grandi artefici - per trasformare in un'irresistibile maschera umoristica quel vanto di intellettualismo alla base di tali prodotti televisivi. Dimostrandosi un profondo conoscitore e abile manipolatore del meccanismo docu-televisivo, Brooker riesce a sfruttare ogni singolo ingranaggio ribaltandolo in chiave comica per parlare della nostra storia, sottolineando ogni nostro passo falso, o ingente scoperta, tra intelletti incompresi, e giochi di forza compiuti su quel pianeta Terra che ci accoglie, per ritrovarsi calpestato e sfruttato.
Il ribaltamento della storia
Cunk on Earth potrebbe apparire come una semplice parodia dei documentari stile BBC. Lo stesso accento marcato di Manchester della sua conduttrice, Philomena Cunk, è un ribaltamento ironico, e un disconoscimento linguistico, di quella Received Pronunciation (il cosiddetto "Inglese della Regina") dalla dizione impeccabile tipicamente utilizzato nei programmi targati BBC. Ogni elemento imprescindibile alla realizzazione di tali prodotti, viene dunque preso e ribaltato, pur non perdendo il suo aspetto riconoscibile. La camminata verso la telecamera; lo sguardo rivolto verso l'obiettivo; le interviste agli esperti e gli inserti di documenti preziosi, di materiali di repertorio, o di scene dell'epoca ricreate ex-novo, sono tutti elementi distintivi dei canonici documentari dalla struttura riconoscibile e facilmente replicabile.
Eppure, oltre a una sceneggiatura alacre e causticamente ironica, a essere preda di questo gioco parodico è soprattutto l'essere umano. Il viaggio alla scoperta della civiltà umana in cinque capitoli firmata da Brooke e Diane Morgan è in realtà una galleria di frecciatine continue. L'apparente ingenuità e ignoranza della presentatrice, figlia del consumismo e dell'effimera conoscenza della nostra Storia, fa di Philomena una traghettatrice irresistibile alla scoperta di un lato oscuro della nostra esistenza. La sua conduzione, filtrata da sprazzi di minacciosi ideali di stampo cospirazionista, viaggia su onde anomale, sospinte dalla corrente del sarcasmo, e innalzate da disinformazioni e correzioni nozionistiche il cui scarto produce il riso e la fidelizzazione spettatoriale.
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Una risata vi colpirà
Giocolieri funamboli su un filo molto teso, dove le domande fuorvianti e deliranti della conduttrice, nascondono in fondo sprazzi di pensieri lasciati vagare sui social media da persone reali, i personaggi di Cunk on Earth sono poli opposti di un braccio di ferro tra nozioni storiche e altre del tutto falsate. Nel suo ruolo di ribaltatrice parodica della figura dei divulgatori televisivi, Diane Morgan si fa dunque portatrice di quel lascito di ignoranza e superficialità che ancora oggi intacca il genere umano, denunciandone l'esistenza, ricordandoci la sua minacciosa permanenza. Con Cunk on Earth la decostruzione di un documentario nei suoi aspetti più tradizionali non risulta ribaltata nel suo aspetto, quanto nel suo contenuto. L'inquadratura, così come gli argomenti trattati, è materiale modellabile e mutevole; il suo aspect-ratio riesce a cambiare dimensioni stando non solo al tema trattato, ma anche alla tipologia di canale informativo a cui fa riferimento.
E così, ecco che la cornice si ingigantisce, e l'inquadratura si rimpicciolisce, se dal genere documentaristico si passa a un servizio dedicato ai motori, come quello di presentazione della Henry Ford Model T (auto presentata da Cunk come invenzione del signor "Henry Ford Model T, che caso volle avere lo stesso nome dell'auto da lui progettata"). La stessa colonna sonora e il tono di voce della presentatrice mutano improvvisamente, adattandosi alla tipologia di canale divulgativo da parodizzare. Sono inoltre innumerevoli i colpi bassi che Diane Morgan riesce ad assestare per mezzo di una sceneggiatura pungente, fatta di battute restituite con un tono talmente serioso da enfatizzarne la portata ironica. Una serie di scariche potentissime al sapore di freddure, quelle di Cunk on Earth, capaci di rivendicare anche minoranze soggiogate da quel sistema patriarcale più volte ripreso e ricordato nel corso dei cinque episodi: dagli schiavi d'America (si pensi alla battuta "vi fu la scoperta che all'interno degli schiavi vi fossero in realtà degli esseri umani") alle donne, fino allo sfruttamento intensivo degli animali e delle risorse energetiche.
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Viaggio alla scoperta dell'essere umano in cinque episodi
Non deve essere facile riuscire a far ridere rimanendo all'interno di stereotipi pre-impostati dei tipici divulgatori televisivi. Nessun segno di ironia, nessun indizio che riveli che ciò che si sta affermando, assumendo o ipotizzando, sia frutto di un lavoro di scrittura parodica. Eppure, Diane Morgan nei panni della conduttrice Philomena Cunk riesce a rimanere fedele al proprio personaggio; la sua è un'adesione totale che porta paradossalmente lo spettatore a credere che ogni intervento sia frutto di un'elucubrazione personale, e non di una congettura errata. Un talento performativo, il suo, già ampiamente dimostrato in After Life e ora in grado di esplodere in maniera del tutto unica e singolare.
Figlia della contemporaneità che tutto prende e mette in discussione, Philomena Cunk è una fonte del sapere frantumata e poi colmata nelle sue lacune da continui rimandi alla cultura pop di appartenenza (irresistibile l'inserimento in ogni episodio del videoclip del brano Pump up the jam come indicatore temporale dei vari eventi trattati) e di credenze popolari. Ogni riferimento agli affetti personali della sua conduttrice poco informata, o ai nuovi miti della contemporaneità, si trasformano dunque in Cunk on Earth in tasselli di un puzzle di cocente sarcasmo pronto a bruciare i propri spettatori, marchiandoli durante le proprie risate di un senso di ilarità misto a una profondità di pensiero. Ed è forse questo il vero obiettivo della parodia: non solo ridicolizzare un genere, o un costrutto artistico, ma ribaltare ogni suo codice per far ridere pensando. Così facendo lo spettatore non riderà solo per quanto detto, o mostrato, ma riderà anche di se stesso, di quel suo essere meccanismo ingombrante di una struttura a orologeria come il genere umano, capace di grandi invenzioni e scoperte, ma anche di grandi disastri; guerre, lotte, genocidi, che ci rendono zimbelli di noi stessi e perfetti argomenti di denigrazione per un'opera parodica come Cunk on Earth.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione di Cunk on Earth sottolineando come il mockumentary creato da Charlie Brooker e magistralmente interpretato da Diane Morgan riesca a prendere e assimilare ogni codice documentaristico per restituirlo in maniera ribaltata (per questo, ancor più incisivo nel denunciare i vizi e le virtù del genere umano). Con il pretesto di raccontare la storia dell'umanità dagli albori, fino ai giorni nostri, in soli cinque episodi viene istituita una galleria di continue freddure contro un'umanità che dietro i grandi nomi, le grandi scoperte e le immani invenzioni, riesce comunque a rovinare tutto macchiando di sangue e ingiustizia il proprio cammino evolutivo.
Perché ci piace
- La brillantezza della sceneggiatura.
- La capacità di restare fedeli al costrutto dei documentari tradizionali, per denigrare lo stesso meccanismo narrativo e la tematica che affronta.
- Il talento comico di Diane Morgan.
- L'inserto di "Pump up the jam".
Cosa non va
- Certi giochi di parole non riescono a rendere in altre lingue, con il rischio di perdere di ilarità.
- Che finisce.