Memoria, identità e cyberterrorismo. Se poi si aggiunge un ergastolano coatto, sociopatico e superviolento nel quale verranno trasferiti i ricordi di Bill Pope, agente della CIA ucciso nel corso di un'operazione, il gioco, almeno sulla carta, è fatto.
Criminal parte da qui e si adagia sulla categoria dell'action thriller, anche se il tentativo di Ariel Vromen (già regista di The Iceman) risulterà alla fine mediocre e anonimo.
Perché non basta mescolare maldestramente e in maniera approssimativa alcuni ingredienti tipici del genere (spionaggio, inseguimenti inverosimili, sparatorie, terroristi, agenti federali) per farne un film quanto meno accettabile. Il soggetto, seppur ricco di spunti, si spreca in una sceneggiatura debole, i dialoghi sono banali e spesso didascalici al punto da risultare imbarazzanti, il ritmo dell'action diluito in due interminabili ore.
Jerico, criminale borderline
L'unico scatto di originalità potrebbe, anche se appannato, arrivare dal malcapitato protagonista, un outsider vittima di frequenti cortocircuiti emozionali per aver accolto nel proprio cervello la memoria di un'altra persona: si chiama Jerico Stewart, "non ha emozioni, non prova nulla, non prova odio né amore, non comprende la società né come si dovrebbe comportare" e ha il volto di Kevin Costner, che nei panni dell'ergastolano spietato, collare al collo, lunghi capelli e barba incolta, torna a impossessarsi di un personaggio oscuro e borderline molto più di quanto non lo avesse già fatto in Un mondo perfetto.
Il merito è anche dell'italianissimo Mario Michisanti, il make up designer che lo accompagna ovunque e che lo ha aiutato a creare anche il look di Jerico: "Mario è un vero artista, lo porto con me su ogni set e ora, anche se lui è felice di essere tornato in patria, me lo riporto indietro con me negli Usa!",ci tiene a sottolineare l'attore. E giura: "Non dimenticherete Jerico, rimarrà inciso nella vostra memoria. La ragione per cui si fanno film è lasciare una traccia che possa durare una vita. Quando realizzi un film cerchi di creare personaggi che non verranno mai dimenticati, ed è quello che abbiamo cercato di fare con Criminal". Forse non sarà così memorabile, ma gli va riconosciuto il merito di alcune battute che sfiorano il cult, come quella che Jerico si ostina a ripetere ai suoi nemici con la glaciale impassibilità di una mente criminale: "Fammi male e io te ne farò di più".
La verve comica del film, affidata a questi rari momenti di sospensione dell'incredulità, stemperano l'andamento monotono di un racconto ancorato a stratagemmi obsoleti e a un corollario di personaggi poco ispirati e quasi per nulla credibili, con buona pace di Ryan Reynolds, fatto sbrigativamente fuori all'inizio del film per fornire l'alibi narrativo necessario a introdurre Kevin/ Jerico.
Anarchici, hacker e agenti della Cia
Un'approssimazione e una superficialità di cui rimane vittima anche Gary Oldman, stereotipato e posticcio nei panni del capo della Cia: la caratterizzazione è nulla, vicina all'anonimato e assolutamente interscambiabile con quella di mille altri agenti trascurabili del grande schermo. Improbabile il personaggio dell'anarchico (Jordi Mollà), che ha ben poco del villain fuori di testa, pazzo e sprovveduto nel tentativo di mettere le mani sul comando di controllo dell'arsenale nucleare degli Stati Uniti, hackerato dall'Olandese (Michael Pitt).
Un susseguirsi di cliché che trova il suo culmine nel registro romantico che il film minaccia di voler inseguire in più di un'occasione, nelle scene in cui Jerico incontra la bellissima moglie di Bill Pope (Gal Gadot, neo Wonder Woman) con tanto di figlioletta al seguito.
Cortocircuiti emozionali...
I ricordi di Bill trapiantati nel suo cervello malconcio saranno i maggiori responsabili della trasformazione emotiva messa in scena da Costner: "Sono sempre stato affascinato dall'idea di cosa voglia dire avere una nuova memoria; molti studi sull'argomento riguardano soprattutto la possibilità di cancellare i brutti ricordi e il trasferimento della memoria negli animali. - racconta il regista - A me interessava invece il concetto che i ricordi trasferiti fossero soprattutto quelli emotivi e cosa significasse per un uomo che non ha mai provato nulla scoprirli lentamente. Perché in fondo siamo ciò che siamo per via dei nostri ricordi".
Vromen cita riferimenti alti, da Sidney Lumet a William Friedkin, e certamente ha il merito di aver fatto uscire Costner da quella 'comfort zone' a cui le ultime interpretazioni e i ben noti spot pubblicitari di casa nostra lo hanno - ahinoi - legato. Peccato che gli ottimi intenti siano svaniti nel nulla facendo largo ad un prodotto patinato.