Tutto in quella notte. È così che potremmo riassumere il finale di Criminal Record, il british crime targato Apple TV+ con protagonisti Cush Jumbo e Peter Capaldi che ci ha tenuto compagnia in queste settimane sulla piattaforma. I due interpreti vestono i panni rispettivamente di June Lenker e Daniel Hegarty, due detective della polizia impegnati in un braccio di ferro su un'indagine per omicidio di alto profilo. Un nuovo caso - attraverso una telefonata anonima di denuncia al pronto intervento - a cui si interessa June riapre un vecchio caso su cui aveva indagato Daniel, mandando in prigione un uomo che forse non aveva commesso il crimine. Questo il tarlo instillato nello spettatore: ora che siamo arrivati all'epilogo, ci sembra il momento giusto per fare il punto nella nostra spiegazione del finale e rispondere alla domanda: chi è il colpevole? Ovviamente, occhio agli spoiler.
Tra vecchio e nuovo caso
Toccando tematiche come la discriminazione razziale e il fallimento istituzionale, la trama di Criminal Record si è snodata attraverso svariati colpi di scena che ci hanno fatto capire il background familiare complesso e sfaccettato di entrambi i detective protagonisti. Da un lato il rapporto altalenante col marito da parte di June, che essendo un maschio bianco che non capisce alcune dinamiche quotidiane che la donna si trova ad affrontare come sergente all'inizio della propria carriera. Dall'altro la figlia di Daniel (Maisie Ayres), estraniata dal padre quando la moglie era morta, che non ha saputo gestire l'essere un padre single e l'elaborazione del lutto, gettandosi a capofitto nel lavoro. Ora lei è cresciuta e ha avuto problemi di dipendenza, ritrovandosi a frequentare il figliastro di Errol Mathis (Tom Moutchi), l'uomo accusato ingiustamente dell'omicidio della compagna anni prima. Durante una corsa contro il tempo, la verità viene finalmente a galla non solo su quella notte di tanti anni prima ma anche sui giorni successivi, quando Hegarty andò ad interrogare il figliastro di Mathis all'ospedale.
Criminal Record, la recensione: serie thriller a braccio di ferro, nel segno del bias
Proteggere la reputazione
Denunciando la polizia troppo spesso corrotta del sistema, Criminal Record mostra come l'ispettore capo Hegarty abbia tentato di proteggere non tanto e non solo se stesso e la propria reputazione ma soprattutto quella della sua squadra all'epoca, per evitare di macchiare delle carriere senza motivo e per non rischiare di far riaprire altri casi di cui si erano occupati gli agenti e mettere in libertà chi non se lo meritava. Il pre-finale è una lunga confessione da parte di Hegarty a Lenker sul periodo dell'indagine, da un lato pieno di pressioni da parte dei suoi superiori per chiudere in fretta il caso e far fare una bella figura al dipartimento che passava un periodo di scarso gradimento dell'opinione pubblica, dall'altro subissato dalle vicende familiari e dal voler stare il più possibile lontano da casa. È stato costretto a questa confessione dalle circostanze e perché non ce la faceva più a sopportare il peso del passato e le insistenze di June, determinata a scoprire la verità e rendere giustizia a queste donne.
Una confessione registrata che arriva alla stampa grazie all'incursione dell'avvocato di Mathis (Aysha Kala). Un insieme di fattori - come spesso succede nella vita reale insomma - ha portato all'ingiusta incarcerazione dell'uomo, che nel finale ha modo di riabbracciare finalmente il figlio oramai cresciuto (Rasaq Kukoyi). Il vero colpevole del brutale omicidio di tanti anni prima è l'informatore della squadra di Hegarty che si era arricchito tramite ricatti ed era arrivato sull'orlo del precipizio, finendo per uccidere la donna: quando un poliziotto sotto copertura oltrepassa il limite. La verità viene finalmente a galla e Mathis è libero di riprendere anche i rapporti col padre, nonostante non ci stia più con la testa, e il quartiere dedica un murales alla memoria delle donne uccise, per non dimenticare.
In nome della verità
La verità è ciò per cui si è sempre battuto il personaggio di Cush Jumbo, anche a costo della propria credibilità, del proprio posto di lavoro e della propria vita, e questo lo fa fino all'ultimo, sbugiardando l'ex Doctor Who Peter Capaldi non solo riguardo alla gestione del caso ma anche ai momenti immediatamente successivi. Riesce a capire che l'ispettore capo ha interrogato il bambino influenzandolo attraverso i cartoni che stava vedendo alla tv dell'ospedale insieme ad una serie di informazioni precedenti, in modo da fargli dire determinate frasi che avrebbero contribuito ad incriminare il patrigno. La telefonata sibillina tra i due si chiude con l'annosa domanda: "Che cosa è successo al modus operandi della polizia di seguire i fatti (e non crearli, ndr)?"