La giuria del 21° Noir In Festival si riunisce di fronte al pubblico per condurre un'interessante discussione che verte sulla produzione del cinema di genere, cercando di far luce sulle cause del declino del thriller e del noir italiano dopo il boom degli anni '70 e dopo la produzione abbondantissima di registi come il maestro Dario Argento, Umberto Lenzi, Fernando Di Leo e tanti altri. Il romanziere Lawrence Block, presidente di giuria, si fa testimone dell'esperienza americana e cerca di fare il punto sulla situazione internazionale insieme a Francois Guerif, editore francese che si occupa di noir nonché critico cinematografico e direttore di un festival francese di polar, ma sono i tre giurati italiani, Carolina Crescentini, Vinicio Marchioni e Antonello Grimaldi, a sostenere con passione la necessità di un cinema e di una televisione di qualità che bypassi la logica commerciale per perseguire un intrattenimento intelligente e artistico.
Antonello, le tue frequentazioni col genere noir sono ben note. Come mai secondo te in Italia questo genere ha avuto fortune alterne senza mai dar vita a una tradizione vera e propria?
Da giurati, vi siete già posti il problema metodologico? Come valuterete i film che vedrete in questi giorni? Carolina Crescentini: Quando guardo un film lo seguo in tutte le sue componenti. Noi giurati cercheremo di scegliere il film più completo, ma non ci poniamo problemi di genere. Non ci interessa sapere se un film appartiene alla categoria del thriller, dell'horror o del noir. L'importante è che la pellicola che vincerà sia un buon film.
Oltre ai tuoi ruoli più impegnati, tu sei nota per l'interpretazione dell'attrice cagna Corinna in Boris il film. Per rendere credibile un personaggio come quello serve una grande attrice. Per fare un attore pessimo devi essere un bravissimo attore....
Senza una buona sceneggiatura, Corinna non può esistere. La gente mi chiede di farla in pubblico, ma Corinna non può essere improvvisata. Deve essere definita in ogni dettaglio. Corinna si fa amare proprio perché è veramente disgustosa. Se vedrò una Corinna nei film che devo giudicare mi strapperò i capelli dalla disperazione.
I piccoli festival dedicati al noir come Courmayeur hanno qualcosa in più o di diverso rispetto alle grandi manifestazioni come Venezia, Cannes e Berlino? Francois Guerif: I festival che si occupano di noir sono un punto d'incontro per addetti ai lavori del settore, quindi alla fine tutti i partecipanti imparano a conoscersi. Il noir è un genere che si è sviluppato in declinazioni diverse in tutti i paesi e questo crea una certa curiosità reciproca e una voglia di ritrovarsi intorno a un dato comune. Il noir nasce da una trasgressione che porta a una rottura, a un omicidio, a un crimine. E' un genere che ci parla della società e i festival di questo genere sono i più simpatici, sono quelli che se la tirano meno.
Presidente, quando si parla di noir forse gli americani come lei non ci seguono perché un termine d'uso europeo.Lawrence Block: In realtà anche in America usiamo il termine noir, ma con un'accezione diversa da quello europeo. I vari sottogeneri, thriller, crime, mistery, non sono così definiti come si potrebbe credere. Un mio collega ha proposto la definizione del noir come di una crime fiction scritta da un pessimista. Sempre meno scrittori sono preoccupati dalle categorizzazioni, anche io quando scrivo non me ne preoccupo troppo finché non arrivo all'ultima pagina del mio romanzo.
Nella sua ricca produzione vi è un "intruso", la collaborazione con Wong Kar-Wai per Un bacio romantico. Un'escursione fuori dal thriller? Lawrence Block: Lavorare con Wong Kar Wai è stata un'esperienza veramente interessante. Per molti anni lui è stato un mio lettore e voleva collaborare con me. Siamo stati in contatti a lungo e col tempo è cresciuta l'idea di girare Un bacio romantico, nato originariamente come racconto breve. Mi sono messo a lavorare alla sceneggiatura e poco alla volta è diventato anche il mio film.
Vinicio, tu sei stato chiamato in giuria in quanto vero e proprio esperto di noir. Quale approccio utilizzerai nel giudicare i film? Vinicio Marchioni: Come diceva prima Carolina, anche io faccio sempre in modo di guardare i film nel loro complesso, anche quando giro i miei lavori non li vedo mai in fase di montaggio. Li guardo sempre in sala col pubblico. Mi interessa mantenere uno sguardo più aperto e semplice. Giudicare gli attori è sempre molto difficile perché la loro performance dipende dal regista, dal montaggio e da tanti altri fattori. Fornire una definizione di noir è impossibile. Se non ci fossero stati il romanzo di Giancarlo De Cataldo e il film di Placido io non sarei qui, ma la mia carriera di attore è legata anche alla mia formazione, alla lettura di Delitto e castigo, alle tragedie greche che in certa misura sono noir perché il noir va a toccare l'animo umano.
Come ti spieghi il fatto che in Italia il cinema di genere, se si esclude la commedia, non abbia una tradizione consolidata e fatichi a trovare un pubblico? Vinicio Marchioni: Romanzo criminale - La serie è stato girato con la tecnica del 16 mm gonfiato che veniva usata nei grandi noir degli anni '70. Penso che noi italiani dovremmo smettere di piangerci addosso e lamentarci della nostra situazione. Anche se in alcuni paesi se la passano meglio di noi, noi abbiamo maestranze bravissime. C'è da cambiare qualcosa e penso a produzione e distribuzione. Quello che mi fa arrabbiare è che non si pensa più in grande e che si prediligano sempre le scelte più facili.
Carolina Crescentini: Anche il pubblico non rischia più. Il cinema è diventato rassicurante. Fare un film è un atto di grande risponsabilità, ma il pubblico va a vedere cose che ha già visto a casa e i numeri lo dimostrano. O sceglie la commedia facile oppure va a vedere film più rischiosi, ma solo con la convalida dell'industria americana. Alla fine i nomi più apprezzati sono sempre gli stessi. Il problema è che qualcuno sta educando il pubblico a non volere più la qualità.
Antonello Grimaldi: Secondo me è anche peggio di così. Ora come ora il pubblico non va a vedere più neppure il grande cinema americano, ma solo certe commedie italiane o i cartoni animati. In questo contesto davvero la colpa è soprattutto dei produttori. I film di genere non si fanno più, i film d'autore hanno incassi risicati. Prima i maestri facevano un film all'anno, ora se sbagli un film, soprattutto se è il primo, hai finito di lavorare. Ecco perché molti preferiscono fare la televisione. Non so se deriva dalla crisi mondiale, però sicuramente dopo un primo spiraglio anche la situazione italiana televisiva è di nuovo in fase di stallo. Anche in America la televisione è più avanti del cinema. Lo dimostrano serie come I Soprano o The Wire che hanno una drammaturgia di livello altissimo. In Italia, invece, vanno per la maggiore lavori di scarsa di qualità. Il perché vengano prodotti noi lo sappiamo, ma non lo possiamo dire pubblicamente altrimenti non lavoreremo più. Se c'è un problema nella sceneggiatura da risolvere o se non si può affrontare un tema delicato come l'aborto allora si inventa l'accrocco. Tanto le persone che guardano la TV lo fanno distrattamente perché magari nel frattempo stanno cucinando. La frase chiave, in questo caso, è: "Il sugo si attacca" e via con gli spiegoni. E' così che il pubblico televisivo viene diseducato.Francois Guerif: Non credo che in America la qualità di scrittura si trovi solo in televisione. Nel cinema americano recente vi sono grandi prove di genere come Drive, A History of Violence, I padroni della notte. In Francia vi è il piacere della riscoperta della grande tradizione da parte delle nuove generazioni. Quelle sul genere e sulla dicotomia con cinema d'autore sono polemiche che tornano periodicamente e lo stesso Truffaut glissava citando Hitchcock come grande autore di genere, ma anche come maestro del cinema. Anche in Francia ora si producono molti film noir e serie poliziesche, anche se le serie francesi sono più deboli di quelle americane.
Vinicio, nella tua prossima fatica affronterai un altro ruolo ruolo a tinte forti.
Vinicio Marchioni: Stavolta farò ritorno al teatro interpretando il ruolo di Stanley Kowalski in Un tram che si chiama desiderio. E' una produzione Emilia Romagna Teatro, diretta da Antonio Latella che debutterà a Modena il 16 febbraio. E' un ruolo che prima di me non ha fatto nessuno quindi non dovrebbe essere difficile.
Carolina, parlando di noir, anche tu hai un lavoro importante in arrivo.
Carolina Crescentini: Breve storia di lunghi tradimenti è in fase di montaggio. E' un thriller tratto da un libro di Tullio Avoledo. Questo è uno di quei film dove si è sudato molto per trovare i soldi e mettere in piedi il tutto. E' in film di genere ambientato a Roma, Torino, Londra, Bolivia e Colombia. L'Italia non sostiene molto film di questo tipo. Abbiamo dovuto faticare molto e girare molte scene in poco tempo. Il film è un'opera "alla Davide Marengo" perché mi ricorda un po' l'atmosfera surreale di Notturno Bus.