Non è un cinepanettone, anzi pretenderebbe di mandarlo in soffitta, non è una black comedy, o non ha il coraggio di essere così black come invece vorrebbe, non è un western tarantiniano più volte citato, saccheggiato e da cui il film prende in prestito modelli e situazioni. Cosa fai a Capodanno?, che segna il debutto alla regia di Filippo Bologna, uno degli sceneggiatori di Perfetti sconosciuti, non è nulla di tutto questo, ma non è neppure facile individuarne un'anima.
Scrittore di talento, prima come romanziere finalista del Premio Strega nel 2009 con l'esordio Come ho perso la guerra, poi come sceneggiatore per il grande schermo con L'ultima ruota del carro di Giovanni Veronesi, ha confermato e consolidato la propria arte di attento narratore nel film di Paolo Genovese, che qualche anno fa diventò un caso, apprezzato soprattutto per qualità dei dialoghi e regia.
Peccato che dietro la macchina da presa il talento di Bologna sfumi nell'incertezza e nell'incapacità di creare un'opera organica dove ogni tassello del puzzle vada naturalmente al proprio posto, un po' come le aragoste richiamate dal mare in una delle scena più emblematiche del film.
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Tra black comedy e fantascientifiche apocalissi
Chiudere un bizzarro manipolo di estranei nel salone di uno sperduto chalet di montagna il 31 dicembre, tra boschi innevati e ululati di lupi in agguato, è l'idea che dà l'avvio ad un Kammerspiel dai risvolti nerissimi, nonostante il titolo evochi scenari da commedia natalizia. Il merito è in parte quello di aver tentato di sovvertire certi canoni e tendenze del genere, nelle intenzioni la storia ha del potenziale che si spreca però in un ibrido inconcludente.
C'è spazio per tutto in questo sconclusionato mix di generi, anche per un' improbabile e surreale tempesta solare dagli echi apocalittici, che sorprenderà tanto il furgone di una ditta di catering carico di aragoste, ostriche e champagne che cerca di raggiungere lo chalet, tanto i padroni di casa che hanno deciso di salutare il nuovo anno con una serata tra scambisti.
Da Argentero a Ilenia Pastorelli, un cast ricco di nomi conosciuti
Ci sono Marina (Valentina Lodovini) e Valerio (Riccardo Scamarcio), che dopo la rocambolesca scena pulp d'apertura spariranno per quasi tutta la durata del film; Romano (Alessandro Haber), paraplegico in sedia a rotelle, razzista e nostalgico politico della prima Repubblica e la cupissima e inquieta Nancy (Vittoria Puccini); Domitilla (Isabella Ferrari), femme fatale e radical chic dell'alta borghesia con quello che all'apparenza sembra essere il suo toy-boy (Ludovico Succio), e la sconnessa coppia composta da Mirko (Luca Argentero) e Iole (Ilenia Pastorelli), che avrà il compito di fare gli onori di casa.
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L'unità di tempo, luogo e azione
Nella claustrofobia dell'unità di tempo, luogo e azione di quella stanza, allucinazioni, bugie e trasgressioni diventano catalizzatori di confronti e conflitti irrisolti, una polveriera pronta a esplodere disseppellendo segreti e non detti. La trama da commedia vira così sul grottesco tra momenti lisergici, funghetti allucinogeni, visioni erotiche, trenini sulle note del patrimonio melodico italiano (La musica è finita, Mamma Maria, Kobra) tirate sulla politica dei tempi, sull'immigrazione, sull'uomo medio e i giovani d'oggi, il racconto di Cosa fai a Capodanno? procede in maniera sciatta e frammentaria, con dialoghi a un passo dalla banalità e dal retorico e battute agghiaccianti che non sempre funzionano.
In compenso il cast fa di tutto per risollevare le sorti del film: su tutti Haber, cinico e disilluso politico sul viale del tramonto, malinconica e disincantata espressione di una politica morta e sepolta; ma anche Argentero nei panni di un becero e losco maschilista, e la Pastorelli, sempre più a suo agio in ruoli che ne esaltano la naturale verve comica, svampita e candidamente coatta.
Un film oltremodo citazionista che strizza l'occhio a Buñuel e Ferreri, i Coen e Tarantino, ma che rimane distante anni luce dalla ferocia e dal guizzo dei modelli a cui si ispira.
Movieplayer.it
2.0/5