Tra gli aspetti di cui forse si parla di meno nell'ambito di Disney+, la piattaforma di streaming dedicata ai vari brand della Casa del Topo, c'è quello dei cortometraggi: ovviamente l'archivio, a seconda dei singoli territori, ha una parte di non poco conto, ma c'è anche spazio in abbondanza per le novità. Nello specifico, ci sono ben due programmi concepiti proprio per lo streaming, senza passare prima per le sale come da consuetudine per le produzioni animate della Disney: Corto circuito e SparkShorts. Realizzate rispettivamente dalla Walt Disney Animation e dalla Pixar, sono due entità separate ma accomunate dal desiderio di sperimentare, di andare oltre, di mettersi in gioco sul piano creativo, formale e tematico. Qui proviamo a spiegare perché si tratta di uno degli elementi più preziosi all'interno del catalogo di Disney+, e perché questi due programmi rappresentano una piccola rivoluzione, per lo meno in un contesto come quello disneyano.
Due programmi
Cosa sono, esattamente, Corto circuito e SparkShorts? Come abbiamo detto, sono due programmi di cortometraggi, nati dalla voglia di sperimentare. Il primo, avviato nel 2016, è un parto creativo della Walt Disney Animation, e consiste per ora di 14 corti, di cui uno disponibile anche in versione VR al di fuori della piattaforma. Tre di questi sono stati presentati in anteprima mondiale al Festival di Annecy nel 2019, durante la consueta giornata dedicata a Disney e Pixar, mentre altri sono stati allegati a sparute proiezioni statunitensi de Il Re Leone, prima di approdare al D23 (la convention della Disney che ha luogo ogni due anni alla fine dell'estate) e, dal 24 gennaio di quest'anno, su Disney+. Il secondo blocco, che non è considerato una serie nel sistema della piattaforma (ma è accessibile come "collezione", raggruppando i singoli corti nella ricerca interna del servizio), è stato invece ufficialmente annunciato all'inizio del 2018, ed è targato Pixar. I primi tre corti sono stati messi a disposizione su YouTube, prima di migrare su Disney+ insieme agli altri quattro, e uno di questi, Kitbull, è stato candidato all'Oscar come miglior cortometraggio animato.
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In entrambi i casi è un invito ai dipendenti delle due divisioni per cimentarsi con le varie tecniche d'animazione, per sperimentare sul piano narrativo e formale e individuare i nuovi talenti su cui puntare in futuro per i lungometraggi. Nel caso della Disney ognuno ha la possibilità di proporre un'idea e, in caso di approvazione, portarla a compimento, mentre la Pixar impone dei limiti produttivi: il budget è ridotto, e il tempo per completare il corto è di sei mesi. Quest'ultimo blocco ha come principio creativo quello dell'esperienza personale, presente anche in alcuni dei titoli del programma Disney: particolarmente emblematico il caso di Jing Hua, basato sull'elaborazione del lutto da parte del regista dopo la morte dei nonni, come lui stesso spiega nell'introduzione (ogni film è preceduto da una breve presentazione dove l'autore chiarisce l'origine del progetto ed eventuali tecniche speciali di cui ha fatto uso).
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Tradizione e progresso
Quella del cortometraggio è una storica tradizione Disney, che prima di darsi al lungometraggio si era fatta notare grazie alle Silly Symphonies e alle avventure di Topolino, Paperino e compagnia bella. Col passare degli anni questa tradizione è stata un po' accantonata, e parzialmente relegata al piccolo schermo (alcune serie realizzate a partire dalla fine degli anni Novanta erano dei contenitori per nuovi corti che omaggiavano quelli classici), per poi tornare una decina d'anni fa con nuove creazioni abbinate ai lungometraggi della Walt Disney Animation (epocale l'esempio di Get a Horse!, proiettato prima di Frozen - Il regno di ghiaccio, dove il Topolino vintage in bianco e nero si ritrova in un mondo colorato e tridimensionale). La Pixar ha sempre avuto l'usanza del corto in sala, almeno fino al 2019: per via dell'impegno richiesto per il programma sperimentale, Toy Story 4 era privo di accompagnatore breve, e lo stesso è accaduto in casa Disney con Frozen II - Il segreto di Arendelle (ma in alcuni paesi, e non senza qualche polemica, Onward - Oltre la magia è stato preceduto da un corto ambientato nel mondo de I Simpson).
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A che pro, quindi, la migrazione su Disney+? La nuova strategia per i cortometraggi ha un vantaggio di non poco conto: non dovendo accompagnare un lungometraggio che sia adatto a tutti, i titoli ideati all'interno delle due iniziative possono spingersi in territori più maturi, tradizionalmente inesplorati del tutto o poco visti sul grande schermo per un motivo o l'altro. Al netto infatti dell'etichetta "per famiglie" che accompagna il brand di Disney+ (per esplicita politica editoriale i film e le serie con target adulto sono disponibili su altre piattaforme, tra cui Hulu negli Stati Uniti), lo streaming consente comunque alla major di includere materiale che non attirerà per forza l'attenzione dei più piccoli (basti pensare ai documentari, che si rivolgono a un pubblico già più grandicello), e di sfruttare questo aspetto per coltivare i talenti di domani con storie originali e innovative. Innovazioni presenti sul piano stilistico (uno dei corti Disney si rifà all'estetica dei fumetti, con tanto di pensieri che si manifestano fisicamente sopra i protagonisti), ma anche su quello contenutistico, come si è potuto vedere nel più recente titolo Pixar, il primo nella storia di entrambe le case di produzione ad avere un protagonista gay. Per un formato spesso bistrattato, ormai considerato di nicchia (ma questo vale per il cortometraggio in generale, visibile per lo più online e all'interno di festival), lo streaming rappresenta un'opportunità preziosa. Fin dove si potranno spingere? La risposta, forse, la si può prendere in prestito da Toy Story: verso l'infinito, e oltre.