1983: Coppia aperta quasi spalancata fa il suo debutto a teatro. 2024: il testo di Franca Rame al cinema è adesso un canovaccio da seguire, un testo a matita da cancellare e ricalcare a proprio piacimento, senza per questo snaturarlo, ma raccogliendone stralci di battute da recitare, o da sfruttare come espedienti di indagine sociologica. Perché in Coppia aperta quasi spalancata (distribuito al cinema da I Wonder Pictures e presentato alle Giornate degli Autori a Venezia 81) non sono solo le relazioni a scardinare gli assetti, uscire dalle convenzioni predisposte dalla società, ma l'opera stessa.
Incapace di adattarsi a un solo genere, il film preferisce mescolarne tanti, tutti diversi, unendo la metavisione del teatro al cinema, allo pseudo-documentario di una sceneggiatura adattata all'imprevedibilità della realtà. Un ibrido costante, un happening dettato da un copione di partenza, che Chiara Francini e Alessandro Federico infondono di freschezza e simpatia.
Riflessioni aperte, e copioni poco spalancati
Sfruttando quella chimica già utilizzata sulle assi di un palcoscenico teatrale, la coppia Francini-Federico è un portento: irrompe sullo schermo insultandosi, allontanandosi e avvicinandosi, ma soprattutto prendendo per mano lo spettatore in questo viaggio sui generis tra stili di vita e di pensiero non sempre accomodanti, ma non per questo condannabili a priori. I due trovano una propria cifra interpretativa, riuscendo a essere talmente naturali da far dimenticare il loro ruolo di attori. Molto meno caricata rispetto alla sua performance teatrale, Chiara Francini si muove nello spazio di azione con fare istintivo, quasi improvvisando, donando spessore alla propria performance, tanto da spingere lo spettatore a porsi in contatto con lei e insieme parlare, dialogare, e chissà, magari discutere e litigare. Già, perché la sua Antonia non è più Antonia, ma è Chiara stessa, in un film che esce dallo spazio di un teatro per gettarsi nella realtà del mondo.
Appunti per una relazione aperta
È il 1970 quando Pier Paolo Pasolini realizza Appunti Per Un'Orestiade Africana, diario di viaggio che si fa saggio antropologico su un'Africa intenta a riaprirsi autonomamente al mondo dopo secoli di colonialismo. Tra dibattiti, pensieri randomici, e immagini di stampo documentaristico, Pasolini offre un'opera incapace di racchiudersi nel limitante spazio di un solo genere. Senza voler azzardare paragoni altisonanti, il caso di Appunti per un'Orestiade africana è altresì funzionale alla comprensione del gioco proposto da Federica Di Giacomo con il suo Coppia aperta quasi spalancata. Le voci che si rincorrono, i pensieri che si scontrano, gli sguardi che giudicano, le norme che limitano (come quelle sanitarie) e le relazioni che adesso possono, e devono, viversi alla luce del sole, sono attimi di una realtà che corre sul binario della narrazione cinematografica. Sono pretesti, e allo stesso espedienti, per tracciare un modo di concepire l'amore (quello poliamoroso) ancora tutto da scoprire, senza per questo essere giudicato, o criticato.
La realtà in scena e la finzione in atto
Come fu l'Africa per Pasolini, adesso è la performance teatrale ispirata a Franca Rame a farsi punto di partenza su cui tracciare pensieri e dibattiti circa il mondo circostante. Un mondo in cui il femminismo, l'amore libero, le rivendicazioni personali non si fanno più file di parole sussurrate, ma urlate. Se si fosse concentrato su questo unico spunto narrativo, Coppia aperta, quasi spalancata, avrebbe sicuramente trovato il suo centro nevralgico e il proprio punto di forza; lasciare il testo di partenza nello spazio del fuori campo, e utilizzarlo solo come forma di dibattito, avrebbe, cioè, fornito sia un'identità ben precisa all'opera, che uno stimolo critico molto più potente. Nel momento in cui va ad alternarsi ad altri attimi, che siano quelli domestici della stessa attrice, o della relazione tra Sara, Daniele ed Efrem (rappresentanti di quello che è un legame poliamoroso) è come se la magia si spezzasse, affievolendosi.
Certo, seguire sia Chiara Francini e Alessandro Federico fuori e dentro lo spazio di uno spettacolo teatrale, che il rapporto poliamoroso di Sara, Daniele ed Efrem rafforza e conferma quello che Franca Rame e Dario Fo già avevano anticipato con il loro testo teatrale. Eppure, la decisione di tingere il pennello in tanti calamai, produce spesso dei contorni sbiaditi, poco definiti, in cui il contenuto dell'uno si riversa e sconfina in quello dell'altro, perdendo di coesione. Il passaggio da un racconto all'altro indebolisce i vari scompartimenti narrativi, cassetti adesso chiusi, adesso riaperti, adesso lasciati a metà, senza che questi vengano sfruttati a dovere nella propria potenzialità di racconto.
Facilitare la lettura di discorsi reali su copioni di finzione
Sono mondi, tra la realtà e la finzione, su cui la cinepresa della Di Giacomo - coadiuvata da una fotografia accesa, e da un cromatismo variopinto e brillante - intende far luce, evitando le zone d'ombra, così da permettere una comprensione più semplice e chiara possibile al proprio pubblico di ciò che viene affrontato. In questa lettura facilitata vige comunque un'incapacità di tracciare il confine tra ciò che è recitato, e ciò che è vero, il finto dal reale. Un'impossibilità che rafforza da una parte la portata dei discorsi intrapresi, ma dall'altra destabilizza un pubblico a cui è richiesto un impegno ulteriore di decodificazione di visione.
Ciononostante, Coppia aperta quasi spalancata si presenta come un film coraggioso, e come tale va premiato. Coraggioso perché deciso di andare oltre i crismi del tipico adattamento cinematografico di un'opera teatrale, tentando di arrivare al cuore delle persone, a smuovere le coscienze, a stimolare la formulazione di dibattiti e pensieri da condividere in maniera aperta, quasi spalancata.
Conclusioni
Coppia aperta, quasi spalancata non vuole essere il solito adattamento per il cinema di un'opera teatrale di successo. Vuole sfruttare quel tema del legame poliamoroso che Franca Rame e Dario Fo già avevano trattato anticipando i tempi negli anni Ottanta, spiegandolo direttamente da chi quel tipo di amore lo conosce bene. Le scene dentro e fuori il teatro, la vita di Chiara Francini, sono solo dei collant che portano alle diatribe, alle conversazioni, allo scambio di idee su un tema quanto mai attuale come quello delle coppie aperte. La scelta di mescolare vari generi, e codici narrativi, rende a volte difficile la comprensione di cosa debba considerarsi vero, e cosa recitato. Questo comporta un possibile affaticamento da parte di uno spettatore che invece dovrebbe essere stimolato, smosso, portato a pensare, riflettere, comprendere.
Perché ci piace
- La naturalezza interpretativa di Chiara Francini e Alessandro Federico.
- Le sequenze di dibattito, molto stimolanti e interessanti dal punto di vista sociologico.
- La decisione di andare oltre le aspettative e alle regole del classico adattamento dal teatro.
Cosa non va
- La mescolanza di tanti attimi, tra quelli a teatro, e quelli di chi è chiamato a farsi testimone del tema di racconto.
- La durata del film, forse un po' troppo estesa per quello che vuole essere raccontato.