"Se fossi una libraia, non farei entrare Lee Israel, ma certamente mi assicurerei di avere il suo ultimo libro sugli scaffali"
Apriamo questa recensione di Copia Originale con la frase che meglio ne coglie lo spirito. La citazione, agrodolce e conflittuale come il film che vi stiamo raccontando, si riferisce a una recensione pubblicata sul New York Times. Una recensione stupefatta di un libro stupefacente, dal titolo Can You Ever Forgive me. Pubblicata nel 2008, l'autobiografia della scrittrice Lee Israel mette a nudo le confessioni di un'autrice dal talento spontaneo e vulcanico, poi diventata una truffatrice per combattere le sue disgrazie.
Una storia di sconfitte intime e di frustrazioni professionali sfociate in una violenta reazione d'orgoglio. Materiale umano troppo ghiotto per il grande schermo. Dalla pagina alla pellicola il passo è breve, ma non così facile come sembra. Il progetto di Copia Originale parte nel 2015 con Nicole Holofcener dietro la macchina da presa e Julianne Moore nella parte di Israel. Poi Moore abbandona il film e Holofcener passa alla sceneggiatura, cedendo la regia alla collega Marielle Heller, già esperta di film dedicati alla scrittura dopo il suo esordio con Diario di una teenager. Questa volta, però, il tempo di vita scelto da Heller non è quello in cui sbocciano le speranze, ma quello del declino, della solitudine e della rabbia.
Perché Copia originale è un biopic che assomiglia a un vero e proprio ritratto. Dalle sue pennellate sia morbide che violente emerge il volto di una donna in cui convivono rancore e malinconia, repulsione e bisogno d'affetto. Una donna che chiederà perdono, ma a cui molti dovrebbero delle scuse.
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Una storia per esporsi, un libro per nascondersi
Siamo agli inizi degli anni Novanta. E non è un buon periodo per l'eclettica biografa Lee Israel, rimasta senza lavoro per aver dato troppa voce alla sua alienazione e aver bevuto il solito goccino di troppo. Alla disperata ricerca di soldi facili, Lee decide di mettere a frutto il suo talento troppo bistrattato creando false lettere di grandi autori del passato. Grazie alla sua grande creatività e al suo invidiabile bagaglio culturale, Lee riesce rievocare alla perfezione lo stile, il lessico e le personalità di molti celebri scrittori. La macchina da scrivere diventa così il peccaminoso strumento di un'abile truffatrice, brava soprattutto a prendere in giro se stessa. Quello che rende la trama di Copia Originale un film raro, è proprio il modo insolito in cui accarezza e allo stesso tempo prende le distanze dalla sua protagonista. Senza mai giudicarla davvero, mettendo soltanto in scena i paradossi di cui tutti sono capaci, Copia Originale ci descrive una donna che si è bluffata da sola.
Sì, perché, come le hanno rinfacciato le poche persone che davvero le volevano bene, con quelle capacità che si ritrovava, Lee poteva essere molto più di una semplice biografa. È come se si fosse accontentata di raccontare gli altri per non esporsi mai, come se si fosse crogiolata nella sua comfort zone pur di non tentare il grande azzardo di metterci davvero del suo. Il tutto emerge da un film mai didascalico, perché capace di raccontare e raccontarsi anche attraverso i costumi e le scenografie. Abiti e luoghi ci restituiscono una Lee stantia, sciatta, trascurata, più vecchia e brutta di quanto lo sia davvero. In Copia Originale si sente puzza di chiuso, si avverte lo squallore umido e maleodorante di una donna per troppo tempo relegata a una mediocrità alla quale si è ribellata con un ultimo colpo di reni della propria dignità.
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Tra empatia, condanna e humor britannico
Se siamo stati travolti da questa persona così poco personaggio, è soprattutto grazie alla prova sopraffina di un'inedita Melissa McCarthy. Lontana anni luce dalla sua solita comicità dirompente, l'attrice statunitense implode e frena il suo impeto recitativo dentro una donna posata dagli occhi malinconici e dagli atteggiamenti burberi, ostile e diffidente nei confronti di un mondo che non capisce e che non l'ha capita. Al suo fianco, a formare un delizioso duetto in cui emerge il meglio di dialoghi graffianti e mai banali, ecco un'altra prova eccezionale: quella di un Richard Grant eclettico nel dare vita a un comprimario di fondamentale importanza. Libertino, disinibito e simile a Lee in quanto anima solitaria, il suo Jack è imprevedibile, una scheggia impazzita che assieme alla socia di malaffare si mantiene a galla come può. Così, i personaggi di McCarthy e Grant danno vita a battibecchi in cui Copia Originale mostra il meglio del tipico humor inglese. Quello più graffiante, ironico e brillante. Quello che ti fa sorridere a denti stretti anche davanti a piccole disgrazie. Per una volta il titolo italiano (in originale è lo stesso della biografia: Can You Ever Forgive Me?) è coerente con un film dominato dagli ossimori: c'è il talento e c'è la furbizia, c'è empatia e c'è condanna, senza mai cadere nel rischio del giudizio definitivo. Un'opera intelligente e deliziosa nonostante tutta la amarezza di cui è composto.
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4.0/5