In questa recensione del primo episodio de Il commissario Montalbano 14, intitolato Salvo amato, Livia mia, dovremmo in qualche modo cercare di capire le ragioni del successo che non sembra arrestarsi per il personaggio nato dalla penna di Andrea Camilleri. Nata nel 1999, la fiction Rai più celebre, la più amata e vista, rimane un appuntamento imperdibile per gli affezionati ventennali e anno dopo anno vede crescere gli ascolti con nuovi appassionati che si sintonizzano e ne rimangono catturati. Al trentacinquesimo film (perché le puntate, tutte autoconclusive, hanno la durata monstre di due ore circa), forse il terzultimo in assoluto - come dichiarato da Luca Zingaretti e Carlo degli Esposti -, la formula è talmente ben oliata da lasciare esterrefatti. Lo diciamo subito: il successo de Il commissario Montalbano è inspiegabile, ma non perché non sia meritato. Anzi, tutto l'opposto: non si può spiegare perché immergersi nel paesino immaginario di Vigata, luogo dove si svolgono le indagini, è come tornare a casa. E si sa, nessun posto è bello come casa.
Una doppia indagine per Montalbano
La trama di Salvo amato, Livia mia de Il commissario Montalbano 14 coinvolge due diversi casi per il commissario. Il primo, più leggero e coi toni da commedia, riguarda un mistero e una rapina di un'antica villa che coinvolge il figlio di un'anziana donna di Vigata. Il secondo, quello principale e più tragico, riguarda un brutale omicidio nell'archivio comunale di una ragazza di nome Agata, una cara amica di Livia, la fidanzata di Montalbano che si vede costretta a tornare a Vigata da Genova. Livia era una delle poche amiche di Agata, ragazza timida e riservata, ma indagando con i fidati Fazio e Mimì, Salvo Montalbano porterà alla luce scheletri nell'armadio e segreti inconfessabili.
Una scrittura sopraffina
I due casi, pur diversi per tono, nonostante siano indipendenti riescono a comunicare tra di loro. A volte un elemento di una delle due indagini fa scattare una scintilla per la risoluzione dell'altra creando in questo modo un collante omogeneo che regge la durata dell'episodio. Un vero e proprio miracolo per gli sceneggiatori Francesco Bruni, Salvatore De Mola e Leonardo Marini che riescono a collegare due diversi racconti di Andrea Camilleri, l'omonimo che dà il titolo all'episodio e Il vecchio ladro.
Un adattamento complicato e riuscito per "Salvo amato... Livia mia" trattandosi in origine di un racconto epistolare tra Salvo e Livia con il commissario che aiutava un collega ligure a risolvere il caso dell'omicidio di Livia mentre era impossibilitato ad allontanarsi da Vigata. Gli sceneggiatori decidono di eliminare le lettere (anche se saranno presenti comunque in qualche modo) e trasportare il tutto nel paesino siciliano. Esperimento pienamente riuscito perché una delle forze del successo della fiction è proprio la rappresentazione di Vigata.
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La vita intorno a Vigata
Mentiremmo se dicessimo che il paesino immaginario dove vive Montalbano non abbia fascino e sia parte integrante dei personaggi che ci vivono. Vigata è quello che Gotham City è per Batman: un luogo quasi fuori dal tempo dove però la vita scorre in una sorta di presente continuo e dove il mare, la cultura, gli abitanti alimentano la figura stessa di Montalbano.
Pur sembrando una città popolata (c'è l'università, c'è la chiesa, ci sono persone che letteralmente "vivono" sullo sfondo mentre l'indagine si svolge) e ancorata al presente (ci sono computer, smartphone, app), Vigata ha in sé un'aura quasi fantasmagorica, di paesino fantasma appartenente a un passato indefinibile con i suoi palazzi fatiscenti, vecchie abitudini e, a volte, strade completamente deserte.
Così come il racconto alterna la commedia e il dramma, il serio e il divertente, Vigata e i suoi abitanti sembrano incarnare quella dualità anche incoerente della vita vera: si può essere tristi per un qualche evento tragico e, quasi casualmente, riuscire a ridere subito dopo vedendo qualcosa di divertente senza per questo sentirsi stonati o fuori luogo. Proprio in questa pulsione vitale così vera, realistica, umana sta la forza e il fascino di Montalbano.
La serenità di un bagno al mare
Se troviamo conferma nella bravura del cast e, ovviamente, nell'iconico volto di Luca Zingaretti come protagonista, possiamo sottolineare come anche la sua prova in cabina di regia sia riuscita. Zingaretti, in questi due episodi de Il Commissario Montalbano 14, figura come co-regista, scelta quasi obbligata visto la scomparsa durante la produzione del regista storico della serie Alberto Sironi.
Nel segno della tradizione, la regia di Zingaretti si amalgama perfettamente con lo stile a cui ormai la fiction ci ha abituato aggiungendo però un tocco di malinconica dolcezza ben percepibile durante la visione. Un tocco che aiuta l'episodio ad elevarsi e a rendersi particolarmente adatto al grande schermo. Inoltre, la sicurezza registica riesce a non rendere stucchevoli o pesanti i riferimenti al sociale (una costante della fiction) o i momenti più forti. Infatti più ci si avvicina alla conclusione, più la risoluzione del caso porta Montalbano e soci in vie quasi mai affrontate con questa lucidità nella tv generalista. L'ultima inquadratura, con Montalbano tra le onde del mare come a purificarsi dal dolore, sembra quasi un finale poetico che non solo rassicura lo spettatore alla fine della narrazione, ma che con la scomparsa dei due padri putativi del personaggio, Andrea Camilleri per i romanzi e Alberto Sirone per la serie, assume un sapore agrodolce, quasi celebrativo.
Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione di Salvo amato, Livia mia sottolineando come la fiction Rai abbia ancora una volta fatto centro. Appassionante, divertente e mai banale, raccontata con la sicurezza di chi non vuole deludere il pubblico, la nuova indagine del commissario Montalbano potrà coinvolgere allo stesso modo gli appassionati della serie e catturare nel migliore dei modi i neofiti che per la prima volta intendono approcciarsi al “macondo” mondo di Vigata.
Perché ci piace
- Un caso appassionante che intrattiene per tutta la durata.
- I personaggi “veri” inseriti in un paesino vivo.
- La conferma di poter assistere a una fiction di qualità.
- Il coraggio di rappresentare tematiche e immagini spesso nascoste dalla tv generalista.
Cosa non va
- Forse in certi momenti la tematica sociale appare fin troppo insistita, ma è veramente un dettaglio.