Ci voleva tanto? Pare di sì, a giudicare dal circondario. Ci voleva tanto, a far una commedia limpida e diretta, capace di far ridere e, intanto, capace pure di sciorinare le increspature di un corollario italiano che tanto fatichiamo a superare (diventando materia preziosa per la satira)? Diciamo, forse, che ci voleva un duo comico come Pio e Amedeo - che cattivi non sono, anzi -, e ci voleva uno come Gennaro Nunziante, regista che la commedia sa farla, sa dirigerla e sa anche scriverla (vedi alla voce Checco Zalone). A proposito di cattiveria: se Pio e Amedeo hanno fatto della scorrettezza il metro stilistico, potremmo quasi dire che la ferocia che li etichetta è una nomea facilona, tipica di una polarizzazione d'opinione. Insomma, Pio e Amedeo, un po' come Jessica Rabbit, sono cattivi perché vengono disegnati così.
Infatti, dopo uno straniante incipit (abbiamo faticato, lo ammettiamo), quasi in medias res, ci caliamo nella visione di Come può uno scoglio, carpendone poco a poco il pregio principale: l'onestà. Sotto la scorrettezza (ma poi, di grazia, cos'è 'sta benedetta scorrettezza?), sotto l'enfasi caricaturale, c'è altro. Un po' come avvenuto con Belli ciao (sempre targato Nunziante), la coppia foggiana affina il linguaggio e punta alla risata schietta e di pancia, senza voler indossare l'abito elegante, o proponendo un'autorevolezza che non li rappresenta (e che, orgogliosamente, rifiutano). Del resto, conoscere se stessi (limiti e peculiarità comprese) è sinonimo di intelligenza, e Pio D'Antini e Amedeo Grieco, che conoscono il pubblico (italiano) fin da quando lavoravano nei villaggi turistici, si rivelano per quello che sono, in un film che li descrive come meglio non si potrebbe.
Come può uno scoglio, la trama: Pio e Amedeo all'ennesima potenza
Attenzione, un'introduzione doverosa e sottolineata da una visione totalmente spassionata nei confronti dei comici pugliesi. In fondo, nel metro di giudizio conta l'oggettività (la soggettività lasciamola ai social), e il giudizio nei confronti di Come può uno scoglio non può che essere complessivamente positivo, considerando il valore della commedia nel suo insieme. Il che vuol dire: senza andare per il sottile (ma graffiando quando serve), il film di Nunziante svolge il nobile lavoro dell'intrattenimento.
Intrattenimento che parte da un contrapposto che non ci mollerà mai: Pio, ragazzotto docile e impacciato, ha una famiglia ricca alle spalle. Il padre è appena morto, e gli imprenditori della città lo candidano come sindaco. Non per stima, ma per la sua indole buona, facilmente raggirabile. La situazione cambia quando Pio, per fare un favore al parroco (è un film di favori, piaga italica, ma è anche un film di ribelli, dote oggi svilita), assume Amedeo, un iruento e grezzo individuo appena uscito da galera. Insomma, gli opposti si attraggono e tra i due nasce un corrispettivo amicale. L'esuberanza schietta di Amedeo libererà gli istinti di Pio, resosi conto di vivere una vita a metà.
Mai fermarsi alle apparenze
Se la seconda metà di Come può uno scoglio accelera inesorabilmente, spingendo sul gusto della risata, la commedia di Gennaro Nunziante (e di Pio e Amedeo) riserva, qua e là, interessanti trovate, sfruttando un umorismo diretto e veloce, che ben si addice ad un umore guascone. Dove ti aspetti la solita musica d'accompagnamento irrompe Bob Seger con Till It Shines, mentre sul finale ecco arrivare Ariete in feat. con Tananai con il brano Campo minato. Sorprese, dettagli, minuzie che rendono la commedia ben strutturata, anche dal punto di vista tecnico. E poi, la musica stessa, per il film e per la trama, è una sorta di veicolo comunicativo: Pio, incastrato in una vita incravattata, coltiva il sogno di diventare rockstar, nonostante sia stonato come una campana. Chiave spassosa, ovvio, ma anche nevralgica per spiegare al meglio l'evoluzione del personaggio in relazione ad un diretto contrario, esasperato tanto nella dialettica quanto nella fisicità.
Bravo Pio e bravo Amedeo a dare connotati ben precisi ai protagonisti, riempiano le incertezze della storia (fisiologiche) con i rodati tempi comici. Quasi non ci fosse tempo di ragionare (appunto), prendendo poi di petto la cecità populista della politica, e poi portando in scena i soliti figuri e le solite mentalità corrotte, Come può uno scoglio diverte e si diverte ad esagerare, calcando il tratto stando però attendo a non bucare il foglio. Sfumatura sostanziale, che differenzia una buona commedia da una commedia sciatta (e oggi, di commedie sciatte, siamo pieni fino al collo). Con un sottinteso e brillante ammiccamento finale: mai fermarsi alle apparenze.
Conclusioni
Niente di fantasmagorico, ma era quello che cercavano gli autori. Allora, si punta tutto sulla risata grassa e sull'esagerazione calcolata in Come può uno scoglio. E lo abbiamo scritto nella recensione: la commedia di Gennaro Nunziante con Pio e Amedeo funziona proprio per l'onestà dichiarata. Voler intrattenere e voler divertire il pubblico, strisciando quando possibile verso una satira che fa a pezzi tutto. Politica compresa (finalmente!).
Perché ci piace
- Divertente, soprattutto la seconda metà.
- L'esagerazione, sempre equilibrata.
- Il concetto di ribellione.
- Pio e Amedeo...
Cosa non va
- ... Duo discusso, che può o non può piacere (o esservi indifferente!).