Il cinema d'autore al femminile sfida il caldo estivo. Uscirà infatti il 22 giugno, stessa data di distribuzione di XXY, gioiello argentino di Lucia Puenzo premiato di recente a Cannes, il bel film di Marina Spada passato lo scorso anno alle Giornate degli autori alla Mostra del cinema di Venezia. Nella Milano senza vita di Come l'ombra, una donna trascorre le sue giornate da sola, tra il lavoro e una casa vuota, in attesa di partire per una vacanza in Grecia, ma a sconvolgere i suoi piani arriveranno un professore di russo, del quale finirà per innamorarsi, e una misteriosa ragazza ucraina che le fornirà un pretesto per uscire finalmente dall'ombra. A presentare il film a Roma ci sono la regista Marina Spada e la protagonista Anita Kravos.
Marina Spada, qual è stata la genesi del film?
Marina Spada: Il mio primo film, Forza cani, non ha avuto molta fortuna, forse perché non è stato visto da chi doveva vederlo. Non ero convinta che avrei fatto un altro film, ma poi sono venuta a sapere che Daniele Maggioni, il direttore della Scuola del cinema di Milano dove insegno, che per tanti anni è stato anche produttore, stava trafficando da un anno ad una sceneggiatura per me, che poi mi ha regalato. Naturalmente l'ho fatta mia ed è stata un'occasione per riprovarci col cinema. Questo film, girato in Mini-DV, con tutti i crismi del cinema tradizionale, è stato una scommessa assoluta, fatto contro la legge di gravità. La Scuola del cinema di Milano mi ha supportata totalmente e il produttore Francesco Pamphili mi ha fatto una promessa e l'ha mantenuta, un fatto veramente insolito nel nostro cinema. Mi aveva detto che se il film fosse andato a qualche grande festival lo avrebbe stampato su pellicola. E così è successo, avendo avuto la fortuna di essere stata selezionata per le Giornate degli autori a Venezia. Il film poi ha fatto il giro del mondo e ha vinto numerosi premi, tra cui quello per la miglior regia al prestigioso Mar del Plata Film Festival in Argentina. So di aver fatto un film coraggioso e l'ho fatto seguendo quella che De Laurentiis definisce la "regola delle 3 c": cuore, coraggio e culo.
Perché ha scelto di rappresentare una Milano vuota, così diversa da come la conosciamo?
Marina Spada: Perché quella è in realtà la Milano dove la gente vive. Non vedo Milano così inospitale, a me piace tanto. Ho lavorato con Gabriele Basilico, uno dei più grandi fotografi al mondo esperto d'architettura. Per entrambi Milano è la palestra del nostro sguardo. Non volevamo la città come contesto della storia ma come personaggio. La domanda guardando il film è: ma dove sono tutti? Per me stanno tutti dietro le finestre, senza esporsi ai pericoli esterni, trincerandosi nella solitudine.
Non dev'essere stato facile però girare in una Milano praticamente deserta.
Marina Spada: In effetti abbiamo avuto delle difficoltà per avere Milano vuota e abbiamo dovuto girare, per esempio, alle sette di sera nel bel mezzo di agosto. Oggi per me le città sono tutte uguali e comunicano tra solidi, cioè tra palazzi, anche a causa della globalizzazione che porta all'uniformità dell'immagine urbana. L'ambiente è il riflesso di coloro che ci vivono. L'uomo ha spinto in quella direzione per motivi economici, che spesso si accompagnano a quelli ideologici. Non voglio mettere in piedi una teoria, cioè dire che le città sono un ambiente antiurbano, perché io amo vivere in città. Ciò che differenzia una città che funziona da una città che non funziona sono le relazioni, la qualità dei rapporti generata dalla vicinanza.
Il commento sonoro è un elemento molto importante del film. Che lavoro è stato fatto per ottenere un simile risultato?
Marina Spada: Il film è stato montato da Carlotta Cristiani e il suo è stato un lavoro apparentemente facile, perché composto di sole duecento inquadrature, ma in realtà molto duro perché in questi casi bisogna lavorare sul rumore semantico dell'inquadratura. Tommaso Leddi, l'autore delle musiche, ha composto il commento sonoro del film soltanto nella fase finale del montaggio. Le musiche sono suonate dallo stesso Leddi alla viola e da sua madre ottantenne al pianoforte, due strumenti che sono legati in maniera diversa alle due protagoniste, il piano a Claudia e la viola ad Olga, e alla fine c'è anche una parte in cui la musica è montata in retromarcia.
Quali sono stati i suoi registi di riferimento nella lavorazione del film?
Marina Spada: Sicuramente Michelangelo Antonioni. Da ragazzina non capivo un tubo dei suoi film, ma più vado avanti più riesco a comprenderli e ad amarli. Di lui mi piace tutto, anche il mescolare un tono registico alto alla cultura pop, un'idea che ho ripreso nel mio film quando faccio cantare alle due protagoniste una canzone di Laura Pausini. Nel film c'è anche un omaggio dichiarato ad Antonioni: la seconda inquadratura infatti, quella dell'ascensore, è presa in prestito dall'inizio de La notte. Altri film che mi hanno influenzato sono stati Questa è la mia vita di Godard e Millennium Mambo di Hou Hsiao-hsien.
Anita Kravos, com'è stato recitare in un film fatto soprattutto di silenzi?
Anita Kravos: Questo ruolo è stato una vera sfida per me, perché non bisognava esprimere i pensieri, ma soltanto farli trapelare. E' stata inoltre una grande opportunità per mettermi alla prova, anche perché il film riflette sulla possibilità di cambiarsi la vita da soli. Alla fine del film il mio personaggio cambia e parte, ed è stato così un po' anche per me nella mia vita privata. Il rapporto di Claudia con la solitudine è qualcosa che mi appartiene e quando ho visto questo film mi sono sentita sottovuoto. Per me è stata una grande soddisfazione essere premiata per la mia interpretazione da Jeanne Moreau al Festival del cinema italiano a Parigi lo scorso aprile.