Un personaggio in qualche modo "dimenticato" tra le pieghe di una Storia dai risvolti mostruosi. Ma anche un personaggio molto attuale, legato alle incrollabili e giuste "leggi del mare". Con spirito cinematografico, Edoardo De Angelis racconta la figura (decorata) di Salvatore Todaro in Comandante (qui la nostra recensione del film). Ad interpretare Todaro, Pierfrancesco Favino, capace di destreggiarsi al meglio in un'interpretazione fisica, mentale e dialettica non indifferente. In questo caso, e al netto delle ideologie, il cinema diventa in un certo senso un mezzo storico, di ricerca e conoscenza. "Todaro era un militare che affondava le navi, ma salvava l'uomo e a chi gli chiedeva il motivo di tale gesto, rispondeva 'perché siamo italiani'", raccontava De Angelis a Venezia, dove il film è stato presentato in Concorso.
Come detto, una figura non troppo conosciuta, e novellizzata in Comandante, che ne racconta (parte) della storia vera. Salvatore Todaro, effettivamente, era un italiano a tutto tondo: nato a Messina, si trasferì a Chioggia (il dialetto veneto non lo abbandonò più) quando scoppiò la Prima Guerra Mondiale (suo padre, maresciallo, venne nominato in stanza a Forte Penzo). Messina, poi Chioggia e, nel 1923, Livorno, dove frequentò l'Accademia Navale, venendo promosso come guardiamarina, per poi essere promosso sottotenente di vascello a Taranto. Immediatamente, Salvatore Todaro dimostrò un certo piglio e una certa visione, scalando velocemente i ranghi, intanto che Benito Mussolini (si) prese il potere dopo la marcia su Roma. Tra l'Italia impegnata in Libia e poi in Etiopia, Salvatore Todaro si sposa nel 1933 con Rina Anichini (che in Comandante è interpretata da Silvia D'Amico).
Sempre nel 1933, il primo punto su cui il film di De Angelis torna attraverso diversi flashback: Salvatore Todaro, in seguito ad un incidente a bordo di un aereo S.55 (era imbarcato come osservatore), si frattura la colonna vertebrale. Un danno fisico che lo segna per tutta la vita, vedendosi costretto ad indossare uno scomodo e doloroso busto. In qualche modo, e come vediamo in Comandante, l'incidente finisce per perseguitarlo, e in qualche modo indirizzarlo: abbandonò l'aeronautica, passando alla marina. Dopo diversi ruoli di ufficiale in seconda, nel 1940 divenne capitano di corvetta, prima a bordo del sommergibile Luciano Manara e poi in quello visto e ricreato nel film, il Comandante Cappellini, ossia il top della Regia Marina (che rispondeva ancora al Re, e non a Mussolini).
I naufraghi del Kabalo: la storia vera di Comandante
Con l'entrata in guerra dell'Italia, Todaro e il Cappellini furono protagonisti di diverse missioni nell'Atlantico. Come quella raccontata in Comandante. Partendo da La Spezia, attraversa lo stretto di Gibilterra e, dodici giorni dopo, a largo di Madera, si imbatte nel piroscafo belga Kabalo, che naviga a luci spente. Nonostante la bandiera sia quella di un Paese neutrale, ecco lo scontro a fuoco: il sommergibile di Todaro affonda il Kabalo. Parte dell'equipaggio finisce in mare, e Todaro decide di raccogliere i naufraghi, caricandoli su una zattera per quattro giorni. Dopodiché, viste le condizioni del mare, la zattera finisce per cedere: lo spazio a bordo del Cappellini, già angusto, e con le risorse limitate, non sembra poter ospitare altri uomini.
Nonostante questo, e nonostante le rimostranze di parte dell'equipaggio, Salvatore Todaro fa salire a bordo i naufraghi belgi, portandoli sani e salvi alle Azzorre, dopo aver incredibilmente ottenuto un lasciapassare da un convoglio inglese. Lo scambio finale di battute che vediamo in Comandante, tra l'altro, pare proprio lo stesso avuto da Todaro con il capitano Georges Vogels. Come sono testimoniate le critiche dei comandanti tedeschi, contrari alla visione di Todaro: "Questa è una guerra, non una crociata missionaria", affermò l'ammiraglio Karl Donitz.
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Chi era Salvatore Todaro: lo spirito di Mago Bakù
Dopo i fatti del Kabalo, Salvatore Todaro continua le missioni in mare, affondando armamenti inglesi - sempre a colpi di cannonate, e mai di missili, preferendo il controllo visivo in superficie. Del resto, il mare era la sua casa, ma si fece trasferire sulla terra ferma, guidando l'assedio di Sebastopoli nel giugno del 1942. Le missioni via terra, però, durarono poco: qualche mese dopo venne messo al comando del motopeschereccio armato Cefalo, a nord della Tunisia. Terminata la missione, tra il 13 e il 14 dicembre, il Cefalo venne attaccato dall'aeronautica britannica, e Salvatore Todaro morì colpito da una scheggia.
La sua morte, come accennato in Comandante con Pierfrancesco Favino, venne in qualche modo predetta dallo stesso Todaro. Qui un appunto importante, che il film introduce senza purtroppo andare troppo a fondo: chi conobbe Salvatore Todaro, raccontò che l'uomo era una sorta di mistico, chiuso in una visione sobria ed essenziale della vita, dedito alle leggi ferree e nobili del mare, e anche profondo conoscitore di testi antichi, studiando le tecniche dell'ipnosi, mostrando la sua preveggenza (a bordo dei sommergibili lo chiamavano "Mago Bakù") - celebre l'episodio legato al marinaio lasciato a terra, in quanto previde l'arrivo un attacco di appendicite, impossibile da curare in mare. Poi, i dolori lancinanti, postumi della frattura vertebrale, venivano smussati dall'utilizzo di morfina, nonché dallo yoga, dall'ipnosi e dalla meditazione. Elementi, questi, che arricchivano il personaggio con tratti quasi spirituali e, va da sé, marcatamente cinematografici. Salvatore Todaro è sepolto a Livorno.