Colman Domingo, l'intervista. “Sono più di quello che vedete. Contengo moltitudini”

Dalla nuova era della sua vita a Sing Sing, dal potere della gentilezza al biopic su Nat King Cole passando per le responsabilità dei singoli: Colman Domingo si racconta dal Filming Italy Sardegna Festival

Colman Domingo tra gli ospiti del Filming Italy Sardegna Festival

Apre le braccia in segno di benvenuto Colman Domingo quando lo incontriamo per intervistarlo al Filming Italy Sardegna Festival di cui è uno degli ospiti della settima edizione. L'attore è reduce da un anno strepitoso che lo ha portato a ricevere una candidatura agli Emmy e una agli Oscar come miglior attore - la prima per un interprete afro-latinoamericano - per la sua prova in Rustin. La pellicola diretta da George C. Wolfe in cui presta il volto all'attivista per i diritti civili Bayard Rustin che contribuì ad organizzare la grande marcia su Washington per il lavoro e la libertà. Era il 28 agosto 1963 e al Lincoln Meemorial Martin Luther King pronunciò il discorso passato alla storia iniziando con la celebre frase "I have a dream" per chiedere la fine del razzismo.

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Colman Domingo, il primo attore afro-latino americano a ricevere una nomination agli Oscar come miglior attore per Rustin

Un'invocazione per il futuro, in parte disattesa e ancora attualissima. "Cosa spero per il mio di futuro?. Oh sono una tale Pollyanna", confessa ridendo l'attore. "Spero che ci sia più gentilezza. Penso che dobbiamo trovare più modi per costruire ponti invece di abbatterli ed elevare e trovare la luce nelle storie della nostra umanità. Ci sono già abbastanza oscurità e conflitti là fuori nel mondo. Non voglio farne parte. Ciò di cui voglio far parte sono incredibili soluzioni d'amore. Questo è quello che spero. E in qualunque modo lo faccio, su qualunque piattaforma, anche solo con una semplice intervista, è come se quella fosse la mia chiesa. Ed è come diffondere amore".

Da Euphoria a Rustin: la nuova era di Colman Domingo

Rustin
Colman Domingo è l'attivista per i diritti civili Bayard Rustin

Attore, regista, sceneggiatore, produttore, drammaturgo. Colman Domingo ha collaborato con i più grandi spaziando tra i generi più disparati. Da Clint Eastwood per Fino a prova contraria a per Miracolo a Sant'Anna passando per Steven Spielberg con Lincoln a Se la strada potesse parlare di Barry Jenkins. Senza dimenticare il piccolo schermo, tra The Knick e Fear the Walking Dead. Ma, soprattutto, Euphoria. La serie di Sam Levinson in cui interpreta Ali, lo sponsor della Rue di Zendaya. Un ruolo che ha contribuito a farlo uscire dalla mischia e prendersi tutta la scena che merita. "Riconosco di essere entrato in una nuova era", confessa Domingo parlando del suo percorso e dei riconoscimenti ottenuti.

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"E non sapevo che sarebbe arrivata. Sono come molti altri attori professionisti che semplicemente vanno avanti di lavoro in lavoro e hanno fiducia nel processo. Come a dire: 'Farò questo film e poi farò quest'altra cosa'. E, a volte, farai anche altri lavori nel mezzo. Farai il barista, insegnerai o farai qualcos'altro. Questa è la vita di un artista. E poi ottieni questo bellissimo percorso, dove inizi ad avere opportunità per cambiare la tua intera esistenza e carriera. Ed è quello che mi è capitato negli ultimi anni. È stato davvero bellissimo ottenere il sostegno non solo dei miei colleghi e dell'industria, ma di persone comuni che dicono: 'Ti vediamo'. Penso sia il regalo più grande: sapere che vedono il tuo valore nel tuo lavoro. Spero continui così".

Colman Domingo sprigiona entusiasmo. È una dote innata, lo si percepisce standogli intorno. Il modo in cui si relaziona con il mondo che lo circonda finisce per riflettersi nel modo in cui il mondo si relazione con lui. "È uno dei doni più grandi, a dire il vero", ammette l'interprete. "Provo emozioni molto diverse. La cosa che amo di più è che ricevo così tanta gentilezza. La gente mi chiede sempre: 'Posso abbracciarti?". Non so se molte persone lo capiscono, ma quella frase significa che gli fai sentire qualcosa, si sentono vicini a te, al tuo lavoro, qualunque sia il personaggio. Che sia tratti di Euphoria, Rustin o Il colore viola. Quello che accade a me non succede a molti altri. Magari viene detto loro: 'Sono un tuo fan. Ottimo lavoro'. Ma quel 'Posso avere un abbraccio?' è una cosa meravigliosa. Significa che ho davvero influenzato qualcosa e li ho fatti sentire vicini a me o al mio personaggio. Mi sento molto fortunato".

Sing Sing e il lavoro con attori non professionisti

Tra i progetti in cui lo vedremo protagonista, oltre al film su Michael Jackson in cui interpreterà il padre del re del pop e il biopic su Nat King Cole - "Ne parlerò più avanti. È un progetto successivo, ma accadrà" -, c'è anche Sing Sing. Diretta da Greg Kwedar, la pellicola vede l'attore interpretare John "Divine G" Whitfield, uno dei detenuti di un carcere di massima sicurezzache, insieme ad un altro gruppo di uomini, partecipa ad un laboratorio teatrale per mettere in scena una produzione originale."La cosa bella è che alcuni di loro non avevano crediti professionali come attori", racconta Domingo. "Ma qualche giorno fa ne parlavo con una persona e gli ho fatto notare che avevano imparato a recitare e avevano lavorato in un ambiente chiuso - una prigione di massima sicurezza - e che recitare è un mestiere. Puoi ottenere un risultato ovunque tu sia. Il che è fantastico".

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"Non sono andato formalmente a scuola di recitazione. Ho imparato facendo parte di compagnie di teatro shakespeariane, facendo l'apprendista e tutto il resto della gavetta. Penso quello fosse proprio il loro livello", continua l'attore. "Sono arrivati alla produzione del film con tutto il cuore e apertura all'apprendimento, ma avevano anche qualcosa da dare: la loro esperienza, che è bellissima. Ho potuto condividere con loro quello che so sulla macchina da presa, ma anche loro hanno mi ha dato l'opportunità di imparare cosa facevano e quanto rigore avevano in termini di pratica di ciò che stavamo facendo. Siamo arrivati lì tutti con un cuore e una passione per il lavoro molto simili. E poi quello che non sapevano lo hanno imparato sul set. È stata una condivisione totale".

La responsabilità dei singoli e i piccoli passi verso la giustizia

Se La Strada Potesse Parlare Kiki Layne Colman Domingo
Colman Domingo e KiKi Layne in una scena di Se la strada potesse parlare di Barry Jenkins

Nei panni di Bayard Rustin, Colman Domingo ha portato sul grande schermo una storia ambientata negli Stati Uniti della fine degli anni Sessanta. Un periodo storico in cui alla lotta per i diritti civili si intrecciava la contestazione all'interno delle università per la partecipazione degli Stati Uniti nella guerra in Vietnam. Poco meno di sessant'anni dopo quelle lotte continuano ad essere presenti nel tessuto sociale del Paese, tra le università occupate per sostenere il popolo palestinese e l'attenzione posta alle minoranze. "Viviamo sempre in tempi bui, non penso che sia un territorio completamente insolito o nuovo. Sono cose che accadono da molti, molti anni", riflette l'attore. "E quello che ha detto John Lewis - ma che aveva detto anche Bayard Rustin - è che ci pieghiamo verso la giustizia. Poco a poco, i passi che facciamo in avanti migliorano le cose".

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"Non so cosa succederà con le prossime elezioni, spero che troveremo un modo per avere pace in questo mondo", continua Colman Domingo. "Non ho mai creduto che dobbiamo fare affidamento sui leader o su chiunque sia al comando. È nostra responsabilità come esseri umani e come persone difenderci a vicenda e prenderci cura gli uni degli altri. Chiaro e semplice e in piccoli modi. Certo, le elezioni presidenziali sono importanti, ma dobbiamo anche concentrarci sulle elezioni molto più piccole che avranno un impatto sulla comunità, le città, e i centri meno abitati. Non sono mai troppo impantanato dall'idea che una persona controlli qualcosa nella mia vita, perché penso che questo dia troppo potere. Sono io quella persona".

Sceneggiature più complesse

Selma - La strada per la libertà: una suggestiva scena del film drammatico
Colman Domingo in una scena di Selma - la strada per la libertà di Ava DuVernay

Recentemente protagonista di una storia di copertina per GQ, l'attore ha dichiarato di ricevere molte sceneggiature che vedono al centro storie di schiavitù e queer. "Penso che ciò che è stato detto fosse fuori contesto", ci tiene a precisare Domingo. "Non è che non ne voglia ricevere, ma ne voglio ricevere la versione più complessa. Se le persone sanno che sono nero e queer e quello è tutto ciò che mi mandano, beh non è utile".

Chiosa l'attore:"Mandatemi qualcosa che parli di una donna bianca in una villa italiana in Sardegna. Perché non dovrei essere interessato a raccontare quella storia? Potrei voler produrre o dirigere quella storia, perché quella persona potrebbe avere qualcosa in comune che mi interessa e mi incuriosisce. Contengo moltitudini. Inviatemi più di quello che vedete. Perché quello che scrivo e creo per me stesso, se qualcuno guarda la storia di tutto il mio lavoro di scrittore, regista e attore, è illimitato".