Una volta si andava a Sanremo, e si faceva un percorso piuttosto obbligato: il singolo, cioè la canzone in gara, l'album e poi il tour. Un interessante articolo di Mattia Marzi su Rockol ci ha fatto notare una cosa molto interessante: dei 28 cantanti in gara al Teatro Ariston, quest'anno, solo 6 hanno deciso di lanciare il proprio album nella settimana di Sanremo. Ognuno infatti ha legato la canzone e la partecipazione al festival a un progetto particolare, magari diverso dal solito, magari per promuovere un tour. Quello che interessa a noi di Movieplayer è che, tra questi, ci sono dei cantanti che hanno deciso, dopo Sanremo, di lanciare un film o una serie tv.
È il caso di Colapesce Dimartino, che dal 20 febbraio sono arrivati al cinema con il loro primo film, di cui sono attori e sceneggiatori, La primavera della mia vita, e di Elodie che (insieme all'album Ok. Respira) ha lanciato la sua prima docu-serie, Sento ancora la vertigine, in streaming su Prime Video sempre dal 20 febbraio. È qualcosa che non ci stupisce affatto: perché sono sempre più i film e le serie tv dedicate ai cantanti. Se il fenomeno non è nuovo, dai musicarelli degli anni Sessanta, agli anni Ottanta in cui le rockstar iniziavano a recitare in veri e propri film, con storie slegate dalla loro attività musicale (David Bowie, Sting) o con film legati al proprio personaggio o dalla colonna sonora (Madonna), è negli ultimi anni che il fenomeno è diventato sempre più frequente.
Le piattaforme di streaming
C'entrano, ovviamente, le piattaforme di streaming, sempre alla ricerca di contenuti e di ampliare il proprio pubblico. Realtà come Netflix, Prime Video, Disney+, ma anche realtà come Sky e NOW hanno verificato facilmente che il pubblico che ama la musica vede molto volentieri documentari in streaming sugli artisti che segue. E hanno offerto una possibilità immediata di distribuzione a una serie di prodotti che, un tempo, avrebbero dovuto scegliere tra uscita al cinema o in home video (la tv lineare è sempre stata poco aperta a prodotti di questo tipo). La pandemia, poi, ha fatto il resto. Se la passione per la musica è sempre stata ascolto di musica registrata e di musica dal vivo, un'esperienza uditiva, nel primo caso, e uditiva e visiva nel secondo, due anni senza concerti live hanno segnato un vuoto nel rapporto tra artista e pubblico, una mancanza di vicinanza che, spesso, è stata colmata proprio dai film. Che, non a caso, molto spesso sono proprio dei film concerto. In altri casi sono dietro le quinte della lavorazione dell'album. In altri casi ancora, un documentario sulla propria vita e la propria carriera. Ci sono però delle eccezioni alla regola, e sono proprio in queste uscite più recenti, le vedremo fra poco.
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I film come realtà aumentata dell'album
Un altro aspetto della diffusione di questi documentari è... lo streaming. Ma, stavolta, è inteso come modalità di diffusione e ascolto della musica. Parliamo delle piattaforme come Spotify, Amazon Music, Apple Music, Timmusic e così via. L'ascolto in streaming ha permesso alle canzoni di arrivare ovunque, ma ha resto tutto più etereo, astratto, meno tangibile. A un album, nel momento in cui esce, mancano le grandi copertine degli album, con le loro grafiche, le buste e i booklet interni di album e cd. Tutte cose che, tra immagini, testi, commenti, contribuivano ad approfondire un progetto, a farcelo conoscere meglio. Perché, in caso di ascolto di un album solo su Spotify, un po' di approfondimento viene a mancare. E allora, in occasione di alcuni progetti come quelli di Bruce Springsteen (Western Stars, un film concerto, e Bruce Springsteen's Letter to You, un documentario) e di Billie Eilish (Billie Eilish: Happier Than Ever - Lettera d'amore a Los Angeles, un film concerto) abbiamo parlato dei film come realtà aumentata dei progetti discografici.
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Colapesce Dimartino: la voglia di fare cinema
Ci sono però prodotti che sono eccezioni che confermano la regola. Prendiamo ad esempio La primavera della mia vita, il film di Zavvo Nicolosi con Colapesce Dimartino. È un film vero e proprio, un film di finzione, con una trama e con la musica solo quando è funzionale al film (Splash, la canzone di Sanremo, si sente alla fine, ma è comunque coerente con la storia). E in cui Colapesce e Dimartino sono due personaggi, che in qualche modo somigliano loro, ma non mettono in scena se stessi. Abbiamo chiesto al duo com'era nato questo film. "Il cinema per noi è una passione unica, lo amiamo senza un genere particolare, dall'horror a Franco e Ciccio" ci hanno spiegato. "È un'esperienza diversa rispetto ad altre operazioni" ci ha riposto Colapesce. "Abbiamo scritto la sceneggiatura, la musica, abbiamo avuto un controllo totale dell'opera". "L'idea era nata ancora prima di fare il disco" ci dice Dimartino. "Avevamo voglia di scrivere un film. Tutto era nato da una serie di appunti in una nota: quando capitavano delle situazioni durante il tour ci appuntavamo delle scene. Ce n'era una in cui Lorenzo era alla stazione e dal megafono usciva sua madre che gli diceva di mangiare. Ci sono delle situazioni scritte, che poi non sono finite nel film, ma ci divertivano tanto". "È un prodotto diverso rispetto a una docu-serie di un cantante di cui si parla delle difficoltà" continua Dimartino. E aggiunge, scherzando: "Questo già parte da un fallimento. La prima scena è un fallimento".
Elodie: docu-serie che fissa un momento preciso
La primavera della mia vita è l'eccezione che conferma la regola. Un progetto a se stante nato da una voglia di fare cinema a tutti gli effetti. Se gli altri prodotti ricalcano invece la strada del documentario, ci sono qua e là dei segnali di originalità. Sento ancora la vertigine, la docu-serie appena uscita su Elodie, è sì un documentario a tutti gli effetti. Però non segue il solito schema sulla storia di un artista, con materiale di repertorio e una summa della carriera, ma sceglie di raccontare gli ultimi mesi della popstar, quelli in cui ha deciso di partecipare a Sanremo e di scegliere la canzone giusta. In questo senso, Sento ancora la vertigine (la regia è di Nicola Sorcinelli) punta a raccontare un momento preciso, e spiegando cosa comporta andare a Sanremo, riesce anche a parlare a tutti e a spiegare cosa comporti, in termini di impegno, lavorare sulla partecipazione a un festival così importante.
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Laura Pausini: documentario, ma immaginifico
Un altro film che, a suo modo, provava a trovare una strada particolare, è quello di Laura Pausini, sempre su Prime Video. Laura Pausini - Piacere di conoscerti, diretto da Ivan Cotroneo, mescola documentario e fiction: ci sono i momenti chiave della carriera, ci sono la vita della Laura Pausini di oggi, ma anche delle ricostruzioni, con la Laura giovane, e un'altra Laura, quella di Solarolo, che vive un'altra vita rispetto alla sua. Perché la bella idea del film è quella di rispondere alla domanda: che cosa sarebbe successo se Laura Pausini non avesse vinto quel Sanremo? Anche qui si tratta di un modo piuttosto originale di raccontarsi, vicino al documentario classico, ma anche immaginifico. Che, tra l'altro, non è legato all'uscita di nessun disco. Anzi, proprio in quel film, tra le righe, Laura Pausini confessa una piccola crisi: quel non trovare un centro, un'ispirazione per il nuovo disco. Anche lei, come Elodie (lo vediamo proprio nella docu-serie appena uscita) non è autrice e vive con particolare cura la scelta del repertorio, l'ascolto dei provini dei vari autori che le vengono inviati.
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Mahmood: il documentario più classico
Mahmood è il titolo del documentario sull'artista vincitore due volte del Festival di Sanremo, con Soldi e poi con Brividi, in coppia con Blanco. Uscito in sala lo scorso novembre e poi in streaming su Prime Video (la piattaforma che, come avrete capito, ha sposato di più il documentario musicale). È forse il prodotto più classico nel genere, un film che parte da lontano per raccontare Mahmood da bambino, il rapporto con i genitori, le prime esibizioni, i talent e così via. Possiamo dire che questo è il modello del tipico film sulle popstar di casa nostra che va per la maggiore, la regola alla quale ci sono appunto le eccezioni. Per un artista come Mahmood un film come questo nasce dall'esigenza di raccontarsi. "Con questo documentario ho potuto spiegare dei lati del mio carattere che con la musica non si possono esprimere pienamente" ci aveva raccontato l'artista alla Festa del Cinema di Roma. "Mia mamma tiene tutto, non butta niente" ha raccontato il cantante a proposito dei tanti materiali di repertorio usati nel film. "Anche per lei è stata una sorpresa vedere certi atteggiamenti che ho ora, e vedermi farli quando ero bambino. È quasi una psicoterapia".
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Vasco Rossi: il film concerto
Qualche mese fa è uscito anche Vasco Live - Roma Circo Massimo, diretto da Pepsy Romanoff, che è un altro modo tipico di un artista di mettesi in scena. È il classico film concerto, che coglie un artista in un momento topico di un tour importante. In questo caso è la data della scorsa estate al Circo Massimo, che segna uno dei momenti più importanti del tour che ha significato il ritorno alla musica live dopo la pandemia. È un modo semplice e diretto di mettere in scena un artista come Vasco Rossi: il concerto live, la sua dimensione. Ci sono molti modi di raccontarsi. Ma, sempre più, oltre alla musica per un artista c'è l'immagine.
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