Fin dalle origini, gli autori della Pixar si sono dimostrati maestri in tre cose: avere idee geniali, immaginare mondi e creature di una bellezza sconfinata, e saper far piangere la gente. Alzi la mano chi non si è ritrovato almeno gli occhi lucidi quando Sulley abbraccia Boo, Wall-e ed Eve fluttuano nello spazio, quando Woody, Buzz e gli altri giocattoli si tengono per mano nella fornace, Riley dice addio a Bing Bong o con i primi, incredibili, dieci minuti di Up.
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I maledetti sanno il fatto loro. Coco , nelle sale italiane dal 28 dicembre, preceduto dal corto Frozen - Le avventure di Olaf, non fa eccezione, anzi: ambientato in Messico, nel giorno del Día de Muertos, il film segue le avventure di Miguel, ragazzino che sogna di diventare musicista ma è ostacolato dalla sua famiglia, a cui vuole bene ma non capisce perché sia così ostinata nel volerlo trasformare in un calzolaio invece di farlo esprimere con la chitarra. Seguendo le orme del suo idolo, Ernesto de la Cruz, il più famoso cantante messicano, Miguel si iscrive a una gara di musica, ma si ritrova, per errore, nel regno dei morti. Qui incontra i suoi antenati e comincia una corsa contro il tempo per ritornare tra i vivi.
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Famiglia, ricordi, sogni e l'importanza delle radici: in Coco ci sono tutti i temi più cari agli autori della Pixar, che, grazie a dei colori talmente belli da togliere il fiato e a una splendida colonna sonora, firmata da Michael Giacchino, nell'ultima mezz'ora provocano un pianto continuo e inarrestabile, che prende allo stomaco. Sadismo? No: si tratta di una conoscenza profonda di ciò che ci rende umani, di quelle piccole cose che ognuno di noi vive nella vita quotidiana.
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In occasione dell'anteprima italiana del film, a Roma, abbiamo incontrato il regista Lee Unkrich e la produttrice Darla K. Anderson, che avevano già lavorato insieme a Monsters & Co. e Toy Story 3 - La grande fuga. Una vera coppia a delinquere per quanto riguarda le lacrime. Visto che hanno commosso milioni di persone in tutto il mondo, abbiamo chiesto qual è il film che invece fa piangere loro: "Per me è L'uomo dei sogni: il rapporto genitori figli mi commuove sempre" ci ha detto Anderson, mentre Unkrich: "The Tree of Life di Terrence Malick mi ha fatto piangere parecchio. L'ho trovato davvero commovente".
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Sfidare la morte e l'importanza dei nonni
In Coco ricordare chi non c'è più è fondamentale, perché se tra i vivi nessuno si ricorda più di qualcuno, il suo spirito scompare anche dal regno dei morti. Il regista e la produttrice in un certo senso imbrogliano la morte, perché grazie ai loro film saranno ricordati per sempre. "Beh non posso imbrogliare la morte" ci ha risposto Unkrich, proseguendo: "Ma siamo molto orgogliosi di raccontare storie e fare film che sopravviveranno dopo di noi. È molto appagante realizzare qualcosa che, si spera, le persone guarderanno ancora tra 10, 20 e 50 anni". Anderson invece: "Nei nostri film cerchiamo di mettere meno riferimenti possibili alla cultura pop, sono classici, in modo da renderli senza tempo".
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Nel film i nonni e gli antenati hanno un ruolo centrale, che rispecchia il legame degli autori ai loro cari, come ci ha detto il regista: "Credo sia fondamentale passare del tempo, non solo con i nonni, ma con ogni parente più anziano, ascoltare le loro storie e conoscerli, in modo da passare i loro racconti ai tuoi figli e alle future generazioni. Ho avuto solo una nonna, gli altri tre sono morti prima che nascessi, ma a lei ero davvero legato: penso a lei continuamente quando lavoro". D'accordo Anderson: "Ho avuto una nonna meravigliosa: quando hai la fortuna di avere un nonno a cui sei legato nessun'altra relazione è così. È un legame straordinario: ti dà ispirazione. Non bisogna mai dimenticare i nostri nonni".
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