A partire dagli anni '70 il fenomeno dell'hip hop è esploso con potenza devastante. L'urlo delle periferie americane black, luoghi senza speranza densi di criminalità e disperazione, di street gang e droga, è deflagrato attraverso un movimento musicale che ben presto ha varcato i confini nazionali. Per la prima volta il ghetto ha fatto sentire la sua voce, contaminando la società col proprio linguaggio, la propria cultura, il proprio modo di vestire, di muoversi, di camminare e ballare. Negli anni '90, in concomitanza con l'ondata di violenza che ha colpito le periferie urbane, l'hip hop si è imposto come prima forza artistica. Inevitabile che il contagio si diffondesse alle altre arti, cinema compreso.
L'industria cinematografica ha assorbito come una spugna la raffigurazione dell'esistenza dipinta dai rapper, incamerando le produzioni musicali rap e hip hop in colonne sonore indimenticabili, ma non si è limitata ad attingere alla sola componente musicale. Negli anni '80 sono apparse le prime pellicole che, direttamente o indirettamente, hanno raccontato la vita nei ghetti, focalizzandosi talvolta sugli stessi fautori della hip hop revolution. Ne è un esempio il biografico Straight Outta Compton, straordinario successo USA e nei cinema italiani da pochi giorni, che racconta l'ascesa e la caduta degli N.W.A. (Niggaz Wit Attitudes), supergruppo di gangsta rap californiano composto da Ice Cube, Dr. Dre, Eazy-E, MC Ren e DJ Yella. Costato 28 milioni, il film a oggi ne ha incassati oltre 190 (160 solo in patria), dimostrando come l'interesse per il fenomeno sia tutt'altro che svanito.
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Ripercorriamo allora la storia della contaminazione tra cinema e hip hop attraverso una carrellata di titoli significativi.
Le origini
La culla dell'hip hop è il Bronx. Nel 1983 il regista Tony Silver segue un gruppo di giovani graffitari e breakdancers per New York City realizzando Style Wars, primo documentario sulla cultura hip hop. A catturare l'attenzione del pubblico, nello stesso anno, è però Wild Style, film che ammicca allo stile del cinéma vérité in cui la vera coppia di graffitari composta da Lee Quinones e Lady Pink si affida all'impresario Fab 5 Freddy per entrare nel circuito delle gallerie d'arte di Manhattan. Nel film vengono presentati al mondo la breakdance, i graffiti, le parole in rima degli MC's, i giradischi e i Block Party, feste di strada a cui partecipano afroamericani e latinos.
Sulla stessa scia, Beat Street (1984) si focalizza sulla breakdance raccontando la storia di un gruppo di amici del South Bronx, i New York City Breakers. L'anno dopo Krush Groove drammatizza la storia della Def Jam Recordings, storica etichetta di hip hop fondata da Russell Simmons e Rick Rubin che lanciò la carriera di LL Cool J, Beastie Boys e Public Enemy. Poco o niente ha a che vedere con l'hip hop, invece, la commedia Una bionda per i Wildcats che vede Goldie Hawn nei panni dell'improbabile coach di una squadra di football. Il film segna il debutto attoriale di Wesley Snipes, Woody Harrelson e del succitato LL Cool J che regalerà al film un brano super, Football Rap, e aprirà la strada ai vari rapper-attori Ludacris, Ice Cube, Ice T e Will Smith.
Il ruggito del ghetto
L'incarico di restituire l'identità cinematografica - e con essa la dignità - agli afroamericani se la assume Spike Lee. Piccoletto, polemico, refrattario alla cultura dei bianchi, il regista originario della Georgia, ma trapiantato a Brooklyn, dopo un'infilata di pellicole corrosive ci regala il suo capolavoro. Fa' la cosa giusta è un film chiassoso e colorato che racconta l'esplodere delle tensioni razziali a Brooklyn in una cocente giornata estiva. Non un film sull'hip hop, ma un film hip hop per ritmo e contenuti, fin dagli scatenati titoli di testa sulle note di Fight the Power dei Public Enemy.
Da New York passiamo alla California di Boyz'n the hood - strade violente, pellicola di John Singleton - che grazie a questo film divenne anche il più giovane esordiente ad essere nominato agli Oscar come Miglior regista, nonché il primo afro-americano in assoluto - che racconta la violenza nel ghetto nero di Los Angeles, il famigerato South Central. La presenza di Ice Cube (anche lui al debutto) nel cast non impedisce, però, che il film appaia 'addomesticato' rispetto alla realtà. Lo stesso Eazy-E non apprezzò la pellicola proprio per questa scelta molto hollywoodiana di smorzare i toni.
Passato in sordina Juice, debutto alla regia del direttore della fotografia di Spike Lee, Ernest R. Dickerson. Del film ricordiamo con piacere la perfomance estrema e realistica del rapper Tupac Shakur.
Mentre invece, pur non essendo un vero e proprio film sul gangsta rap, fece molto parlare di sé Pensieri pericolosi con Michelle Pfeiffer, soprattutto per la celebre colonna sonora (premiata con il Grammy) di Coolio, Gangsta Paradise.
White Trash
Dopo le morti violente di Tupac Shakur, colpito da una raffica di proiettili sparati da un'auto in corsa mentre si trovata a Las Vegas, e di Notorius B.I.G., deceduto pochi mesi dopo in circostanze simili a Los Angeles, il millennio hip hop si chiude su una nota dolente. Gli anni 2000 portano una nuova sferzata di energia che arriva da dove meno la si attenderebbe. Il ciclone Eminem, scoperto e lanciato da Dr. Dre, approda al cinema. Eminem è bianco, slavato e mingherlino, ma la rabbia che ha in corpo è pari a quella dei colleghi afro. 8 Mile, ispirato alla vita del cantante e diretto da Curtis Hanson, ottiene un enorme successo. Con Kim Basinger nei panni della madre del cantante, il film contiene alcune battaglie rap da antologia e regala un Oscar per la migliore canzone a Eminem per il brano Lose Yourself.
Nel 2005 spetta a un regista bianco ed europeo come Michel Gondry raccontare, in Dave Chappelle's Block Party, una delle tipiche feste di strada hip hop con protagonista David Chapelle. Nel documentario compaiono, tra gli altri, Kanye West e i Fugees al completo. Parlando di Oscar, grazie al ruolo di Mama Morton in Chicago, nel 2002 Queen Latifah è la seconda rapper della storia a ottenere una nomination all'Oscar come miglior attrice. L'anno precedente l'onore era toccato a Will Smith per la perfomance in Ali di Michael Mann.
Strade violente
Una nomination agli Academy Awards come miglior attore arriva anche a Terrence Howard per Hustle & Flow (2005). In una pellicola dolente, ma energica, il regista Craig Brewer e il produttore John Singleton dimostrano come non sia facile sfondare nella scena rap, soprattutto se si proviene da una vita nel crimine. Il protettore DJay, rapper a tempo perso, ce la mette tutta per ottenere una possibilità nell'industria musicale, ma la sorte avversa ci mette lo zampino. Howard finirà in prigione e la sua musica nello scarico del bagno. E' proprio vero, "è dura là fuori per un pappone"!
Dalla fiction realistica si torna nuovamente al biopic con Notorious. Dodici anni dopo la morte violenta di Notorius B.I.G., arriva il tributo alla memoria di uno dei rapper più celebri. Notorius, prodotto da Voletta Wallace, madre del cantante, è inevitabilmente edulcorato e sorvola sulle attività criminali, sul consumo di crack e sulla misoginia dell'artista. Il film non dice granché né sulla reale personalità di Notorius B.I.G. né sulle vere ragioni dietro la sua morte, ricostruita in maniera confusa così come il conflitto, appena accennato, tra East e West Coast. La rivelazione Jamal Woolard ce la mette tutta per dare giustizia alla figura di Biggie. Meno ispirati, Derek Luke e Anthony Mackie nei panni di Sean 'P. Diddy' Combs e Tupac Shakur.
Se Notorius B.I.G. bene o male il suo biopic l'ha avuto, da anni si parla una pellicola dedicata a Tupac. Registi (Antoine Fuqua e John Singleton, per citarne un paio), interpreti e produttori si sono succeduti alla guida del progetto senza che questo prendesse forma, ma ora si parla di un avvio delle riprese entro la fine dell'anno. Staremo a vedere.
Fight da Faida
Pur nascendo come fenomeno tipicamente americano, negli anni '80 rap e hip hop si sono diffusi in tutto il mondo divenendo, un po' ovunque, l'espressione artistica delle periferie, delle gang e dell'emarginazione. Ogni nazione ha fatto propri il look, gli atteggiamenti e purtroppo, anche la violenza del ghetto, sostituendo lo slang nativo a quello americano. La pellicola non americana più profondamente intrisa di sapore hop hop è il francese L'odio di Mathieu Kassovitz. Il film, uscito nel 1995 e divenuto subito un caso cinematografico, offre un durissimo spaccato della vita nelle banlieue parigine.
In Italia la deriva hip hop assume, invece, una piega comico-parodistica. I Manetti Bros. con Zora la vampira ne intercettano il mood declinandolo in una periferia romana in cui i buoni sono i writer e i rapper della scena underground. Colonna sonora ad hoc che raccoglie molti nomi di punta del rap italiano, da Frankie Hi-NRG MC a Neffa e ai Sottotono.
Meno ispirato, Il segreto del giaguaro, incentrato su Tommaso Zanello, in arte Piotta, rapper romano che si cuce addosso un film rivolto nostalgicamente agli anni '70 e alle mode coatte.
Che l'interesse intorno alla scena tricolore sia vivo ancora oggi lo dimostrano due pellicole che provano a raccontare il fenomeno italico: Numero Zero, il film, documentario di Enrico Bisi che indaga sugli anni '90, epoca d'oro dell'hip hop made in Italy, e Street Opera, pellicola del fiorentino Haider Rashid, che racconta il genere musicale avvalendosi della collaborazione di cinque narratori d'eccezione, i rapper Clementino, Gué Pequeno, Danno, Tormento ed Elio Germano, acclamato attore e leader della band Bestierare.