Recensione Psycho (1960)

Il film che ha concretizzato l'estetica del delitto e consacrato Norman Bates ad icona dei successivi slasher movies: le inquietanti e irresistibili simmetrie di 'Psycho'.

Cinefrenia

Difficile dire chi siano i protagonisti di Psycho, diretto da Alfred Hitchcock nel 1960 e tratto dal romanzo omonimo di Robert Bloch. Negli anni successivi Norman Bates sarebbe diventato un'icona tra le più importanti del genere horror. Se si parla di serial killer e di cinema, ancor prima di nominare Hannibal Lecter o Michael Myers, si fa il suo nome: Norman Bates. Ma Norman, magistralmente interpretato da Anthony Perkins, non è il vero protagonista di Psycho che è una sorta di incrocio in cui si scontrano le storie, le vite di pochi personaggi. Come nei titoli di testa - creati da Saul Bass - i nomi degli attori si dividono in più parti, si disgregano fin quasi a perdere riconoscibilità, così accade per i personaggi del film: la schizofrenia che scinde la personalità di Norman in due voci e in due menti completamente opposte, sembra arrivare a stritolare con i propri tentacoli anche gli altri protagonisti, la storia e persino i colori: il bianco e il nero - voluti - che convivono in contrasti taglienti di buio e luce e che si alternano sul teschio della signora Bates. Marion Crane è una brava ragazza come tante, ha un lavoro dignitoso come impiegata che svolge con serietà.

Marion Crane un pomeriggio, seduta alla sua scrivania, decide di rubare una grossa somma di denaro che le è stata affidata dal suo datore di lavoro e decide di scappare via. Psycho racconta, più che l'ossessione di Norman per sua madre, la possibilità che ognuno di noi ha di disgregarsi, almeno una volta nella vita, in più personalità, tramite un impulso. Per Marion Crane sarà l'ultima occasione nella vita. I suoi progetti, le sue incertezze, le sue personalità e soprattutto il suo corpo saranno consegnati alla storia del cinema sotto una doccia, in una scena che si compone di innumerevoli inquadrature; una scena di cui in seguito si potranno riconoscere cloni più o meno autorevoli in altri film.
E dalla scena della doccia, un omicidio annunciato sin dall'arrivo di Marion al Bates Motel da una curiosa, grottesca coincidenza (Crane, il cognome di Marion, in inglese indica un uccello acquatico simile alla gru e Norman Bates ha il discutibile hobby della tassidermia, la sua casa è piena di uccelli imbalsamati) il film si sdoppia e diventa la storia di Norman e Mamma. Il tema della schizofrenia che diventa arte e si offre al pubblico in un gioco di simmetrie inquietanti che sembra protrarsi all'infinito: prima le due Marion. Poi le due storie, oserei dire i due film e poi Norman Bates, timido gestore di un motel sperduto e sua madre; ma Marion Crane è un'unica persona, Psycho è un unico film ed anche Norman e sua madre sono la stessa persona. E l'inquadratura finale del teschio della signora Bates, sovrapposta in maniera quasi impercettibile sul sorriso inquietante di Norman, ne è la conferma.

Movieplayer.it

5.0/5