Elio. Oliver. Una storia d'amore, infuocata e improvvisa, lunga un'estate. Una storia fatta di colpi di fulmine, corteggiamenti, letture, bagni nell'acqua gelida e corse in bicicletta. Se c'è un film che è riuscito a raccontare il fuoco della passione attraverso sguardi, odori, sensazioni e l'assoluta, normale quotidianità, quello è Chiamami col tuo nome, che ha visto Luca Guadagnino come uno dei protagonisti nella notte degli Oscar 2018 (purtroppo vincendo unicamente il premio alla migliore sceneggiatura nonostante quattro nomination, tra cui miglior film e miglior attore protagonista). Terzo capitolo di una trilogia tematica del regista (dopo Io sono l'amore e A bigger Splash), il film scritto anche da James Ivory e tratto dal romanzo omonimo di André Aciman riesce davvero, in tutta la sua raffinatezza e delicatezza, a portare su schermo il desiderio. Un desiderio teso che troverà sfogo unicamente nell'ultima parte di film, ma che rimane tale fino al finale catartico. Perché in quell'ultima telefonata con Oliver e in quel lungo primo piano di Elio davanti al fuoco mentre scorrono i titoli di coda si trova il significato del finale del film: un inno alla passione e alle emozioni, ma anche alla vita stessa.
Un'estate da qualche parte nel Nord Italia
Somewhere in Italy: inizia con questa didascalia il film di Guadagnino anche se, noi italiani, riconosciamo subito la città di Crema. Va però sottolineato come l'assenza di una città precisa, almeno sulla carta, sia essenziale per la riuscita del film. La storia di Elio, un ragazzo di 17 anni che vive con la famiglia in una villa di campagna ospitando ogni anno uno studente straniero impegnato nella redazione della tesi di dottorato, è una storia che, in realtà, appartiene un po' a tutti noi. È la storia delle cotte estive, delle storie d'amore che durano tre mesi all'anno, di amori che bruciano l'anima e bruciano in fretta, in attesa di ricominciare la vita vera. L'estate diventa quindi una stagione che si apre e si chiude in sé stessa, una parentesi esistenziale che acquisisce le dimensioni di un romanzo (non è un caso che tutti i personaggi principali del film siano colti e si vedano spesso intenti a leggere libri, anche scritti in lingua straniera) e che presuppone un cambiamento definitivo nella visione del mondo e nella vita stessa di chi la vive nel migliore dei modi. Spesso nella letteratura e nel cinema, l'estate è la stagione dei cambiamenti, degli ormoni impazziti, dei ricordi nostalgici a cui si volge uno sguardo affettuoso nonostante tutto. Pensiamo ai ragazzini di IT, a quelli di Stand by me, agli amori in Mektoub my Love, giusto per rimanere in tema: vite che si trasformano e cambiano nel giro di poco tempo. Non fa eccezione Elio che, nonostante sia in una relazione con una sua coetanea, perde la testa per Oliver, lo studente americano che il padre ha invitato. L'assenza di un luogo preciso in cui è ambientata la vicenda (il nord Italia, campagna) e la mancanza di un vero e proprio anno di riferimento (nonostante si possa intuire dai titoli dei giornali, dai vestiti e dalle auto che siamo agli inizi degli anni Ottanta) rende il film atemporale, come a voler dire che questa storia d'amore e passione estiva può accadere in ogni tempo e in ogni luogo. A chiunque.
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Acqua dove bagnarsi
Nell'aria il polline che danza, i fiori che cadono, le mosche che si posano sugli oggetti e sui corpi. Il vero capolavoro del film sta nell'atmosfera che riesce a ricreare. Un'atmosfera in cui si riesce a percepire la campagna, il sole, il caldo, il tempo rilassato e trascorso senza pensieri dei mesi estivi. Non solo il piacere della visione, ma anche l'attenzione al sonoro contribuisce a creare una vera e propria esperienza sensoriale: i grilli, lo scorrere dell'acqua, gli uccelli, tutto nella dimensione bucolica del film è motore della passione che lega i due protagonisti. Non per niente è il mondo in cui sono immersi che li spinge, via via, ad aprirsi l'un l'altro, a smettere di tenere nascosta la loro tensione sessuale, a catalizzare le attenzioni e dare il via a un ballo erotico dei corpi. E proprio il corpo è l'elemento essenziale che si mostra proprio in virtù della dimensione estiva della vicenda. Spesso i protagonisti sono scalzi, rimangono in costume da bagno, interagiscono con gli altri senza maglietta (o con la camicia aperta) mostrandone il corpo (Oliver, a un certo punto, approfitta di una ferita all'altezza dello stomaco per mostrare continuamente il corpo a Elio). Un corpo che, nel caso di Elio, è un corpo magro e costantemente in torsione, come le statue che suo padre e Oliver studiano attraverso le diapositive. È il corpo di un ragazzino in preda agli ormoni (finisce di fare l'amore con Marzia e nella scena dopo lo vediamo di nuovo pronto) che già si sente adulto, ma non lo è del tutto. Di contro, Oliver è l'adulto grosso e responsabile che (ri)scopre, invece, la fanciullezza. Ed è curioso a questo proposito notare il gioco dei corpi in movimento che fa Guadagnino in varie scene: il modo in cui si tuffano e si lasciano bagnare, ma anche - e soprattutto - il modo in cui ballano. Ci sono due scene di ballo nel film, entrambe usano la stessa canzone: la prima, poco dopo l'inizio, in cui Oliver ed Elio ballano per farsi notare, per corteggiarsi in qualche modo implicito; la seconda verso il finale quando a Bergamo Oliver balla davanti al portone di una chiesa ed Elio si limita ad osservarlo poco prima di vomitare. Due balli che simboleggiano l'esplosione dell'amore e il presagio della fine della relazione. Il giorno dopo, infatti, Oliver tornerà in America e le loro strade si separeranno. Nel mezzo c'è un'estate indimenticabile.
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Fuoco dove scaldarsi
La neve prende il posto del polline, il giallo del sole lascia spazio al blu dell'inverno. Si capisce subito, da pochissime immagini, che l'estate è passata e finita - ci riferiamo all'atmosfera che invece si percepiva nel resto del film -, così come l'innamoramento di Elio nei confronti di Oliver. Ma una telefonata, circoscritta come il fuoco del camino (l'unica luce calda presente in quella scena finale), fa riaccendere vecchi ricordi. È Oliver che annuncia alla famiglia di Elio il suo matrimonio con una ragazza americana. I due amanti si salutano un'ultima volta al telefono chiamandosi col proprio nome, quasi a chiudere definitivamente un cerchio iniziato allo stesso modo. All'arrivo di Oliver in casa, mesi prima, i due si erano presentati stringendosi la mano. I loro nomi, ognuno pronunciando il suo, sono state le prime parole scambiate. Qui accade lo stesso, ma a significato rovesciato: "Chiamami col tuo nome e io ti chiamerò con il mio", un gioco che sanciva il legame segreto tra i due, non più una presentazione, ma una comunione di identità. Non c'è dubbio, infatti, che la relazione sia stata un evento importante nella vita di entrambi e che trascende i discorsi sull'orientamento sessuale dei protagonisti. Il punto focale del film è l'amore. È il sentimento, il desiderio, la voglia, l'attrazione, il piacere: è tutte queste cose e l'invito a non reprimere nessuna emozione che sembra voler fuoriuscire dal petto e dal cuore contro la volontà (non è un caso che nel film si cita uno dei poeti latini più romantici in assoluto, ovvero Catullo). Vale lo stesso, come ha modo di dichiarare ad Elio suo padre, per le emozioni tristi. Ecco l'acqua che si contrapponeva al fuoco della passione e degli ormoni nei mesi estivi, l'acqua gioiosa dove farsi i bagni, diventa l'acqua dei pianti e della nostalgia. Il fuoco non è più interno ad Elio, ma fuori da lui, fisico, tangibile. Nel finale, quel volto di Elio segnato dalle lacrime davanti alla luce calda, al ricordo di quell'estate, alla rassegnazione di una voracità amorosa ormai consumata e conclusa, si trova tutto il significato del film: è giusto amare, è giusto piangere, è giusto vivere attraverso le emozioni (e quante ce ne ha date questo film proprio grazie all'atmosfera che è riuscito a creare?).
Strappiamo via così tanto di noi stessi per guarire in fretta dalle ferite, che finiamo in bancarotta a trent'anni e abbiamo meno da offrire ogni volta che troviamo una persona nuova. Ma forzarsi a non provare niente per non provare qualcosa, che spreco!