Se all'estero Luca Guadagnino ha ormai una fitta schiera di appassionati, la critica italiana non sempre ha apprezzato il suo stile estetizzante e distaccato. Chiamami col tuo nome potrebbe essere il film che mette d'accordo tutti. Per raccontare la relazione sentimentale tra un adolescente americano che vive nell'Italia del Nord nei primi anni '80 e un connazionale, studente universitario, in visita in Italia per l'estate per preparare la tesi di dottorato, Guadagnino ha messo da parte i suoi vezzi autoriali realizzando una pellicola elegante, misurata e malinconica. Lontano dagli eccessi grotteschi di A Bigger Splash, Chiamami col tuo nome affonda le radici nel romanzo omonimo di André Aciman pubblicato nel 2007. Per tradurre il libro in immagini, Guadagnino si è avvalso della collaborazione di Walter Fasano e del grande James Ivory, che ha fornito un contributo fondamentale nel passaggio dal libro al film.
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Sarà merito dell'influenza positiva del grande maestro americano o del tema autobiografico dell'amore omosessuale, sta di fatto che Chiamami col tuo nome è un film che brilla per equilibrio e delicatezza. Luca Guadagnino non si lascia tentare dalla frenesia dei ritmi moderni e si prende tutto il tempo necessario per sviluppare la genesi di una storia d'amore che è, al tempo stesso, un intenso romanzo di formazione e un viaggio alla scoperta del proprio io condiviso dai due protagonisti, Oliver ed Elio, e di riflesso dalle persone che ruotano attorno a loro. L'estate pigra e soleggiata della campagna lombarda è il teatro ideale per questo incontro, questa progressiva conoscenza fatta di lunghe pedalate in bicicletta, di tuffi in piscina, di nuotate nell'acqua gelida dei laghi, di scoperte e di prime volte.
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In Italia, lontano dall'Italia
Elio, il protagonista attraverso il cui sguardo è filtrata tutta la vicenda, è un adolescente americano di origine ebrea. Il padre, che ha il volto saggio di Michael Stuhlbarg, è un professore universitario stabilitosi in Italia per fare ricerca, mentre la madre (Amira Casar) è una donna bella, languida e liberale che sembra uscita da un film di Bernardo Bertolucci. E il Bertolucci di Io ballo da sola è senza dubbio fonte d'ispirazione primaria per Luca Guadagnino e per la sua comunità di intellettuali cosmopoliti e anticonformisti che si gode il sole e le bellezze italiche senza essere toccata dalle problematiche di un paese sull'orlo della crisi. Curiosamente, come è già capitato nelle precedenti pellicole del regista siciliano, gli unici italiani che compaiono nel film sono figure al limite del caricaturale, ignoranti, sguaiati, gretti. Il regista li dipinge intenti a parlare a voce alta gesticolando e polemizzando sulla politica di quegli anni, da Craxi al Pentapartito. Luca Guadagnino sembra sposare, piuttosto, il punto di vista degli stranieri più colti, cortesi, portatori di saggezza e profondità.
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Al netto di qualche stereotipo di troppo, il regista limita l'esplorazione dei personaggi secondari per concentrarsi sui suoi protagonisti, Elio e Oliver. Tutte le figure di contorno sono funzionali all'evolversi del loro rapporto, dalle amiche di Elio che, con i loro comportamenti disinibiti, non fanno che alimentare la scintilla tra i due giovani, ai suoi genitori, testimoni silenziosi, ma mai inconsapevoli, dell'infatuazione che il figlio prova nei confronti di Oliver. Se vogliamo cercare un terzo protagonista della storia dobbiamo puntare lo sguardo sulla campagna lombarda, sui prati, sui laghetti, sui sentieri ideali per andare in bicicletta, sulle montagne o nella piazza del paesello invasa dal sole. Oppure basta volgere lo sguardo alla grande casa di campagna in cui Elio vive coi genitori, nel grande giardino con piscina, nelle sue stanze un po' decadenti o negli anfratti in cui si consumano gli incontri amorosi tra Elio e Oliver.
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L'amore nel tempo sospeso
Chiamami col tuo nome è ambientato nell'estate del 1983, ma la scelta di allontanarsi dalla città permette al regista di ricostruire un tempo sospeso dal sapore antico. La campagna lombarda è un mondo senza tempo in cui i ragazzi scorrazzano liberamente giorno e notte, un'oasi idilliaca di libertà e pace. Già in precedenza Luca Guadagnino ha dimostrato di subire la fascinazione del passato. Chiamami col tuo nome si trasforma, così, nell'esplorazione di un mondo antico in cui tutto è semplice e immediato, in cui uno studente americano può mettersi a ballare all'improvviso sul sagrato di una chiesa in piena notte sulle note di Love My Way degli Psychedelic Furs come se fosse la cosa più naturale del mondo.
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Va detto che, al di là delle differenze tematiche, Chiamami col tuo nome conferma la visione della società proposta da Luca Guadagnino nei precedenti lavori. Il regista torna a indagare sui comportamenti di quell'alta borghesia anglosassone distaccata dal quotidiano, protetta in una bolla di arte, cultura, bellezza e agio economico che le permette di concentrarsi su se stessa, sui propri bisogni e sui propri sentimenti passando il tempo a oziare. Stavolta, però, questo sguardo vitreo e distaccato trova un punto di contatto nel sentimento più universale di tutti, l'amore. Guadagnino riesce a far vibrare le corde più intime dipingendo l'incontro tra due anime diverse eppure affini. Elio, il figlio modello, l'adolescente alla scoperta del sesso che esplora le proprie pulsioni, e Oliver, l'universitario maturo e disinvolto. Una scena per tutte, il momento in cui, di fronte al monumento ai caduti del Piave, Elio si dichiara ad Oliver. Lo stesso Oliver, dopo un primo tentativo di resistenza, di fronte al giovane amante si rivelerà più fragile e coinvolto del previsto. Un plauso ad Armie Hammer, capace di mettersi a nudo in un ruolo non facile che ne valorizza la maturazione attoriale.
Movieplayer.it
4.0/5