Il ministro Bondi sembra fare il verso alla famosa scena di Non ci resta che piangere e chiede un contributo unico di 1 euro per ogni spettacolo cinematografico. Può essere davvero una soluzione per aiutare il cinema italiano?
Sembra proprio una battuta questa nuova proposta di legge dal governo, la cosidetta "tassa sul cinema", che, se legge dovesse diventare, a partire dal prossimo 1 luglio e per i 30 mesi successivi vedrebbe i biglietti cinematografici aumentare per tutti gli schermi (ma non per le sale parrocchiali) della somma di un euro: sia che si tratti di multiplex o sale d'essai, seconde visioni come proiezioni in 3D, l'obolo da versare sarà sempre lo stesso.
Tutto questo per fornire una parziale soluzione ai problemi dei tagli effettuati negli ultimi due anni al settore Cultura e Spettacolo e in particolare al Cinema e all'abolizione delle agevolazioni fiscali che fino a qualche tempo fa erano previste per alcuni prodotti cinematografici nostrani.
Si tratterebbe di una soluzione che non ha precedenti in Europa e che andrebbe a danneggiare (invece che sostenere) il prodotto cinematografico alla "fonte", lasciando indisturbati i successivi media (TV, homevideo, streaming online) che propongono le pellicole qualche tempo dopo. Una tassa di lusso quindi che va a colpire quei "pochi" che ancora frequentano le sale, e soprattutto andrebbe a danneggiare non tanto coloro che al cinema vanno solo nelle occasioni speciali (Natale, Pasqua ed altri festivi, il più delle volte per vedere film di richiamo proprio italiani) ma proprio quei cinefili che permettono a molte sale più piccole di sopravvivere nelle province e nelle città italiane.
Il motivo di questa scelta da parte del governo non è certo difficile da intuire: dopo due anni di contestazioni e manifestazioni (ricordiamo ancora tutti quella della prima serata del Festival di Roma) contro quei tagli sconsiderati, il ministro Bondi riesce così ad accontentare coloro che lamentandosi facevano più rumore e a passare letteralmente la patata bollente a tutti coloro che più o meno silenziosamente criticavano questa disattenzione del governo verso il mondo del cinema: detto molto banalmente, è il più classico dei "Volete davvero aiutare il cinema, benissimo, allora contribuite voi per primi".
Non è certo un caso che questa proposta di legge arrivi proprio adesso (un primo tentativo era stato fatto a dicembre), quando gli incassi cinematografici in Italia (soprattutto grazie a molte pellicole italiane, in particolare Benvenuti al sud e Che bella giornata) stanno raggiungendo numeri record; se gli esercenti se la stanno passando bene e i distributori altrettanto, perché il governo non dovrebbe poterne approfittare? Certo, Bondi ha assicurato che "i proventi dell'aumento del prezzo del biglietto sono destinati interamente alla produzione cinematografica" ed è una cosa che ci rallegra, ma come eventualmente si affronterebbe un nuovo problema come quello, purtroppo plausibilissimo, di una ricaduta nella crisi proprio nel momento più prospero?
Consumatori, esercenti, distributori sono già pronti ad indire scioperi e ricorsi, alcuni circuiti cinematografici come UCI e The Space Cinema minacciano addirittura di non proiettare più film di casa nostra, ma il pericolo più grande è certamente che questo periodo di rinnovato idillio tra spettatori italiani e cinema possa finire proprio sul più bello causando danni non solo culturali e sociali (che sappiamo non essere mai stati una priorità per questo governo), ma anche e soprattutto economici.