In un film in cui quasi ogni scena è intrisa, a suo modo, di una carica sessuale più o meno esplicita, un singolo momento risulta particolarmente significativo per definire i rapporti fra il terzetto di protagonisti di Challengers. Si tratta della fase culminante del lungo flashback ambientato nell'estate del 2006, nella notte che segue il primo incontro fra due giovani tennisti di belle speranze, Patrick Zweig e Art Donaldson, amici fin dalla preadolescenza, e Tashi Duncan, astro nascente del tennis, già corteggiata da sponsor attirati da una carriera a dir poco promettente. Dopo aver bussato alla porta della camera d'hotel condivisa da Patrick e Art, la diciottenne Tashi si inserisce fra i due ragazzi e, alla vigilia del match che li vedrà uno di fronte all'altro, li trascina in un potenziale ménage à trois, con uno scambio di effusioni sul bordo del letto, ma con Tashi sempre in posizione centrale.
In questa prima esplosione di erotismo, Patrick e Art cominciano a baciarsi; ma la cinepresa di Luca Guadagnino, anziché restare sui due ragazzi, inquadra in primo piano Tashi, che ha il volto della star di Euphoria Zendaya. E quel volto, impegnato a contemplare il bacio fra i due amici, si illumina di un sorriso di trionfo: Tashi non è più al centro delle loro attenzioni, ma la passione che sta travolgendo Patrick e Art è per lei un'evidente, suprema fonte di piacere. Per certi versi, è come un'epifania: Tashi, oggetto dell'irrefrenabile desiderio dei personaggi interpretati da Josh O'Connor e Mike Faist, vive in funzione della passione che si sprigiona davanti ai suoi occhi. E dal sesso, questo assioma si proietta sullo sport: la più profonda ragion d'essere del ruolo incarnato da Zendaya è assistere a "some good fucking tennis", com'è lei stessa a ribadire a chiare lettere. E il sesso, appunto, può essere la chiave per dare sfogo a tale passione.
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Il melodramma sportivo di Luca Guadagnino
Interrompendo bruscamente il vagheggiato triangolo amoroso (il piacere, in Challengers, non viene mai consumato appieno; non sullo schermo, perlomeno), Tashi innesta un connubio fra il desiderio dei due ragazzi e il gioco del tennis: chi vincerà la partita dell'indomani avrà in premio il suo numero di telefono, e dunque la possibilità di frequentarla. Un match che per i due amici sembrava privo d'importanza si trasforma così nel casus belli in grado di aprire una frattura insanabile in un'amicizia decennale: nel successivo flashback scopriremo infatti che Tashi, iscrittasi all'università, ha iniziato una storia a distanza con Patrick, ma il loro legame ha innescato una sotterranea gelosia in Art, ancora innamorato di lei. In apparenza docile e remissivo, il biondo tennista con i tratti efebici di Mike Faist coltiva la segreta speranza di strappare Tashi al suo miglior amico, a costo di manipolarli con mezze verità; e quando Patrick esprime la propria frustrazione per il fatto che perfino a letto Tashi parli di tennis, quest'ultima si allontana di colpo da lui per convergere sullo spasimante in attesa.
Impostosi negli ultimi quindici anni come uno degli alfieri del melodramma contemporaneo, da Io sono l'amore al nuovo classico omoerotico Chiamami col tuo nome, in Challengers Luca Guadagnino riadatta temi e stilemi del mélo a un racconto sportivo nato dalla penna del drammaturgo americano Justin Kuritzkes (che ha adattato anche il romanzo Queer di William S. Burroughs per la prossima pellicola del regista palermitano). Il ménage à trois, la femme fatale divisa fra due uomini, i tradimenti (in amore e in amicizia) e i ritorni di fiamma diventano pertanto i binari di una narrazione che, dall'ingresso dei tre protagonisti nell'età adulta, scorre in direzione del presente, nel 2019: la finale di un torneo di qualificazioni per gli US Open che, nella modesta cornice di New Rochelle, nella provincia dello Stato di New York, vede ancora una volta sui lati opposti del campo Art e Patrick, ormai acerrimi rivali e in due fasi della loro esistenza che non potrebbero essere più diverse.
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Pensiero stupendo: amici, rivali, amanti
L'Art di Mike Faist è il 'cavallo' su cui ha puntato Tashi, sua coach prima ancora che essere sua moglie, trasferendo su di lui le ambizioni che, per la giovane, si erano frantumate all'improvviso in seguito a un infortunio al ginocchio. Eppure, nel 2019 Art non è più un cavallo vincente, bensì un ex-campione reduce da una lunga serie di sconfitte sul campo e in cerca di un riscatto a cui lui per primo non crede del tutto; e Tashi, che ancora brucia di passione per il tennis, non può accettare di scendere a un simile compromesso. Al contrario, il Patrick di Josh O'Connor a quell'ambizione continua ad aggrapparsi furiosamente: ora più che mai, da professionista mancato alle soglie dell'ultima occasione per la svolta a lungo agognata. Il duello fra i due tennisti si tinge così di sfumature al contempo epiche ed erotiche (ma per Guadagnino, i due termini non possono che coincidere), in un crescendo di tensione scandito dalla soundtrack elettronica di Trent Reznor e Atticus Ross.
Parafrasando il titolo di uno dei più celebri libri di David Foster Wallace, Challengers si propone come un irresistibile saggio sul tennis come esperienza erotica: regole e linguaggio dello sport, declinati da Guadagnino e dal direttore della fotografia Sayombhu Mukdeeprom in una messa in scena di abbacinante frenesia, sono ricondotte a metafora e specchio delle relazioni amorose, laddove le leggi dell'attrazione e le dinamiche di potere confluiscono in una singolar tenzone in cui i rapporti vengono ridefiniti e ribaltati costantemente. Ma più che un film sul tennis, Challengers è un modernissimo, avvincente melodramma che aderisce appieno all'intensità vorace dei suoi personaggi: anime e corpi travolti da una tempesta di vento come Paolo e Francesca (ma sulle note di Pensiero stupendo di Patty Pravo) e lanciati verso un match point che questa coppia di nemici/amanti vivrà come il più feroce e gioioso degli amplessi.