Remake del commedia argentina del 2015 Se permetti non parlarmi di bambini (da cui è stato tratto anche il nostrano Ti presento Sofia con Fabio De Luigi), la messicana C'è solo un problemino (in originale Sin Hijos) ricalca nella sua quasi totalità la storia a cui si ispira, dalla caratterizzazione dei personaggi fino alle svolte della trama, aggiungendo solo qua e là qualche spruzzata di messicanità per giustificare un po' il cambiamento di ambientazione. Come vedremo in questa recensione di C'è solo un problemino, appena arrivato su Netflix, il film diretto da Roberto Fiesco non è nulla di particolarmente memorabile né divertente: un po' troppo infarcito dei cliché più comuni del genere romantico e (anche se non si conosce il film del 2015) decisamente prevedibile nello sviluppo. Capace di farci passare una serata piacevole senza troppe pretese sì, ma colpevole di non approfondire a dovere alcuni dei temi che tocca, che invece fungerebbero da spunto per riflessioni interessanti. D'altronde nemmeno l'originale aveva fatto questo sforzo, quindi non ci stupiamo che nemmeno in questo caso si sia cercato di fare quel passo in più, limitandosi a riproporre ciò che aveva funzionato (nemmeno poi così bene) la prima volta.
Quando all'amore della tua vita non piacciono i bambini
Fidel (Alfonso Dosal) è un uomo divorziato, single, che gestisce il negozio di musica che gli ha lasciato suo nonno. Se c'è qualcosa che può veramente definirlo, però, è il fatto di dedicare gran parte delle sue giornate a sua figlia Ari (Francesca Mercadante), che adora: come vediamo all'inizio del film, nemmeno durante un appuntamento (combinatogli a tradimento da una coppia di amici) riesce a smettere di parlare di lei. Le cose cambiano, però, quando incontra Marina (Regina Blandón), una donna affascinante rispuntata dal suo passato dopo aver passato gran parte della vita viaggiando come fotografa. I due sono subito attratti l'uno dall'altra sia a livello fisico che mentale, e la passione non tarda ad esplodere. Peccato che ci sia un piccolo problema: Marina odia i bambini. Non solo non vuole averne, ma fatica a sopportarne la presenza in qualsiasi situazione (si giustifica affermando che l'antipatia è assolutamente ricambiata). Fidel si trova quindi costretto a nasconderle l'esistenza della piccola Ari, peccato che essendo un elemento così importante nella sua vita la cosa non sia affatto facile: inizialmente basterà nascondere le sue cose quando Marina lo viene a trovare (e Ari resta dall'ex moglie, risposatasi e nuovamente incinta) ma con il tempo la situazione si fa sempre più complicata. Al punto da spingere Ari a presentarsi a Marina come se fosse la sorellina più piccola di Fidel.
Genitori e figli
I rapporti tra genitori e figli sono ovviamente al centro di questa storia, sia per quanto riguarda quello tra Ari e Fidel, ma anche quello tra quest'ultimo e suo padre Bernardo, che lo ha abbandonato da piccolo e ora vorrebbe rinsaldare i rapporti. Se la "fuga" di Bernardo si incastra perfettamente nel topos dell'uomo immaturo che non vuole figli e che non vuole rinunciare ai suoi sogni (in questo caso quello di diventare un cantante famoso), Marina è l'elemento di disturbo che ribalta le carte in tavola: una donna - bella, intelligente ed in carriera - che sceglie volontariamente di non fare figli, semplicemente perché non c'è spazio nella sua vita e preferisce dedicarsi ad altro. Assolutamente legittimo e, dal punto di vista narrativo, spunto per interessanti riflessioni: peccato che il film di Roberto Fiesco si limiti a caratterizzare Marina come una donna che non ama i bambini, non andando tanto più in là di così. Con il proseguimento della narrazione poi, tra un equivoco ed un colpo di scena, le sue convinzioni verranno (fin troppo) velocemente messe in dubbio. Il tipo di sviluppo che avrà la storia - trattasi, lo ribadiamo, di una commedia romantica - è assolutamente prevedibile, ma sarebbe stato interessante cercare di scavare un po' di più nel vissuto e nell'emotività di Marina, non tanto per giustificare o meno le sue scelte di vita, ma semplicemente per comprenderla meglio e renderla così un personaggio più a tutto tondo.
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Manca quel qualcosa in più...
La superficiale caratterizzazione dei personaggi - tanto dei protagonisti come di quelli secondari, che restano sempre abbozzati e sullo sfondo - è piuttosto evidente. Il carisma di Alfonso Dosal, Regina Blandòn e soprattutto quello della piccola Francesca Mercadante riesce comunque a rendere la visione piacevole, anche se - pure in questo caso - fare quel qualcosina in più non avrebbe guastato. C'è solo un problemino come dicevamo è una pellicola senza troppe pretese con cui passare una piacevole serata; la scelta, però, di non esplorare certi temi (ad esempio la scelta di una donna di non avere figli semplicemente perché non ne vuole) fa sì che il potenziale del film sia comunque piuttosto limitato. A questo punto, forse, qualche risata in più avrebbe decisamente giovato.
Conclusioni
Come abbiamo visto nella nostra recensione di C’è solo un problemino, la commedia messicana disponibile su Netflix è un film senza troppe pretese capace di farci passare comunque una piacevole serata. Peccato che non si sia fatto quel passo in più per esplorare certi temi interessanti che ne avrebbero fatto una pellicola di un altro spessore.
Perché ci piace
- Le premesse sono interessanti, soprattutto il fatto che una delle protagoniste sia una donna che ha scelto di non avere figli.
- Gli interpreti principali funzionano bene nel ruolo…
Cosa non va
- …ma i loro personaggi potevano essere meglio caratterizzati.
- Non si approfondiscono i temi che invece avrebbero meritato più spazio.
- Per essere una commedia divertente non fa poi così tanto ridere.