Penso ancora che il cinema sia davvero interessante. Per me vedere un film, vedermi mostrare una storia con attori che ammiro o attori che non conosco, è sempre una scoperta.
La genuina cinefilia di un'attrice come Catherine Deneuve non dovrebbe sorprendere nessuno, perlomeno fra chi conosce la sterminata e variegatissima filmografia della diva francese. In oltre mezzo secolo di carriera, infatti, la Deneuve - al secolo Catherine Dorléac - ha scelto di farsi dirigere da alcuni dei più grandi registi di sempre (perfino Alfred Hitchcock, poco prima di morire, era in procinto di ingaggiarla) e di mettere la propria fama al servizio di autori innovativi quali Agnès Varda, Marco Ferreri, Manoel de Oliveira, Raúl Ruiz, Leos Carax, Philippe Garrel e Lars von Trier, al quale Catherine stessa scrisse una lettera appassionata dopo aver visto Le onde del destino (il cineasta danese l'avrebbe poi scritturata nel suo film successivo, Dancer in the Dark).
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Belle toujours: Catherine Deneuve, una carriera da Première Dame
E al parterre di acclamati registi che hanno collaborato con Catherine Deneuve sta per aggiungersi anche il maestro giapponese Hirokazu Koreeda, che l'ha scelta come co-protagonista della sua prossima pellicola, The Truth About Catherine, al fianco di Juliette Binoche ed Ethan Hawke. La Deneuve, insomma, non si è mai accontentata di diventare soltanto una sex symbol, benché fin dagli anni Sessanta sia stata considerata un modello di fascino ed eleganza, ma ha spesso spinto il proprio talento verso territori inesplorati: talvolta recitando in film trasgressivi e iconoclasti, talaltra giocando con la sua stessa immagine divistica. E se, pure in virtù del suo legame con Marcello Mastroianni, si è lasciata corteggiare dal cinema italiano (Dino Risi, Sergio Citti, Mario Monicelli), in casi più rari ha risposto al richiamo di Hollywood: un film su tutti, quel Miriam si sveglia a mezzanotte del 1983 destinato a diventare un piccolo cult horror, in cui vestiva i panni di una seducente vampiressa bisessuale accanto a Susan Sarandon e David Bowie.
Sulla propria celebrità Catherine Deneuve, notoriamente schiva e molto refrattaria a mettere in mostra la propria vita privata, è stata la prima a ironizzare: "Per anni sono stata una grande star in Francia e in Europa, ma negli Stati Uniti mi definivano ancora una starlette sulle riviste e nelle foto... è stato Chanel (marchio di cui era testimonial) a portarmi in America. Prima di allora, ero conosciuta solo come la compagna di Mastroianni, o dagli spettatori cinefili o dagli omosessuali". Ormai, comunque, il nome e il volto di Madame Deneuve fanno parte di molte fra le pagine più importanti nella storia della settima arte... e alcune di queste pagine vogliamo tornare a sfogliarle proprio oggi, in occasione del settantacinquesimo compleanno dell'attrice, ripercorrendo le varie fasi della sua straordinaria carriera attraverso sette tra i film più significativi che ha interpretato.
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1. Les parapluies de Cherbourg (1964)
È una Catherine Deneuve a malapena ventenne a offrire il volto (ma solo in parte la voce) a Geneviève Emery, commessa in un negozio di ombrelli nella cittadina di Cherbourg, in Normandia, innamorata del giovane meccanico Guy Foucher (Nino Castelnuovo), che sarà costretto però a partire come militare in Algeria. Dolcissimo e malinconico musical di Jacques Demy, ricompensato con la Palma d'Oro al Festival di Cannes 1964 e con cinque nomination agli Oscar, Les parapluies de Cherbourg si impone come un film fondamentale per l'evoluzione del genere musicale e contribuisce a lanciare la Deneuve (doppiata nelle canzoni da Danielle Licari) fra le nuove star del cinema europeo. Catherine, insieme alla sorella Françoise Dorléac, tornerà a farsi dirigere da Demy tre anni dopo in un altro musical fortunatissimo, Les demoiselles de Rochefort (distribuito in Italia come Josephine).
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2. Repulsion (1965)
È un personaggio completamente diverso quello a cui, un anno più tardi, Catherine Deneuve dà vita in Repulsion, thriller psicologico scritto e diretto da Roman Polanski e interamente costruito attorno alla figura di Carol Ledoux, manicurista in preda a paure e ossessioni. Dal candore e l'innocenza di Geneviève alla progressiva, inesorabile discesa verso la follia di Carol, fra allucinazioni e scoppi di violenza dentro le pareti di un appartamento londinese: in Repulsion la Deneuve si produce in una delle sue migliori performance, dimostrando un poderoso talento drammatico e reggendo sulle proprie spalle il peso di tutto il film.
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3. Bella di giorno (1967)
Dopo Roman Polanski, un altro gigante del cinema mondiale, lo spagnolo Luis Buñuel, regala a Catherine Deneuve un ruolo leggendario, a cui la sua immagine resterà per sempre legata: Séverine Serizy, moglie del medico Pierre (Jean Sorel), la quale decide di sottrarsi al grigiore della propria routine e di dare sfogo ad una sessualità repressa trasformandosi in una prostituta d'alto bordo. Vincitore del Leone d'Oro al Festival di Venezia 1967, accolto da un enorme successo di pubblico e dall'inevitabile ondata di polemiche per il soggetto 'scabroso' e per alcuni dettagli blasfemi, Bella di giorno è uno dei massimi capolavori di Buñuel, che attorno alla bellezza raffinatissima e al magnetismo della Deneuve disegna un personaggio memorabile.
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4. Tristana (1970)
Ed è ancora Luis Buñuel, tre anni dopo, a dirigere Catherine Deneuve in un'altra parte da antologia in uno dei suoi film più apprezzati e popolari: Tristana, libera trasposizione di un romanzo di Benito Pérez Galdós, che riceverà la nomination all'Oscar come miglior film straniero del 1970. La diva francese incarna la protagonista del titolo, che alla morte del madre viene affidata alle cure di don Lope Garrido (Fernando Rey), il quale tenterà di ingabbiarla in un rapporto di sudditanza. Da figura angelica a oscuro oggetto del desiderio, la Tristana della Deneuve si tramuterà nell'epilogo in un'implacabile vendicatrice, con una gamba di legno e uno sguardo di ghiaccio, in uno dei finali più cupi e beffardi del cinema buñueliano.
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5. L'ultimo metrò (1980)
A undici anni di distanza da La mia droga si chiama Julie, Catherine Deneuve rinnova il proprio sodalizio con François Truffaut nella pellicola di maggior successo (quasi tre milioni e mezzo di spettatori solo in patria) del mitico regista: L'ultimo metrò, dramma romantico ambientato nella Parigi occupata dai tedeschi e candidato all'Oscar come miglior film straniero. La Deneuve interpreta Marion Steiner, indomita impresaria del teatro Montmartre, impegnata a portare in scena una nuova pièce mentre si divide fra la preoccupazione per il marito Lucas (Heinz Bennent), nascosto nei sotterranei del teatro, e l'attrazione per l'attore Bernard Granger (Gérard Depardieu), in un vivace intreccio fra le tragedie della storia e le passioni private. Per il suo vibrante ritratto di Marion, Catherine Deneuve si aggiudica il premio César come miglior attrice, una delle dieci statuette conquistate dal film.
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6. Indocina (1992)
Il secondo César, per Catherine Deneuve, arriverà dodici anni più tardi grazie a Indocina di Régis Wargnier, melodramma a sfondo storico che nel 1992 registra un trionfo sia in patria (oltre tre milioni di spettatori e cinque premi César) che negli Stati Uniti, dove ottiene il premio Oscar come miglior film straniero e fa guadagnare alla sua protagonista la nomination all'Oscar come miglior attrice. La Deneuve, infatti, regala un'altra prova di grande intensità nel ruolo di Eliane Devries, proprietaria di una piantagione di caucciù nell'Indocina degli anni Trenta, la quale si lascia coinvolgere in un'ardente relazione con un giovane tenente della marina francese, Jean-Baptiste Le Guen (Vincent Pérez).
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7. Potiche - La bella statuina (2010)
Nel 2010, a sessantasette anni, un'autoironica e spassosissima Catherine Deneuve si ritrova protagonista di un altro film campione d'incassi: Potiche - La bella statuina, trascinante commedia firmata da François Ozon, che l'aveva già diretta nel 2002 nel cult musicale 8 donne e un mistero, assieme ad altre superstar del cinema francese. In Potiche - La bella statuina, una Deneuve in tuta e bigodini gioca con la propria immagine divistica nella parte di Suzanne Pujol, divertendosi a passare dai panni di una moglie borghese e conformista della Francia degli anni Settanta a quelli di una grintosa imprenditrice con ambizioni politiche, divisa fra lo scorbutico marito Robert (Fabrice Luchini) e il sindacalista Maurice Babin (Gérard Depardieu), ma determinata in ogni caso a rivendicare la propria indipendenza.