Il caso Parasite: dalla Corea agli Oscar, analisi di un film epocale

Parasite, il capolavoro di Bong Joon-ho, continua a macinare record in vista degli Oscar 2020: ecco la nostra analisi di uno dei fenomeni più sorprendenti dell'annata.

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Parasite: Song Kang-ho in un'immagine del film

Che Parasite fosse avviato a diventare uno dei film più importanti e acclamati non solo dello scorso anno, ma dell'intero decennio, è apparso evidente fin dalla sua presentazione al Festival di Cannes 2019, otto mesi fa, coronata dalla vittoria della Palma d'Oro: l'entusiasmo della critica si è rivelato fin da subito pressoché unanime, con un'intensità e un'uniformità piuttosto rare (e fra gli elogi dalla Croisette si può annoverare anche la nostra recensione di Parasite). Tutt'altro che scontato, invece, era il responso che l'opera di Bong Joon-ho avrebbe ricevuto nei mesi a venire: non solo per la sua incredibile quantità di riconoscimenti, ma per la forza con cui questa black comedy proveniente dalla Corea è penetrata nell'immaginario del pubblico di tutto il globo, America inclusa.

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Il cast di Parasite premiato ai SAG Award

Approfittando del suo ritorno - il 6 febbraio - nelle sale italiane (dove in autunno aveva già registrato trecentomila spettatori) e dall'assegnazione degli Oscar 2020, per i quali è in competizione con sei candidature, proviamo dunque ad analizzare il "caso Parasite" e le dimensioni di un fenomeno tanto raro quanto sorprendente: un fenomeno che, anche in virtù di uno strepitoso passaparola, ha saputo trascendere il consueto bacino d'utenza del cinema d'autore rivelandosi uno dei film più popolari e discussi degli ultimi anni... in sostanza, uno di quei film che, con buona probabilità, supereranno a pieni voti la prova del tempo.

Un film sulla Corea che parla anche di noi

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Parasite: Woo-sik Choi durante una scena

Partiamo innanzitutto dalla pellicola stessa: una pellicola che, pure per merito di un'azzeccatissima campagna di marketing (locandine originali e intriganti, trailer che svelano il meno possibile della trama), è riuscita a giocare con la curiosità degli spettatori sfruttando dettagli e suggestioni. E non a caso uno degli aspetti-chiave nella fortunata ricezione di Parasite risiede proprio nella sua natura indefinibile: in parte affresco sociale, in parte thriller con sfumature grottesche, in parte commedia nera, il film di Bong Joon-ho non si lascia incasellare in un genere ben preciso e ribalta costantemente le attese. Questo, tuttavia, senza ricorrere a forzature narrative, ma facendo leva su una struttura drammaturgica di geometrica precisione, in cui ogni azione e ogni conseguenza risultano perfettamente motivate.

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Parasite: i membri della famiglia Kim in una scena
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Parasite: una scena del film con Yeo-Jeong Cho

Sottilmente divertente e al contempo innervato di suspense, con un ritmo spedito ma senza incorrere in superficialità o soluzioni frettolose, Parasite offre un impietoso ritratto dei rapporti tra differenti classi sociali nella Corea contemporanea, ma secondo un approccio che non lo lascia confinato in una prospettiva 'locale'. Il film di Bong affronta invece dinamiche e sentimenti universali, e se anziché in Corea fosse ambientato in Europa o in America in fondo non cambierebbe poi molto: la sua caustica disamina degli effetti del capitalismo e degli status symbol della ricchezza si potrebbe applicare tranquillamente alle più varie realtà geografiche, al punto che la HBO ne ha già acquistato i diritti per una miniserie affidata allo stesso Bong e ad Adam McKay, il regista de La grande scommessa e Vice - L'uomo nell'ombra.

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Numeri da record (e i pregiudizi sul cinema asiatico)

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Parasite: Woo-sik Choi con So-dam Park durante una scena

E la risposta del pubblico a Parasite ha decretato un successo oltre ogni previsione: non tanto in patria, dove la cifra (comunque altissima) di dieci milioni di spettatori si attesta fra gli undici milioni di The Host e i nove milioni di Snowpiercer, quanto nel resto del mondo. Ad oggi il film ha totalizzato più di centosessanta milioni di dollari e circa venti milioni di biglietti venduti: di questi, tre milioni e mezzo sono finora gli spettatori in Nord America, con trentatré milioni incassati al box office. Numeri in perenne crescita, nel pieno di una awards season che ha trasformato Parasite nell'autentico outsider dell'annata e che potrebbe portarlo a sfiorare il traguardo dei quaranta milioni, caso più unico che raro per una pellicola sottotitolata.

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Parasite: una scena del film

Per offrire un'idea delle proporzioni di tali cifre, basti pensare che tra i film stranieri il suo principale concorrente agli Oscar, Dolor y gloria, negli USA è a quota quattro milioni e mezzo; e se prendiamo in considerazione candidati e vincitori dell'ultimo decennio, i "campioni d'incassi" sono Una separazione (sette milioni), Amour (sei milioni e mezzo), Biutiful (cinque milioni) e Cold War (quattro milioni e mezzo). Sul piano prettamente commerciale, insomma, Parasite si trova in tutt'altra categoria, e soprattutto sembra aver contribuito, se non ad abbattere, quantomeno ad incrinare quei vecchi e irritanti pregiudizi sui film asiatici come esempi di un cinema 'respingente' e adatto solo a pochi intenditori.

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Parasite: Sun-kyun Lee, Yeo-Jeong Cho in una scena

Un altro duro colpo contro tali pregiudizi è stato assestato, nelle ultime settimane, dalla marcia trionfale di Parasite durante la stagione dei premi: dopo la Palma d'Oro, infatti, è stata la volta dei riconoscimenti come miglior film ai Los Angeles Film Critics Award e ai National Society of Film Critics Award, del Golden Globe come miglior film straniero, di due BAFTA Award, del Writers Guild Award per la miglior sceneggiatura e dello Screen Actors Guild Award per il miglior cast, la prima volta in assoluto per un film in lingua non inglese. Quest'ultimo trofeo in particolare, votato da decine di migliaia di attori americani e accolto da una standing ovation al termine della cerimonia, ha galvanizzato ulteriormente i sostenitori di Parasite in vista dell'impresa più ardita: la corsa agli Oscar, arrivata ormai alla sua fase conclusiva.

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Gli attori di Parasite con il SAG Award per il miglior cast
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Parasite: So-dam Park in una scena

Con sei nomination complessive, e la statuetta come miglior film internazionale già in tasca da mesi (si tratta, fra l'altro, della prima candidatura di sempre per la Corea), Parasite è soltanto il secondo titolo di produzione asiatica ad essere mai stato incluso nella categoria per il miglior film, diciannove anni dopo La tigre e il dragone di Ang Lee. Difficile prevedere se la black comedy di Bong si porterà a casa qualche altro premio, al di là dell'Oscar per il film straniero (le maggiori chance sono quelle per la sceneggiatura originale), e un'eventuale vittoria come miglior film contro il colosso 1917 costituirebbe una sorta di miracolo. Eppure, comunque vada la notte del 9 febbraio, il vero miracolo Bong l'ha già compiuto: consegnarci un'opera che sta entrando a far parte della cultura di massa, che si è imposta come un modello di eccellenza su tutti i livelli e della quale, ne siamo certi, si continuerà a parlare ancora a lungo. E questo, ça va sans dire, ha più valore di qualunque trofeo.

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