È stato un percorso simile a quello di Hunters, quello fatto da Carnival Row. Nuovamente una serie di genere, nuovamente recuperata dopo anni, tanto che qualcuno poteva averla dimenticata o pensare che l'avesse fatto Amazon, e ora tornata come secondo e già ultimo capitolo, per lasciare spazio a una diversa linea editoriale del servizio streaming che vivrà di franchise, action thriller e factual. Una prima stagione che ci aveva sorpreso per il sontuoso world building messo in piedi e la caratterizzazione dei personaggi, insieme a una serie di intrighi di palazzo che ci avevano tenuto incollati fino alla fine. Siamo quindi giunti alla recensione di Carnival Row 2, la seconda ed ultima stagione della serie fantasy original Prime Video dal 17 febbraio sulla piattaforma con appuntamento settimanale, pieni di speranze e curiosità per l'epica conclusione di questa (mini) saga. Saremo stati esauditi?
Epica conclusione
Dopo gli eventi del finale della prima stagione, che avevano stabilito un nuovo ordine mondiale a Burgue, il secondo ciclo di episodi (dieci, due in più rispetto al primo) riprende qualche tempo dopo. La Row è una vera e propria prigione a cielo aperto dove sono state confinate tutte le creature fantastiche fino a nuovo ordine. Il nuovo ordine che il neo Cancelliere Jonah Breakspear (Arty Froushan) sta impartendo, tra mille dubbi, insieme alla determinata e sanguinolenta Leader dell'Opposizione Sophie Longerbane (Caroline Ford). La discriminazione razziale, di cui ha sempre parlato lo show insieme al tema dell'immigrazione, si fa ancora più forte, cruda e senza freni, per come la polizia e il governo trattano e confinano le specie magiche, con l'obiettivo di eliminarle dalla faccia della Terra. È possibile l'inclusività in un mondo del genere o rimane una lontana e fantasiosa utopia? È questa la domanda principale che fa da fil rouge a questa seconda stagione, che inizia in modo lento come la prima e prosegue con qualche intoppo e una parte centrale un po' farraginosa ma arriva ad una conclusione coraggiosa ed interessante.
Mini-saga fantasy
La prima stagione di Carnival Row aveva colpito per essere stata sostanzialmente un incrocio tra le atmosfere soprannatural-ottocentesche di una New York alternativa de L'alienista (con cui ha in comune la produttrice Sarah Byrd guarda caso) e gli intrighi di palazzo e familiari de Il trono di spade. Il risultato era quindi un mix riuscito di molti elementi fantasy già visti eppure raccontati in modo nuovo, grazie al world building sontuoso e affascinante messo in piedi dagli Amazon Studios e Legendary Television. Una storia che sarebbe potuta diventare una lunga saga politico-sociale-fantastica per il servizio streaming dell'e-commerce, ma che ha presto dovuto lasciare spazio ad altri, e questo forse le ha dato modo in realtà di non dilungarsi inutilmente.
Se nella prima stagione l'inizio era lento ma via via intesseva una tela narrativa piena di colpi di scena che teneva incollati allo schermo, questo secondo ed ultimo capitolo prova ad ampliare e replicare quella formula, non riuscendoci totalmente ma continuando a intrattenere e affascinare. C'è di nuovo un caso misterioso e raccapricciante su cui investigare, una serie di omicidi sui quali viene chiamato l'ex ispettore ora ostracizzato in quanto mezzosangue Rycroft Philostrate, il nostro Philo (Orlando Bloom). Omicidi che non aiutano a placare le tensioni sociali tra la Row e il Burgue. Parallelamente ritroviamo Vignette Stonemoss (Cara Delevingne) sempre più legata ai Black Raven che tramano vendetta per le ingiustizie subite e vorrebbero sferrare un attacco definitivo agli umani che li hanno confinati. La sua amica ed ex amante Tourmaline Larou (Karla Crome) si ritrova invece con poteri soprannaturali inaspettati che la legano a quanto accaduto nel primo ciclo e soprattutto a quanto accadrà nel secondo.
Carnival Row: Orlando Bloom e Cara Delevingne ci raccontano un romantico inferno steampunk
Vincerà l'amore o l'odio?
Non vi anticipiamo quale sentimento prevarrà alla fine dei dieci episodi nel finale di serie e cosa ne sarà del Burgue e della Row, ma le relazioni sentimentali la fanno ancora più da padrone in queste ultime puntate. Non solo quella tra Philo e Vignette e quella tra i due fratellastri Jonah e Sophie, ma anche quella tra Imogen Spurnrose (Tamzin Merchant), che ha costanti incubi sul vendicativo fratello Ezra (Andrew Gower), e il suo partner Agreus Astrayon (David Gyasi), il fauno che le ha rapito il cuore per fuggire insieme nella notte su una nave. Sono gli unici ad essere riusciti ad allontanarsi dal Burgue: riusciranno a sopravvivere e a vivere il proprio amore tra specie diverse alla luce del sole? Questo è uno degli altri fil rouge di stagione, che viene intervallato da momenti legati alla politica e a nuove fazioni in campo, come la Nuova Alba e il misterioso assassino in circolazione. Ancora una volta man mano i nodi verranno al pettine e tutte le trame verranno spiegate, forse con meno appeal rispetto al ciclo inaugurale, fosse anche solo per una mera assenza dell'effetto novità e per il tentativo di replicare malamente quanto fatto con il primo capitolo.
Casting e world building
Il world building di Carnival Row 2 continua ad essere imponente e maestoso, anche nelle nuove specie e nelle nuove creature messe in campo, così come il casting, nuovamente capitanato dai mattatori Orlando Bloom e Cara Delevingne, anche produttori dello show. Un cast che si fa ancora più forza dei propri comprimari, come Tamzin Merchant e David Gyasi, ricordandoci a cosa si è disposti a rinunciare per amore: alle proprie origini, al proprio status... a quale prezzo? Un cast che (ri)vive grazie anche alla new entry e ai ritorni inaspettati, come l'amico e compagno in guerra di Philo Darius Sykes (Ariyon Bakare) e all'artista di strada Runyon Millworthy (un carismatico Simon McBurney), che diventa ancora più cantastorie in questi nuovi episodi donando una sorta di show-nello-show all'intera serie.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione della seconda ed ultima stagione di Carnival Row felici che la serie abbia trovato un modo, anche se un po’ claudicante in alcuni passaggi, di replicare gli elementi che ne avevano fatto la fortuna e l’originalità nel ciclo inaugurale, dando maggior importanza ai comprimari e continuando a costruire un mondo affascinante e fatato eppure spietato e tremendamente attuale fino ad un finale sorprendente.
Perché ci piace
- La tematica sempre attuale di immigrazione e discriminazione.
- Il world building è ancora una volta imponente e suggestivo.
- Il finale di serie fa almeno due scelte coraggiose.
Cosa non va
- La parte centrale è un po’ farraginosa.
- Non tutti gli interpreti funzionano al 100% ma l’ensemble fa la forza.