Se c'è un merito che ha avuto la seconda stagione di Carnival Row, che ha sicuramente peccato di una storia orizzontale forte che supportasse quel world building affascinante e meraviglioso messo in piedi da autori e scenografi per la serie fantasy di Prime Video, è stato quello di continuare e confermare le tematiche attuali intessute nella trama. Ancora una volta sono stati altamente rilevanti i discorsi sulla discriminazione e sull'immigrazione, partoriti e messi in scena nei nuovi episodi, che hanno chiuso il cerchio una volta per tutte sul Burgue e sulla Row. In quest'ottica, il finale di Carnival Row 2 si è rivelato decisivo non solo nel mettere un punto sulle storyline dei vari personaggi ma soprattutto sul messaggio di fondo che si voleva consegnare agli spettatori e fan. Proviamo a spiegare l'importanza del finale scelto per il serial in questo nostro articolo, che arriva qualche giorno dopo la messa in onda delle ultime puntate, per avervi dato il tempo di assimilarle.
Inutile dire che saranno presenti spoiler.
Scelte coraggiose
Il finale di serie di Carnival Row, come anticipato nella nostra recensione, fa almeno due scelte coraggiose nel trovare un epilogo per tutte le storyline aperte, tra romanticismo e politica, e nel farlo manda almeno due messaggi importanti. Innanzitutto - e già aveva disseminato la cosa nelle puntate di questa seconda stagione - quella che ci era stata presentata fin dall'inizio come la classica coppia bella e travagliata della storia, Philo e Vignette (Orlando Bloom e Cara Delevingne) apparentemente destinata a stare insieme, alla fine scoppia in favore di coloro che si sono amati per davvero nel "presente" e nei flashback visti a Tirnanoc. Stiamo parlando di Vinny e Tourmaline (Karla Crome), che in questo secondo ciclo ha preso in eredità i poteri di preveggente e ha smascherato lo Sparas, la nuova creatura che minacciava il Burgue, alias il Maggiore Vir (Andrew Buchan). Le due possono finalmente coronare il proprio sogno d'amore e sposarsi a Tirnanoc, lontano dalle brutture del Burgue e della Row, ora che il Patto e la Nuova Alba sono stati definitivamente sconfitti. Una scelta più aperta al gender che va oltre le specie raccontate, come i fatati e gli umani, tra le quali Philo si è trovato nel mezzo, dopo aver scoperto la propria vera natura di mezzosangue.
Futuro diverso
Nel segno della diversità, alla fine di varie peripezie e senza usare inizialmente la carta del "figlio di" come primogenito legittimo dell'ex Cancellerie Absalom Breakspear, il personaggio di Philo ha la possibilità di parlare in Parlamento. Una possibilità che mai (si) pensava sarebbe stata data a un fatato, o comunque a un mezzosangue. Un mezzosangue che però sembra umano a vedersi, se non fosse per le ali recise sulla schiena opportunamente nascoste dai vestiti, e quindi una sorta di passo in avanti "per non cambiare effettivamente nulla", come dirà alla commissione e ai due partiti presenti l'ex poliziotto. La scelta di Philo, a sorpresa, è di passare il testimone a un fatato, ad un fauno o comunque a una creatura che non sia umana, per sovvertire per davvero le regole e la tradizione che hanno riempito la bocca e le tasche dei cittadini e del governo del Burgue per secoli, senza fare per davvero quello step che parli di modernità.
Un grosso passo in avanti è stato fatto proprio a livello narrativo, perché se un tempo l'eroe avrebbe conquistato la donzella e reclamato il regno, qui non accadono né la prima né la seconda parte dell'happy end da favola, ma anzi Philo lascia il Parlamento a discutere tra partiti sul nuovo Cancelliere da nominare. Una scena simbolica e profondamente moderna. L'unico modo era eliminare anche ciò che sembrava nuovo e rivoluzionario ma in realtà era sempre figlio della vecchia tradizione, ovvero il presunto erede del Cancelliere Jonah Breakspear (Arty Froushan) e l'opposizione che voleva rubargli la poltrona Sophie Longerbane (Caroline Ford). La scelta di Philo segna un'apertura verso un nuovo possibile futuro al governo della Repubblica, che crei dibattito e non asservimento silenzioso, come dovrebbe sempre fare la politica. Proprio come i "semi del comunismo" che la Compagna Leonora (Joanne Whalley) ha piantato nella mente dei cittadini, soprattutto delle creature della Row.
Messaggio fatato
Cosa vogliono dirci allora i creatori Renè Echevarria e Travis Beacham con questo finale di serie di Carnival Row? Che la strada più semplice e meno battuta non è necessariamente quella giusta, che bisogna aprirsi al cambiamento per davvero, con i fatti e non con le sole parole, che bisogna essere disposti a mettersi in discussione, sempre. Che - argomento estremamente e tristemente attuale - l'accettazione della diversità, la lotta alla discriminazione e l'aiuto all'immigrazione sono tutti temi che vanno appunto accompagnati dalle azioni. Le stesse che mettono in pratica Imogen e Agreus (Tamzin Merchant e David Gyasi), l'altra coppia principale del serial, umana e fauno insieme, pronti a dar vita - insieme - all'avvento dell'elettricità nel Burgue. A far scoccare la scintilla, letteralmente e metaforicamente. Sembra certamente utopistico che tutto ciò accada nella realtà, ma allo stesso tempo forse ciò che basta è un piccolo gesto da parte di ognuno di noi, per far scattare la magia.