Chi è quel personaggio cui, pur vivendo come una serva in povertà tra la cenere vessata da due sorellastre, basta perdere una scarpetta di cristallo per sposare un erede al trono? Sono sicura che chiunque ha capito di chi stiamo parlando ma nessuno, meglio di una battuta di Pretty Woman, ha saputo rendere la giusta descrizione. In sintesi stiamo parlando di "quella gran culo di Cenerentola".
Ed in qualche modo anche per Carlo Verdone, chiamato a dirigere il progetto musicale e cinematografico parente stretto del La Tosca a Roma, La Traviata a Parigi e Il Rigoletto a Mantova, questa Cenerentola "è un po' furbetta". Scaltrezza a parte, dietro tutti questi prodotti, c'è lo zampino e il coraggio produttivo di Andrea Andermann che, per sua stessa ammissione, "va sempre in cerca di rogne" con i suoi "film impossibili". È' così che Cenerentola, quella musicata da Gioacchino Rossini, il 23 dicembre porterà in 200 sale cinematografiche l'opera in diretta grazie ad una ricostruzione monumentale che ha preso la Torino settecentesca come sfondo dell'eterna storia d'amore, in cui il bene trionfa sul male con tanto di vittoria dell'umile. E qui Verdone dice ancora la sua utilizzando la tipica ironia romana: "Parliamoci chiaro, quando alla fine Cenerentola perdona le sorellastre ho pensato che fosse un po' paracula. Tanto a quel punto aveva raggiunto ciò che voleva. Cosa le costava?" Il film sarà distribuito per un giorno solo da
L'Opera al cinema e in tv
Siamo onesti, con il progetto Via della Musica, Andermann ha dimostrato di essere un giocatore d'azzardo di grande talento, premiato per la sua audacia e preparazione da un incredibile ritorno di pubblico e premi internazionali. Perché quelli che non tutti sanno è che, per scommettere sull'impossibile con successo, si deve avere una visione ed un background ben preciso. Insomma, anche in questo caso bisogna sapere di cosa si sta parlando. Ed Andermann è uno che sa visto che, con la sua Opera in diretta è riuscito a conquistare ben 148 paesi, aprendo una grossa fetta di mercato televisivo internazionale, oltre a vincere premi ambiti, come 7 Emmy, il BAFTA e il Prix Italia. Così, coniugando indici di ascolto molto alti, è riuscito a portare l'Opera fuori da un certo snobismo culturale, mettendola a disposizione di tutti. E quale mezzo migliore di una favola indimenticabile per parlare ad un ampio pubblico come quello cinematografico? "Realizzare un progetto del genere vuol dire affrontare un numero infinito di problemi. Per questo motivo ho scherzosamente ribattezzato la mia società di produzione Looking for trouble. Già portare a termine un film normale non è semplice, se poi ci mettiamo dei protagonisti cantanti lirici, molto delicati e fragili per definizione, e l'animazione le difficoltà si sommano come nulla. La mia intenzione, poi, non è stata quella di ricostruire l'Opera ma di mettere in scena un vero e proprio musical, cercando di emozionare il grande pubblico. E per fare questo non c'era materiale migliore della quasi favola di Rossini con il recupero di una serie di particolari che lui non ha voluto o potuto inserire. Ad esempio nel libretto originale non c'era il ballo e nemmeno la scarpetta. Questo un po' a causa della censura del tempo è un po' per le convinzioni dello stesso Rossini. A tutto questo abbiamo aggiunto il tocco di un grande esperto di sentimenti umani come Carlo."
Dal Barbiere di Siviglia a Cenerentola
Verdone si era già misurato con una esperienza del genere, dirigendo Il Barbiere di Siviglia per Il Teatro dell'Opera di Roma. Questa volta, pero', si è trovato a confrontarsi con una sovrastruttura umana e tecnica senza precedenti. In modo particolare 34 telecamere, 155 microfoni è un numero infinito di comparse e cantanti lirici da riprendere rigorosamente ad una certa distanza, a causa del canto e dei movimenti. "Per un regista di cinema, abituato massimo a due cineprese, è stato uno shock, ma anche una grande scommessa. Certo, prima di accettare ho riflettuto molto, era rischioso e impegnativo. Però sentivo il bisogno di abbandonare la strada della solita commedia e riprendere quella interrotta con Il barbiere di Siviglia. Questa volta, però, bisognava fare un film. Ho iniziato con una telecamerina e la mia assistente a tracciare le geometrie dei personaggi. Si provava in continuazione con me che facevo, a giro, tutti i personaggi. Piano piano ci siamo trovati con uno storyboard di movimenti che ci sono serviti nel momento in cui sono arrivati i cantanti veri." E parlando di ugole d'oro, la sua Cenerentola è stata interpretata da Lena Belkina, un giovane mezzo soprano voluta con grande accanimento proprio da Verdone. "Mi sono battuto per avere Lena perché aveva la voce giusta ma anche un grande primo piano, oltre ad un grande fascino. In modo particolare, il fatto che muovesse poco la bocca mentre cantava, mi ha consentito di andarle molto vicino con la telecamera. Inoltre si è rivelata molto brava nei movimenti. A convincermi, poi, è stato il suo volto in cui abbina una espressione sognante ma anche furbetta. Perché alla fine per me Cenerentola era una gran furbacchiona." Il progetto ha richiesto, tra preparazione e riprese, due anni di lavoro. Un periodo in cui Verfone ha faticato a tornare alla sua commedia, ma senza troppi rimpianti. Tanto che il suo prossimo film, di cui si parla molto senza avere particolari nuovi, è rimasto un po' indietro. "Attualmente abbia o ancora tre opzioni. Una storia corale, una più chiusa a due personaggi o una semi corale. Non riusciamo a deciderci, ma diremo farlo a breve, visto che voglio iniziare a girare tra maggio e giugno per essere pronto nel 2016"
Ricordi d'infanzia
Per Verdone, pero', questa favola rappresenta anche un salto nel passato. In modo particolare negli anni della sua infanzia quando la madre vestiva i panni di burattinaia per il divertimento dei più piccoli. "Nella casa di mio padre - racconta l'attore e regista - c'era un lungo corridoio. Alla sua fine si apriva una porta dove veniva posto un teatrino del settecento, ereditato dalla famiglia di mia madre. Uno dei suoi cavalli di battaglia era proprio Cenerentola, forse perché era la più gettonata da noi bambini. Ricordo che c'erano tutti i personaggi e delle scenografie straordinarie. Quel teatrino ce l'ho ancora ed è meraviglioso. Devo farlo restaurare e montare. Inoltre abbiamo avuto sempre delle tate pronte a raccontarci molte favole. E credo che questo tipo di racconto sia un allenamento importante per la mente dei bambini, che si esercita a creare e immaginare."