"È tutto molto verde, in effetti". Carla Gugino risponde così, indicando il giardino che ci ospita per l'intervista, quando le facciamo notare che il vestito dal taglio anni Cinquanta che indossa è dello stesso colore dei suoi occhi. L'attrice di Hill House è stata ospite del Filming Italy Sardegna Festival e la sera del 26 giugno, insieme a Dolph Lundgren e Harvey Keitel, parteciperà al Filming Italy: il cinema incontra l'arte, un evento organizzato all'interno del Museo dell'Ara Pacis, a Roma.
Storie di donne e ruoli capaci di cambiare una carriera
Trentasei anni di carriera iniziati sul piccolo schermo giovanissima grazie a una sit-com, Casalingo Superpiù, con Tony Danza e Alyssa Milano che, negli anni, l'ha vista diventare un volto noto di Hollywood con titoli come Omicidio in diretta da Brian De Palma, Spy Kids di Robert Rodriguez o Watchmen di Zack Snyder. Anche se alcuni dei suoi ruoli più importanti e celebri sono arrivati grazie allo streaming e alle piattaforme.
"Sicuramente, senza dubbio", conferma Gugino."Ho iniziato a recitare intorno ai tredici anni, ero molto giovane. E non vedevo l'ora di arrivare ai trenta, perché pensavo che avrei ottenuto dei ruoli importanti. Ma in verità, i miei personaggi migliori sono arrivati negli ultimi dieci anni. Ad eccezione di quello di Coco Chavez in Judas Kiss di Sebastian Gutierrez in cui avevo poco più di vent'anni. Sempre intorno ai trenta ho iniziato la mia carriera teatrale. E quello è stato un vero punto di svolta per me, perché ho deciso di iniziare a fare i classici. Quando ho lavorato ad After the Fall, Arthur Miller era ancora vivo. Interpretavo il ruolo di Maggie, personaggio basato su Marilyn Monroe. Un'esperienza straordinaria".
Come molte colleghe della sua generazione, Carla Gugino sta vivendo un secondo capitolo della sua carriera in cui i personaggi interpretati rispecchiano una narrazione sempre più lontana da cliché. "Per me non c'è dubbio: le storie delle donne sono storie 'più lunghe'. Non so se sia lo streaming di per sé, ma il fatto che siamo stati in grado di fare serie o miniserie in cui possiamo avere un certo numero di ore per raccontare una storia è un punto a nostro favore".
"Penso che, anche quando sembravo ingenua, dentro non mi sono mai sentita tale. Ho sempre avuto una voce profonda. E quindi ora, a questa età, mi sento molto più nella mia pelle. Ho molti più difetti, rughe. Ma per quanto mi riguarda, la gente non si aspetta più questo da me. Ora c'è la capacità di sistemarci in tutte le nostre complessità, in tutte le nostre contraddizioni come donne. Non ci sono dubbi", continua l'attrice. "E se devo pensare a uno dei migliori ruoli che abbia mai interpretato c'è sicuramente Verna de La caduta della casa degli Usher. È stato davvero un momento molto emozionante perché sento, in un certo senso, di essere galvanizzata per questa fase della mia carriera".
Lasciare andare i personaggi più intensi
Tra i tanti film e serie a cui ha preso parte ce n'è sicuramente qualcuno più complesso degli altri. Quello magari che le ha reso le riprese più toste o che ha fatto fatica a scrollarsi di dosso una volta battuto l'ultimo ciak. È di qualche giorno fa la dichiarazione di Billy Zane secondo il quale gli attori dovrebbero essere pagati di più per interpretare personaggi traumatici. "Non so se sono d'accordo sul fatto che meritiamo una paga extra, perché è parte del nostro lavoro", commenta Gugino.
"Ma penso che, anche se non uso il metodo, non c'è dubbio che a volte il corpo non sa che non è la verità. E inizia a credere a quello che stai interpretando. Sicuramente quando ho fatto teatro - da Desire Under the Elms di Eugene O'Neill passando per Suddenly,Last Summer di Tennessee Williams - ho interpretato ruoli molto intensi facendo otto spettacoli a settimana. È vero che ho dovuto creare dei rituali per dire addio al personaggio per la notte e dire: 'Domani tornerò da voi'".
"Stessa cosa per Hill House di Mike Flanagan dove ho interpretato il personaggio di Olivia Crain, una donna che stava impazzendo", aggiunge l'attrice parlando della serie Netflix ispirata a un racconto breve di Edgar Allan Poe. "È stata girata in un periodo di cinque mesi. Io vivo a New York, ma giravamo ad Atlanta e quindi andavo avanti e indietro. Era molto difficile metterla nel dimenticatoio, come quando stai cucinando e metti la pentola a fuoco lento. È sempre stata lì con me finché non ho finito le riprese. Vale la pena allenarsi, sapere che puoi tornare al ruolo con l'istinto e vivere il momento. È dove c'è l'abilità: creare un personaggio ed essere anche in grado di lasciarlo andare. Talvolta hai più successo di altre".
The Florist e il ritratto di Vivien Leigh
Parlando di altri ruoli importanti presto vedremo Gugino vestire i panni di una leggenda di Hollywood: Vivien Leigh. L'interprete di Via col vento rivivrà nel biopic di Nick Sandow, The Florist. La storia di una fiorista che diventa l'interesse dell'interprete che prestò il volto a Rossella O'Hara nel film di Victor Fleming. "È un compito arduo. E ne sono estremamente entusiasta" confessa l'attrice."Raccontiamo una fase particolare della sua vita, nel 1966, quando aveva circa cinquant'anni. Accade questa relazione bellissima e sorprendente. Non dirò molto di più. Ma Vivian Leigh soffriva di bipolarismo. E a quel tempo, non sapevano davvero come affrontarlo se non con l'elettroshock".
"Riceveva regolarmente una terapia del genere e continuava a recitare ed ad essere, in una certa misura, estremamente funzionale e brillante nella sua vita", continua Gugino. "Penso che in quel momento ci fosse molto di più nel privato e il mio compito è riuscire ad andare oltre quel velo e provare a rivelarne la complessità. Aveva quest'oscurità contro cui stava combattendo. Eppure era assolutamente spiritosa, brillante, competente. Le donne lottano con molto più di quanto sappiamo. E poi è diventata famosa nel cinema per aver interpretato una donna del sud degli Stati Uniti. E io vengo da quella parte del Paese. E quindi prenderò in considerazione la possibilità di incarnarla davvero come una donna britannica".
The Girls on the Bus e il futuro degli Stati Uniti
Tra gli ultimi ruoli in cui l'abbiamo potuta ammirare c'è quello di Grace Gordon Greene, una giornalista protagonista di The Girls on the Bus, political drama creato da Julie Plec e Amy Chozick ispirato al memoir del 2018, Chasing Hillary, di quest'ultima. La storia di quattro giornaliste chiamate a seguire dei candidati presidenziali nel corso delle varie tappe in giro per gli Stati Uniti. Una serie uscita (e cancellata) nel corso dell'elecion year. "Ci troviamo, in generale, in un momento molto spaventoso per il mondo. C'è tanta divisione e una tendenza all'estrema destra. E, anche a causa dei social media, tutto viene racchiuso in un hashtag", riflette l'attrice.
"Penso che la comunicazione sia incredibilmente importante e le persone possono avere opinioni diverse ed esprimerle. Questo fa parte, in realtà, di una democrazia libera. Ma quando iniziamo a dire solo tre parole che dovrebbero significare qualcosa, e poi tutti ci si aggrappano e dicono: 'Oh, no, non sono d'accordo'. Beh, all'improvviso non hai più una conversazione. Ci sono persone che pensano di non essere d'accordo, quando spesso possono sentirsi esattamente allo stesso modo".
Ma cosa ne pensa dello scontro Biden/Trump?"Chi vincerà queste elezioni cambierà assolutamente gli Stati Uniti che, sfortunatamente, sono estremamente resilienti. L'umanità è estremamente resiliente. I politici sono famosi per mentire, giusto? Ma molti dicono la verità. Abbiamo anche persone davvero meravigliose che hanno messo a disposizione la loro vita per poter aiutare gli altri e migliorare davvero le cose. Anche questo sta accadendo. Trump ha mentito così apertamente per così tanto tempo che è scoraggiante pensare che siamo ancora nella posizione in cui potrebbe effettivamente diventare presidente. Non riesco nemmeno dirlo. Vivo a New York. La città più sorprendente, piena di ogni tipo di persona, di ogni colore e razza. Cammini per le strade e ci sei dentro, insieme a tutti".
"La cosa veramente interessante di The Girls on the Bus è che si tratta di donne di generazioni diverse. Hanno background e ideologie diverse. E vengono messe insieme nello stesso ambiente: un autobus. E tutte stanno cercando di far uscire una storia. Teoricamente sono concorrenti", chiosa Carla Gugino parlando della serie in relazione ai tempi che stiamo vivendo, non solo oltreoceano.
"Eppure, ciò che capiscono è che in realtà preferirebbero sostenersi l'un l'altra. Possiamo fare lo stesso nelle strade. Penso che la cosa più sorprendente a cui assistere a New York è che se sorridi a uno sconosciuto, ricambierà. Ed è più probabile che quella persona poi sorriderà alla successiva e così via. E per quanto semplice possa sembrare, è come se qualcuno fosse orribile con un altro. Quella persona conoscerà l'abuso come modo di comunicazione. Credo davvero che se entriamo in contatto con le persone e diffondiamo gioia sia più utile di quanto pensiamo".