Ciao nipote, oggi voglio raccontarti una storia. Potrà sembrarti un po' antiquata, magari anche noiosa, ma sappi che è la storia di un eroe che, con licenza parlando, è uno dei più fighi (se non IL più figo) di tutta la storia dell'animazione giapponese.
Parliamo di un pirata spaziale, dopotutto.
Le molte vite di Harlock
Chi è Harlock? Ci sono molte storie, al riguardo. Alcune perfino leggendarie. Si dice che sia il comandante di un'astronave della Flotta Terrestre, scomparso dopo una feroce battaglia e riapparso come pirata, con una nuova identità.
Secondo altri è un comune criminale, un rinnegato che, per il suo orgoglio, rifiuta di obbedire alle leggi nell'interesse del bene comune e del quieto vivere.
Per molti è un simbolo di speranza e di giustizia, o un avversario tanto formidabile quanto degno di rispetto. C'è chi sussurra che in realtà "Harlock" sia solo un titolo, un nome che viene passato da un pirata all'altro per mantenere vivo il terrore dei malvagi alla vista della bandiera col teschio.
Quello che posso dirti io è che tutte queste voci sono vere, a modo loro. E, forse, nessuna di loro lo è.
Capitan Harlock è un personaggio creato dal maestro Leiji Matsumoto, autore anche di Galaxy Express 999, di Danguard Ace, Gun Frontier e di una miriade di altri titoli, nonché coautore di Corazzata Spaziale Yamato con Yoshinobu Nishizaki.
Matsumoto, prima di essere un famoso mangaka, era un poeta, un uomo capace di apprezzare tanto una bottiglia di ottimo sake quando la nobiltà dell'animo umano, e capace, come pochi, di raccontare la bellezza e la malinconia della vita, la soverchiante maestosità del cielo e delle stelle al di là di esso. Le sue opere trasmettono un senso di struggente lirismo, con pochi uomini e donne dall'animo nobile e valoroso a opporsi alla disperazione, all'egoismo e alla grettezza.
E Harlock, il romantico pirata che viaggia tra le stelle a bordo della potente astronave Arcadia, è, probabilmente, il più famoso di questi eroi.
Matsumoto lo crea nel 1977, e l'anno dopo il pirata spaziale sarà il protagonista di una delle serie animate giapponesi più importanti e conosciute in tutto il mondo.
Sappi, comunque, che per Matsumoto era molto più importante trasmettere emozioni e sensazioni, piuttosto che seguire un filo narrativo unico. Molto spesso le sue storie sono frammenti, momenti in cui gli eventi accadono e gli uomini agiscono, per poi interrompersi all'improvviso, con finali che rimangono in sospeso o trame che, da un'opera all'altra, possono anche contraddirsi tra loro.
Tutte le storie di Matsumoto fanno parte di un complesso multiverso (so che va molto di moda, in questo periodo) chiamato Leijiverse, in cui gli eventi si ripetono in orbite cicliche che a volte si intersecano, altre volte divergono.
In questo multiverso non esiste un solo Harlock, quindi, ma molteplici.
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Sotto il vessillo del teschio
Waga Seishun no Arcadia (L'Arcadia della mia giovinezza, ma si può tradurre anche come "La mia giovinezza nell'Arcadia") è un film del 1982, con il soggetto dello stesso Matsumoto e diretto dal veterano della Toei Tomoharu Katsumata. Il film è, a sua volta, il prequel di una successiva serie animata, Endless Orbit SSX.
Nel film assistiamo agli eventi che porteranno il giovane Capitano Harlock, un membro dell'esercito terrestre costretto ad arrendersi dopo che il governo terrestre si è sottomesso agli invasori alieni Illumidas, a fare prima amicizia col geniale ingegnere Tochiro e la corsara Emeraldas, e poi a vestire i panni del pirata spaziale, esiliato dal suo mondo ma comunque disposto a battersi fino allo stremo per i valori di libertà, speranza e compassione che ardono nel suo cuore.
Ci sono diverse discrepanze tra gli eventi narrati nel film e la versione di Harlock che abbiamo conosciuto nella serie animata degli anni precedenti, ma la figura del nobile pirata spaziale, che vaga nello spazio a bordo di un'astronave che batte la bandiera del teschio, quella rimane immutata.
Harlock è, a tutti gli effetti, lo stereotipo (in senso positivo) dell'eroe romantico. Taciturno, imperscrutabile, fieramente individualista ma al tempo stesso con un profondo e adamantino senso dell'onore.
Il fascino di questo combattente ammantato di nero, che sfoggia il Jolly Roger (la bandiera con teschio e tibie incrociate su sfondo nero, un segnale alle navi che stavano per essere abbordate di rinunciare a opporsi e arrendersi) come se fosse un simbolo da supereroe, ha colpito al cuore i lettori e gli spettatori di tutto il mondo, trasformandolo in un simbolo e in un archetipo dell'era postmoderna.
(A volte anche in maniera impropria e strumentale, ma non è il caso di parlarne qui. Sappi solo, nipotina, che Harlock è un pirata romantico, che si batte per difendere i deboli e la libertà contro gli oppressori e i prepotenti. Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro...)
Questo vale anche se, tocca dirlo, il ritmo del racconto e la qualità tecnica del film sentono tutto il peso sia della poetica di Matsumoto che dei decenni passati.
La narrazione di Matsumoto è lenta, poderosa: procede più come un'opera lirica (genere di cui lui era appassionato, tanto da creare un'altra opera in cui il mito dell'Anello dei Nibelunghi si fonde con l'universo di Harlock) che seguendo gli standard spettacolari di oggi.
L'esempio più indicativo, e giusto un po' spoileroso, è il confronto finale -lento, studiato, anche "realistico"- tra Harlock e il suo rivale Dema, comandante supremo delle forze di occupazione, a bordo delle rispettive astronavi.
Il risultato è uno spettacolo che, visto con gli occhi di uno giovane spettatore di oggi, abituato a ritmi più veloci e avvincenti, può risultare lento, pesante e datato, e che avrebbe un gran bisogno di un nuovo adattamento dei dialoghi originali.
Ma allora perché ti consiglio comunque di vederlo?
Perché Harlock è un eroe fuori dal tempo (anche letteralmente...).
Un mito moderno che ha resistito per mezzo secolo senza cedere di un millimetro, e ancora oggi i "vecchietti" come me hanno gli occhi lucidi, al solo pensiero.
Perché i valori che rappresenta, amicizia, benevolenza, onore e speranza, sono validi a prescindere dal fatto che il film è, sì, un po' pesante.
E perché vedere sventolare quella bandiera, nell'immensità dello spazio, fa ancora venire i brividi.