Sole e pioggia, sole e pioggia. Cannes prosegue, ma la stanchezza, quasi a metà girò, incombe. Ma noi resistiamo, stoici, tra file interminabili, disagi, tempo avverso e gli ormai insopportabili rumori fisiologici che accompagnano le proiezioni. Davvero, avete la tosse? Mette in bocca una caramella. Piccolo sfogo concesso, andiamo avanti: terzo giorno, quello più atteso di tutti. Quello segnato indelebilmente dal ritorno di Harrison Ford, e del suo Indiana Jones. Caso o destino (forse destino, visto il titolo del film), che il Palais abbia spalancato il tappeto rosso quindici anni esatti dopo il bistrattato Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo.
Se Indy ci ricorda sempre che "non sono gli anni, ma i chilometri", sulla Croisette, via via più circense nel suo tono e nei suoi colori, sono passati anche Sean Penn e Tye Sheridan, diretti da Jean-Stéphane Sauvaire in Black Flies. Un film corposo, di atmosfera, di drammi e di ossessioni, ma anche inutilmente sovraccaricato. La storia è quella di un paramedico di New York, alle prese con uno stress lavorativo che lo porterà sull'orlo del baratro. Con una domanda: davvero basta così poco per finire in Concorso per la Palma d'Oro?
Vagando per le altre sezioni, segnaliamo il notevole The Sweet East, di Sean Prince Williams, e Rosalie di Stéphanie Di Giusto, sezione Un Certain Regard, che offre più di uno spunto, in quanto la protagonista è una donna del 1870 ricoperta completamente di peli: questo Cannes, anche pensando a The Animal Kingdom (qui la recensione), sembra infatti incentrato sulla diversità (anche quella weirdo) rifiutata dalla società.
Cannes 2023, giorno 2: la fila per Almodóvar e un giro per il mercato
Tra assenze e presenze
Altro tema di questo Cannes 2023? L'assenza, almeno fin ora, di un vero e proprio guizzo. Dunque, un parallelo, considerando sempre le citate assenze. Ripensando ad Indiana Jones e il Quadrante del Destino - e ripensando a tutti coloro che imploravano un biglietto dell'ultimo momento -, l'opinione ormai decantata riguarda la regia. Lo sapete, Steven Spielberg non è più al timone, e al suo posto invece ecco sbucare il rispettabile James Mangold, che tanto aveva fatto bene con Logan. Tagliando corto, possiamo dire che, cronaca alla mano, Indiana Jones è stato accolto abbastanza bene dal pubblico, e dalla stampa. Un film che rispetta il mito, che scricchiola ma che non cade mai. Un film eleva il personaggio e lo consegna direttamente ai libri di storia. La stessa storia che Indy, per anni, ha preservato e tutelato, prendendo a pugni i nazisti.
Ma Indiana Jones e il Quadrante del Destino (ricordiamo, 28 giugno in sala) è pure un film che potrebbe soffrire sul lato strettamente visivo. Che vuol dire? Semplice: manca la presenza registica di Steven Spielberg. Ciononostante, passiamo da un'assenza ad una presenza: sul red carpet del film, che ha visto sfilare il cast, è passato anche Raoni Metuktire.
Chi è? Candidato Nobel per la Pace 2020, Metuktire ha 93 anni (!) ed è il leader indigeno del popolo Kayapo, oltre essere uno degli ambientalisti più influenti, da anni schierato contro le politiche dell'ex presidente Bolsonaro. La sua presenza è poi correlata con il cinema, in quanto svolge attivamente le battaglie incoraggiando lo stesso starbiz (da Marlon Brando a Vivienne Westwood e Sting). Inutile dire che i flash dei fotografi sono stati tutti per lui e per il suo folgorante outfit (compreso il piatto labiale che porta da quando era ragazzo). Chissà però se il pubblico abbia compreso il motivo della sua presenza, non tanto scenografica quanto sostanziale: ricordare a tutti che c'è una Foresta Amazzonica da salvare.