La settantesima edizione del Festival di Cannes si chiude con poche note veramente positive: il concorso internazionale è stato, secondo molti, mediocre; le polemiche sono state infinite, e a livello organizzativo la kermesse ha subito il contraccolpo di un clima di tensione e paranoia a cui contribuisce l'inedito dispiego di forze dell'ordine armate fino ai denti per le strade della città rivierasca; noi abbiamo cercato di fare il nostro lavoro al meglio, come sempre, in barba a levatacce, code e controlli ossessivi, e di dare una possibilità a tutti i film proposti con l'apertura mentale di cui da sempre facciamo la nostra bandiera.
Siamo delusi? Forse un po', ma qualche bel film sulla Croisette si è visto eccome e ve ne accorgerete. Siamo stanchi? Molto, ma non tanto da rinunciare a salutarvi con il tradizionale florilegio di preferenze, colpi di fulmine e colpi bassi con cui ogni anno concludiamo le nostre esperienze festivaliere internazionali. Buona lettura, e, a noi, buon ritorno a casa.
Antonio Cuomo
La top 5
Wind River
Viene da Un Certain Regard il film che ho più amato in questo festival. Un esordio che dimostra come il valore di Taylor Sheridan non sia solo come sceneggiatore ma anche nel ruolo di regista. Una storia forte per personaggi altrettanto duri, con un Jeremy Renner ai suoi massimi livelli. Imperdibile.
Radiance
Più accessibile di altri suoi lavori, il nuovo film della Kawase non rinuncia a scavare nel profondo e toccare con intensità le corde di emozioni pure e sognanti.
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120 battements par minute
Il dramma dell'AIDS trattato attraverso le sue vittime, con uno spaccato di un gruppo di giovani che lotta per sopravvivere senza rinunciare a vivere.
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Loveless
Il regista di Leviathan conferma quanto di buono dimostrato in precedenza, mettendo un piedi un film diverso dal precedente, ma ugualmente profondo e d'impatto.
Un adorabile e delicato ritratto di un ragazzo che torna alla sua famiglia, e si trova a contatto con un mondo che non conosce, dopo 25 anni di prigionia. E con il valore aggiunto di un'icona come Mark Hamill.
Scena cult
Il bambino di Loveless che piange ascoltando i genitori che litigano, nascosto dietro la porta. Lacerante.
Scena shock
You Were Never Really Here e l'improvviso atto estremo del protagonista Joaquin Phoenix, accolto dalla noncuranza generale.
Sorpresa
Sicilian Ghost Story: Il secondo film è sempre difficile, per questo considero il nuovo lavoro di Grassadonia e Piazza dopo il magnifico Salvo una sorpresa: perché riesce ad essere anche migliore del precedente nel raccontare la Mafia in modo nuovo, celandone il racconto sotto una patina di fantastico.
Delusione
Tutta l'edizione del settantennale di Cannes, attesissima dopo le mirabilie di quella numero 60 e invece deludente sia sul piano cinematografico, con la selezione peggiore degli ultimi anni, sia dell'organizzazione, tra l'ovvia enfasi sulla sicurezza e le sue inevitabili conseguenze, e diverse scelte incomprensibili. Senza contare la brutta diatriba Cannes/Netflix e la finta premiere di I segreti di Twin Peaks, passato praticamente ovunque prima di essere mostrato a noi giornalisti accreditati.
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Luca Liguori
La top 5
Dopo l'incredibile Leviathan era impossibile ripetersi e infatti Zvyagintsev ha realizzato un film molto diverso dal precedente, meno imponente ma più accessibile, ma non perde nulla della sua lucidità e della sua capacità di raccontare la Russia di oggi attraverso storie personale e drammatiche. Straziante e bellissimo.
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Lo sceneggiatore di Sicario e Hell or High Water debutta alla regia e il suo film non solo è bellissimo in ogni suo aspetto ma rappresenta una vera e propria promessa per il futuro. Abbiamo un nuovo autore da seguire con molta attenzione.
Cinema sociale, ottime interpretazioni e personaggi credibili e vivi. È un film corale su un tema (quello dell'AIDS) visto e rivisto eppure ha una tale freschezza da riuscire ad appassionare dall'inizio alla fine.
Un film dal ritmo incredibile che ti trascina in una incredibile notte fatta di crimini, errori e disperazione ma in modo talmente elettrizzante che ti fa dispiacere che sia finito.
Peccato che nell'ultima mezz'ora il film perda troppo della su forza e originalità e che il minutaggio sia decisamente eccessivo, ma di certo il film svedese di Ruben Ostlund è tra i film che rimarranno più impressi nella memoria anche negli a seguire.
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Scena cult
La "lotta" per il preservativo usato tra Elisabeth Moss e Claes Bang nel film svedese The Square che in realtà di momenti irresistibili ne contiene tanti.
Scena Shock
Sarebbe forse troppo facile indicare le sequenze ginecologiche/erotiche chiaramente provocatore di Ozon, ma la scena che più mi ha "sconvolto" è nel russo Loveless, con il bambino pietrificato dal terrore che ascolta di nascosto i genitori in procinto di divorziare mentre stanno litigando. Una scena straziante come poche.
La sorpresa
Se il concorso delude in più occasioni possiamo comunque consolarci con Un Certain Regarde che quest'anno ci ha regalato molte opere interessanti come April's Daughter di Michel Franco, il bulgaro Directions di Stephan Komandarev e l'argentino La Cordillera di Santiago Mitre. Me le sorprese più grandi arrivano da due film al femminile: il tunisino Beauty and the Dogs e l'opera prima francese Jeune femme.
La delusione
È certamente assurdo indicare quelli che sono comunque buoni film come delusioni, ma quando si parla di autori come Haynes o Haneke è inevitabile aspettarsi molto, ma molto di più. Non è certamente colpa loro se questa settantesima edizione c'ha lasciato tutti un po' freddi, ma di certo se sono mancati i capolavori il pensiero corre subito a questi grandi autori che stavolta non sono riusciti a ripetersi.
Alessia Starace
La top 5
Non esiste Haneke minore, è sempre enorme e sempre unico. E lo stesso può dirsi di Jean-Louis Trintignant, che qui eclissa pure Isabelle Huppert.
Non è un film perfetto quello di Sofia Coppola, ma è uno dei più riusciti visivamente e dirompenti sul piano tematico del concorso di Cannes 70. e il suo modo diretto e intelligente di raccontare la femminilità mi ha conquistato.
Wind River
Ogni concorso internazionale dovrebbe avere il suo thriller denso, angosciante, atmosferico e coinvolgente. Se questo era in Un certain regard è perché era già passato al Sundance, ma la prossima volta Sheridan non ci sfuggirà.
Loveless
Il film di Zvyangintsev ha aperto il concorso, è stato l'inevitabile riferimento di tutti i titoli che l'hanno seguito, e quasi tutti ne sono usciti KO. Ansiogeno e agghiacciante.
Posso capire che a molti il film di Naomi Kawase sia sembrato un polpettone sentimentale. Ma se si ci si avvicina con la disposizione giusta a un'opera pregna di sensibilità e cultura nipponica, se ci si accorda con il suo malinconico e struggente romanticismo, si può scoprire un film ambizioso che parla di sentimenti, di arte e di cinema.
La sorpresa
Beauty and the Dogs e Jeune femme di Un certain regard, che in realtà avrebbero potuto essere nella cinquina dei film preferiti: due film eccellenti firmati da due giovani registe, Kaouther Ben Hania e Léonor Serraille, che raccontano la condizione della donna in contesti molto diversi. Passatemi un menzione in più per la protagonista di Jeune femme, Laetitia Dosch, una vera forza della natura.
La delusione
The Square non è per niente un brutto film, anzi è intelligente, originale e in qualche occasione molto divertente. Ma avendo amato molto il precedente Forza Maggiore mi aspettavo da Ruben Östlund un'opera più lucida e serrata.
Scena cult
Il movimento di macchina ginecologico in apertura del film di François Ozon L'amant double, una scelta così sfrontata e vertiginosa che sembrava potesse preludere a un gran bel film. Purtroppo non è andata così. Una menzione anche per Elisabeth Moss, Claes Bang e un preservativo usato in The Square.
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Scena shock
Joaquin Phoenix che s'inventa dentista in You Were Never Really Here (un film notevole che spero venga rimontato. O che mi cresca dentro)
Luca Ottocento
La top 5
Esempio nobile di cinema del reale, l'opera seconda di Jonas Carpignano nel ritrarre la comunità stanziale romena di Gioia Tauro riesce nella complessa impresa di coniugare palpabile autenticità ed evidente raffinatezza stilistica. Martin Scorsese è uno dei produttori esecutivi e del nostro Carpignano sentiremo ancora parlare.
Loveless
Nel contesto di un Concorso che non ha affatto entusiasmato, il film di Andrey Zvyagintsev è quello che più di ogni altro ha messo d'accordo la critica internazionale. Pur soffrendo di un eccessivo didascalismo metaforico nel finale, è senz'altro tra le opere più intense e potenti viste quest'anno a Cannes.
Wind River
Dopo le sceneggiature degli apprezzati Sicario e Hell or High Water, Taylor Sheridan esordisce dietro la macchina da presa con un thriller intimista solido, appassionante e teso ambientato in una riserva indiana degli Stati Uniti d'America. Cinema di genere di alto livello.
The Square
Quello di Ruben Östlund non è un film perfetto e un minutaggio inferiore gli avrebbe senz'altro giovato. Eppure, tra le tante cose, propone un'esilarante, mordace e assai intelligente critica al mondo dell'arte e degli intellettuali contemporanei.
Il dramma di una diciassettenne alle prese con un'inaspettata maternità e con il ritorno a casa della madre per l'occasione è raccontato da Michel Franco in modo originale, avvincente e mediante uno stile asciutto, rigoroso ed efficace.
Scena cult
Se ne potrebbero citare diverse altre tratte da The Square, ma la nostra preferenza secca va alla scena particolarmente divertente ma anche straniante e densa concettualmente in cui un attore che interpreta una scimmia finisce per compromettere l'elegante atmosfera di una cena di gala. Vedere per credere.
Scena shock
Difficile trovare una scena realmente scioccante in questa tiepida edizione del Festival di Cannes, soprattutto considerando che chi scrive non ha visto i primi due episodi della terza stagione di Twin Peaks. Quello che vi propongo, piuttosto, è un momento sorprendente e spiazzante: subito dopo i titoli di testa de L'amant double, François Ozon apre la scena della visita ginecologica con una dissolvenza che passa da un dettaglio di una vagina a quello dell'occhio di Marine Vacth. Quantomeno audace.
Sorpresa
Da una parte Good Time, film di genere senza grandi pretese ma molto convincente e dal gran ritmo che rivela il talento dietro la macchina da presa dei fratelli Safdie; dall'altra Sicilian Ghost Story di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, un'opera ambiziosa, inventiva e matura in cui onirismo foriero di speranza e disincantato realismo si fondono armoniosamente per raccontare una storia siciliana di mafia.
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Delusione
Happy End e Wonderstruck, gli attesissimi film di Michael Haneke e Todd Haynes, sono tra le opere meno riuscite dell'intera carriera dei rispettivi registi. Il primo è una sorta di divertissment in realtà con poco da dire, il secondo è un racconto di formazione fin troppo retorico, sostanzialmente piatto e con una prolissa parte centrale.
Max Borg
La top 5
Un'idea improbabile - un musical sull'infanzia dell'eroina nazionale francese - diventa un'esperienza cinematografica libera, giocosa e gioiosa. Peccato che non fosse in concorso.
The Square
Le contraddizioni umane esplorate con la consueta precisione implacabile dallo svedese Ruben Östlund. Due ore di risate surreali e spesso intrise di imbarazzo, con un cast eccezionale.
Un ritratto brutale e ipnotico della società russa, dominato da una grandissima protagonista. Un viaggio da incubo che conduce al finale più bello di questa edizione.
Fiabesco e al contempo politicamente e socialmente rilevante al giorno d'oggi. Una bellissima storia tragicomica piena di energia e felicità. Cast giovane strepitoso.
Un miscuglio strabiliante di generi e suggestioni, tra satira del consumismo e avventura per tutti. La creatura del titolo è già cult, e Jake Gyllenhaal non è mai stato così spassoso.
Scena cult
Il cameo di Terry Notary in The Square.
Scena shock
Il (pre)finale a sorpresa di You Were Never Really Here.
Sorpresa
Adam Sandler in The Meyerowitz Stories. Che lui fosse capace di regalarci interpretazioni serie già lo sapevamo, ma qui si è superato brillantemente.
Delusione
Sea Sorrow di Vanessa Redgrave, non tanto per la banalità sconcertante di un documentario fin troppo narcisista, quanto piuttosto per aver fatto un'ora di coda per iniziare il mio festival con quella proiezione.