Candidato Unico, la recensione: la rivoluzione parodica degli emarginati

La recensione di Candidato Unico, serie televisiva di stampo francese disponibile su Netflix dove la corsa alle presidenziali di un giovane di periferia dalle origini africane è uno sguardo parodico sui vizi e le virtù della società d'Oltralpe.

Candidato Unico, la recensione: la rivoluzione parodica degli emarginati

Far ridere trattando con leggerezza questioni sociali dall'impatto forte, pregnante, culturalmente pesante e umanamente decisivo. Non è una formula magica, ma un'ulteriore sfumatura di quel lato rivoluzionario che la Francia nasconde tra le pliche della propria storia nazionale.
Da Giù al Nord, fino al successo conclamato di Quasi Amici, le discrepanze sociali e i pregiudizi che attanagliano l'apparato cittadino di una nazione multietnica e cosmopolita si fa bacino aureo da cui attingere a pieni mani, per trasformare l'influenza negativa di una corrente di pensiero colma di stereotipi e luoghi comuni in materiale da ribaltare ironicamente.

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Candidato unico: Jean-Pascal Zadi nella serie Netflix

Come sottolineeremo in questa recensione di Candidato Unico, la serie ideata da François Uzan e Jean-Pascal Zadie (ora disponibile su Netflix) si fa ultima roccaforte di un attacco compiuto con la forza della parodia e della frantumazione di preconcetti ormai superati, senza retorica, ma attenta e semplice alacrità. Quello dell'umile Stéphane Blé è un viaggio dell'eroe a tutti gli effetti, compiuto senza arco o spada, ma con intelligenza e ottimismo. Quell'ampia dentatura che tanto lo caratterizza, diventa per estensione simbolo della sua personalità e di quel percorso che lo porterà a conquistarsi non solo la simpatia di un'intera nazione, ma anche il ruolo di primo presidente francese nero.

Candidato Unico: la trama

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Candidato unico: Eric Judor e Jean-Pascal Zadi in una scena della serie Netflix

La Francia è chiamata al voto. Stéphane Blé è un normalissimo animatore di un centro giovanile della periferia di Parigi. Durante un'intervista televisiva rilasciata dal sindaco, si intromette giudicandosi la simpatia dei telespettatori e la possibilità di rivestire il ruolo di outsider nelle elezioni presidenziali. Il suo è un cammino in ascesa e, grazie a varie peripezie, si ritrova perfino a concorrere come finalista. Ma la domanda vera è: la Francia è davvero pronta per il suo primo presidente nero?

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La parodia che stende

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Candidato unico: una scena tratta dalla serie Netflix

Può far ridere, può intrattenere, eppure la parodia si rivela a volte un'arma vincente per destabilizzare gli avversari e colpirli con la forza dell'umorismo. Ce l'hanno inscritta nel DNA i registi francesi questa capacità unica di mostrare senza forzature, ma con sottile sarcasmo, i vizi e le virtù della propria società, ribaltandoli come calzini in un linguaggio parodico, ma mai superficiale. Un insegnamento già ampiamente appreso anche in terre inglesi da un autore come Edgar Wright, ma che in Francia si fa quasi lingua nazionale, codice cinematografico per denunciare tentennamenti e passi indietro per un universo che auspica ad andare avanti. E Candidato Unico vive di tale linguaggio parodico. Sfruttando la potenza di ogni tipologia di lente (soprattutto il grandangolo) e continui movimenti di macchina, tra carrellate, ralenti e jump-cut la redazione filmica della storia di Stéphane Blé vive di dinamismo e sbalzi emotivi. Uno scuotimento della camera che reduplica quello mentale a favore di spettatori ora chiamati a destarsi dal proprio sonno, per affrancarsi con sorrisi amari dei problemi della propria società.

Storie umane, risate amare

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Candidato unico: Eric Judor in una scena della serie Netflix

Candidato Unico nella sua semplicità è una serie soprattutto umana: ogni episodio si fa tassello imprescindibile di un mosaico antropologico dove la battuta di un singolo si fa monito e sottile atto denunciatorio verso una minoranza inascoltata, o verso un pensiero da dilaniare, perché colmo di sessismo, pregiudizio, velato razzismo. Rimanendo fedele a uno scheletro tematico ruotante attorno alle ingiustizie e alle scorciatoie non sempre così legali che tanto caratterizzano le campagne elettorali (discorso, questo, che può benissimo estendersi anche a situazioni esterne a quelle francesi), Candidato Unico aggiunge a questa infarinatura ingredienti sempre nuovi grazie ai quali redigere un saggio quanto più ampio e prolifico sulle ingiustizie e sugli inascoltati, gli emarginati e le minoranze poste ai confini della società solo perché di altre religioni, altri pensieri, altre culture.

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Storie di finzione per personaggi realistici

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Candidato unico: una scena della serie Netflix

Ma se Candidato Unico funziona è grazie soprattutto alla portata umana offerta da un comparto attoriale brillante e mai eccessivo nel restituire battute, o espressioni marcate. Un discorso facilmente applicabile al protagonista, Jean-Pascal Zadie (che della serie è anche l'ideatore e regista) che nei panni di Stéphane Blé restituisce una mappa mimico-espressiva sempre diversa ma mai caricata. Senza l'ausilio di molte parole, l'ingenuità e la brillantezza di questo dolce e irresistibile personaggio è quasi tangibile, grazie anche a una profonda sensibilità del suo interprete di cogliere e interiorizzare ogni sfumatura caratteriale del protagonista. Sebbene giocati piuttosto in sottrazione, anche la mole di comprimari che circondano Stéphane lungo quella montagna russa che lo condurrà verso l'Eliseo (uno su tutti il sindaco interpretato da Benoît Poelvoorde, già apprezzato in Dio esiste e vive a Bruxelles), vivono di una verosimiglianza che li rende reali, doppi probabili di esistenze possibili presi in prestito al di fuori della cornice cinematografica.

Nonostante il numero ridotto di episodi, e la breve durata canonica tipica delle sit-com (circa mezz'ora a puntata) ogni arco narrativo viene perfettamente concluso, restituendo macchie - e non macchiette - di un'immagine impressa sulla tela che solo a una certa distanza rivela la sua bellezza e la sua unicità. Un'istantanea sviluppata con la forza dell'ilarità mentre in sottofondo ancora si sente quel liberté, egualité, fraternité così tante volte ripetuto, e altre cento dimenticato. Un motto che grazie a opere come Candidato unico si rafforza e torna vivo, con l'afflato di un sarcasmo parodico pronto a rivelare l'ombra della società, per enfatizzarne la luce.

Conclusioni

Concludiamo questa recensione di Candidato Unico sottolineando come la serie TV francese disponibile adesso su Netflix riesca, con brillante ingegno e umorismo, a recuperare quella tradizione parodica tipica delle commedie d'Oltralpe per denunciare vizi e virtù di una società tanto cosmopolita, quanto a volte ancora viva di pregiudizi e ineguaglianze.

Movieplayer.it
3.5/5

Perché ci piace

  • La brillantezza della sceneggiatura.
  • L'uso dinamico della macchina da presa e i giochi di montaggio tra jump-cut e ralenti.
  • La profondità dei temi trattati, restituiti con ironia e sarcasmo.
  • Le performance degli attori.

Cosa non va

  • La gestione della puntata finale dove tutto viene risolto con troppa velocità.