Marvyn Korn ha un pessimo carattere: il basket è tutta la sua vita e quando si arrabbia tende a lanciare sedie per aria e insultare gli arbitri. La passione è comprensibile, ma il suo è un comportamento non accettabile: all'ennesima sfuriata viene cacciato dalla sua squadra e finisce ad allenare la squadra femminile di un liceo privato. Comincia così Cambio di direzione (in originale Big Shot), serie creata da David E. Kelley e disponibile dal 16 aprile su Disney Plus.
A interpretare il coach Korn è John Stamos, al centro di un cast tutto al femminile: con lui ci sono anche Jessalyn Gilsig, che ha il ruolo di Holly, assistente allenatrice, e Sophia Mitri Schloss, che è invece sua figlia, Emma. Più tutte le attrici che formano la squadra. Composta da dieci episodi, Cambio di direzione esce ogni venerdì su Disney Plus con una nuova puntata.
Cambio di direzione, recensione: la dura vita di un allenatore su Disney+
A pochi mesi di distanza da The Undoing David E. Kelley torna con un nuovo progetto, forte del successo recente di Big Little Lies. Abbiamo parlato della sua capacità di captare lo spirito del presente proprio insieme al protagonista John Stamos, veterano della serialità americana (tra i suoi lavori Full House, General Hospital, Friends, E.R., Glee, Scream Queens).
Intervista a John Stamos
Cambio di direzione: un set importante per John Stamos
Come è stato a portare tuo figlio sul set? Soprattutto perché questa è una serie di cui sei così orgoglioso.
È qualcosa che ho sempre sognato di fare. Era super contento, mi chiedeva dove fossero le ragazze. Ha cominciato a flirtare e non so da dove gli venga questa cosa! Abbiamo fatto una festa per vedere gli episodi, una festa sicura con distanziamento sociale, a casa mia ed è stato felicissimo quando sono venute. È stato un momento molto speciale. Tutta la serie è speciale per me: È stato un momento perfetto, la adoro.
Il tuo personaggio è ossessionato dal suo lavoro. L'ossessione può essere pericolosa ma a volte è l'inizio di un ottimo lavoro: quanto è importante per te l'ossessione? E quanto lo è in questa serie?
Prima di tutto ho avuto una telefonata da tutti i miei agenti e manager, quindi ho capito che era importante, e mi hanno detto che mi avevano offerto un ruolo nella nuova serie di David E. Kelley. Ho sempre voluto lavorare con lui. Ho chiesto se dovessi interpretare un avvocato, o un personaggio alla Big Little Lies. Mi hanno detto che era una serie sul basket. Ho pensato: oh no! Sono la persona meno atletica del mondo, non so nulla sullo sport. Per me era più difficile capire come interpretare un allenatore che non un dottore in E.R.: quella era una grande sfida per me. Quando ho letto la sceneggiatura ho capito che il mio personaggio non mi somigliava per niente: è ossessionato dallo sport, dalla disciplina, non va d'accordo con gli altri. Ma dopo aver interpretato Marvin nell'ultimo anno e mezzo ho capito che siamo un po' più vicini: ho imparato molto da lui. Il discorso che faccio nel primo episodio sul cercare di fare del tuo meglio è una cosa che mi emoziona molto, ci penso spesso. Alla fine di ogni giornata mi chiedo: ho fatto del mio meglio oggi? Penso che sia una cosa positiva questo suo aspetto.
I mentori di John Stamos e il suo amore per Disney
Il tuo coach è una figura molto motivante, anche se ha dei difetti. C'è qualcuno che ha avuto lo stesso ruolo per te durante la tua carriera?
Ne ho avute molte. Mio padre mi ha insegnato la disciplina, a essere puntuale, imparare le mie battute, comportarmi bene, trattare tutti con rispetto. Mio padre è morto quando ero giovane e quindi ho dovuto cercare altre figure di riferimento. Garry Marshall è stato uno dei miei mentori. Don Rickles, The Beach Boys. Ho perso alcuni di loro, ma vivono dentro di me. Questo personaggio per me è stato diverso da interpretare: non abbiamo niente in comune, ma quando ho cominciato a recitare l'ho capito meglio. La cosa bella è che questa serie rispecchia i nostri tempi: in America il basket femminile sta diventando una cosa grossa. Recitare in una serie con tutte donne è stato fantastico. Il mio personaggio capisce che le sue supposizioni sono sbagliate e comincia a conoscere queste ragazze. Penso che questo rompa degli stereotipi. Questa serie ha un grande cuore, ma non è sdolcinata, o sentimentale. Non abbiamo superato quella linea. C'è molto di mio padre quando mi vedo in questo ruolo: ho visto la serie con le mie sorelle e la mia famiglia e mi hanno detto che stavo imitando papà. È come se l'avessi impersonato.
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Sei un grande fan della Disney e hai una vasta collezione di memorabilia in casa: da dove nasce la tua passione? E ora che fai parte della famiglia di Disney Plus pensi di aggiungere nuovi pezzi?
Sono cresciuto a Orange County, vicino a Disneyland. Ho avuto un'infanzia meravigliosa: andare a Dinsneyland, attraversare i cancelli, il resto del mondo scompariva. Sento che abbia contribuito davvero alla mia creatività, alla mia immaginazione. Amo la Disney. Non c'è, e non sto esagerando, un altro servizio di streaming su cui vorrei essere più di Disney Plus. Quello che hanno realizzato in un anno è stupefacente. Ogni volta non ci possiamo credere. Una serie come questa, speriamo che le stelle e la Luna si allineino, è perfetta in questo momento su questa piattaforma. Visto tutto quello che stiamo affrontando una serie come questa, e lo so perché in passato ho fatto Full House, la gente la ama, perché ha bisogno di qualcosa che la faccia sorridere. Che dia ispirazione. Questa serie lo fa.
Cambio di direzione: confrontarsi con una nuova generazione
In questa serie sei sempre a contatto con un gruppo di ragazze: secondo te cosa hanno da insegnarci le giovani di oggi?
Ho imparato moltissimo dalle attrici di questa serie. Non è stato facile: volevo che Korn fosse sconnesso da loro. Nei primi due episodi non conosce nemmeno i loro nomi. Non è come me: a me piace scherzare sul set, andare d'accordo con tutti, anche a telecamere spente. Stavolta invece le ho tenute lontane, mi sono sentito in colpa: ho chiesto al regista di scusarsi con loro da parte mia, ma avevo bisogno di fare così. Col tempo poi le ho conosciute meglio. Amo molto il fatto che riescano a semplificare le cose. Mettere Marvyn in mezzo a loro cambia tutti, cambia il gioco. Tutti hanno bisogno di adattarsi a questa nuova entità che è entrata nel loro mondo. Le ragazze sono potenti: sia davanti che dietro le telecamere. Sono piene di entusiasmo. Quando Marvyn arriva e comincia a dire loro cosa fare non lo accettano, non lavorano così. Marvyn trova un punto di incontro e quando cominciano a collaborare tutto funziona. Sono forti queste ragazze. Nel secondo episodio e mia figlia mi dice che non si può chiamare una donna cookie (biscotto).
Com'è stato lavorare con queste ragazze?
Sono coraggiose. Quando avevo la loro età pensavo ad andare a Disneyland e bermi una diet Coke, invece loro, grazie all'avvento di internet e dei social media, questi ragazzi sono diventati molto più raffinati. Queste ragazze sono davvero intelligenti. Sophia, che interpreta mia figlia, è brillante. Penso che sarà accettata da qualsiasi università. Sono molto informate, impegnate, sanno che hanno una voce e la esprimono, ma lo fanno con rispetto. Non hanno costruito muri intorno a loro, affrontano il lavoro molto serenamente. Quando ho cominciato io invece mi facevo molte più sovrastrutture, mi preoccupavo del mio aspetto. Da loro ho imparato a lasciarmi andare.
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Quali erano i teen drama che amavi da ragazzo?
Non ero un bambino serio: amavo le commedie. Happy Days, Mork & Mindy, tutte le serie di Garry Marshall. Mi ricordo Fuori di testa, quel tipo di film, quelli con John Cusack hanno catturato lo spirito degli anni '80. I tempi sono diversi adesso, molto diversi. Le cose sono cambiate, la barra si è alzata: cosa è giusto oggi è diverso da dieci anni fa. E sono felice di questo: per me è giusto così. A Broadway ho fatto Nine: ero Guido Contini, al centro di un sacco di donne. In questa serie mi sento così: è una storia con tutte donne e al centro ci sono io. Sono potenti. All'inizio ero un po' spaventato, ma quando hai uno scrittore come David E. Kelley hai la certezza che sarà una serie al passo coi tempi. Questa è stata una delle mie esperienze più liberatorie: mi sono fidato degli sceneggiatori, della storia, del personaggio.