Chiaro, c'è sempre un certo livello di comica esasperazione narrativa ma, a giudicare dal risultato, la seconda stagione di Call My Agent - Italia, diretta da Luca Ribuoli e scritta da Lisa Nur Sultan, è quanto di più vicino alla realtà. Una realtà che, dal canto nostro, conosciamo decisamente bene, pur osservandola - per deontologia professionale - con mezzo metro di distanza (prima regola del giornalismo cinematografico: mai farsi coinvolgere; vaglielo a dire che poi il film è brutto...). Se a proposito dello show-biz italiano "si potrebbe scrivere un libro" su "quello che voi umani non potreste immaginarvi" - come ironizza uno splendido Gabriele Muccino, guest star della seconda puntata - il ritorno su su Sky e in streaming solo su NOW della serie segna un notevole passo avanti, come abbiamo scritto nella nostra recensione. Il motivo? Se la prima stagione era il remake diretto della serie francese Dix pour cent, le nuove puntate sono al 100% originali.
Va da sé, che c'è quindi una ben più forte attinenza con il nostro universo cinematografico e seriale, che fa da sfondo alle disavventure dell'Agenzia CMA, con gli uffici che si affacciano su Piazza del Popolo. Vizi, capricci, telefoni che squillano. Copioni da leggere, copioni da riscrivere. Nevrosi e nervi a fior di pelle, stratagemmi, pianificazioni, riunioni, segreti e sberleffi a porte chiuse (e pure a porte aperte), contratti firmati, contratti stracciati, l'outfit, il caffè e i favori, le "lucherinate" varie (termine che arriva da Enrico Lucherini, emblema degli uffici stampa cinematografici, lanciando uno scoop falso ma ad effetto). Un frullatore dove gli agenti e le star si incontrano, è l'off-screen, è il backstage che pulsa le peggiori (e irresistibili) follie possibili. E ve lo spieghiamo nel nostro approfondimento, noi che "c'eravamo": se il tono esagerato rende lo show un susseguirsi di risate, perfette per s-mitizzare lo star system (o renderlo ancora più mitico?), ciò che vediamo in Call My Agent - Italia (come Boris fu per il set) è tutto vero. Tutto vero, o quasi.
Il cinema italiano? Un chiassoso e irresistibile condominio...
Ciò che sembra assurdo è invece lo specchio lucidissimo della realtà. La scrittura di Lisa Nur Sultan, insieme a Federico Baccomo e Dario D'Amato, puntualissima e raffinata, prende in prestito suggestioni e situazioni, applicandole ad un corollario di personaggi e di strabilianti guest star. Sovrapponendoli, ecco lo spaccato che noi, osservatori decisamente attenti, affrontiamo quasi quotidianamente. Per questo, la seconda stagione di Call My Agent - Italia, in un certo senso, ci tira dentro, potendo ridere e sorridere di quei piccoli, grandi drammi quotidiani che riguardano ogni aspetto legato al cinema e all'intrattenimento. Per esempio, il primo episodio si apre con l'anteprima di Bastianazzo, fantomatico capolavoro dei Fratelli Pigna. Se fa già ridere così, è cristallino lo specchio che ne fa poi la serie: il capolavoro si rivela un flop dopo l'anteprima, e l'Agenzia, già in tumulto per via del terremoto aziendale, deve correre ai ripari.
Contratti che saltano, nuove sceneggiature che arrivano (che non vengono lette, generando pasticci), e i protagonisti (citiamo il quartetto strepitoso Michele Di Mauro, Sara Drago, Maurizio Lastrico, Marzia Ubaldi, affiancati dagli assistenti Paola Buratto, Sara Lazzaro, Francesco Russo, Kaze) che in qualche modo devono metterci una pezza. Complicato, però, perché come sottolinea Call My Agent - Italia, il nostro cinema è letteralmente concatenato. Ogni successo o insuccesso determina il destino di un regista, di un'attrice o di un attore, non direttamente coinvolto nel film di qualcun altro. Perché, pur tra glamour, egocentrismo (a palate!) e rassegne stampa, dovete sapere che il cinema italiano è un condominio: tutti sanno tutto di tutti. Da questo presupposto, le puntate si allungano verso le increspature che diventano materiale narrativo di pregevole fattura, esaltando un'auto-ironia (come nel caso di Valeria Bruni Tedeschi e Valeria Golino) indiscutibilmente liberatoria.
Call My Agent - Italia 2, recensione: molto più italiana, sempre divertente
Grande scrittura, grande verità (divertita)
Del resto, non c'è nulla di più bello che essere ironici, ridere di noi stessi, delle nostre impuntature e dei nostri capricci. Ecco, il cinema italiano, ve lo diciamo con un pizzico di rassegnata ma divertita consapevolezza, è capriccioso: vuole essere cullato, invogliato, accarezzato. Vuole essere spronato e viziato. Lo sappiamo bene, ritrovandoci testimoni di alcune dinamiche che, ve lo garantiamo, abbiamo spassosamente ritrovato negli episodi di Call My Agent. In fondo, e da un certo punto di vista, il nostro cinema è il micro-cosmo che sintetizza pregi e difetti dell'essere italiano. Un carattere pigro ma eclettico, approssimato ma appassionato, istintivo ma lungimirante. E se è vero che "mentire è come recitare", l'equazione si fa grande scrittura seriale, puntellando a dovere un cosmo di cui, giornalisticamente parlando, trattiamo quotidianamente cogliendone i tratti - a volte bonari, a volte eccessivi.
Ma cosa vuol dire, questo? Che Call My Agent è una serie rivolta agli addetti ai lavori? Certo no, e anzi il pubblico troverà trascinante l'effetto verità applicata ad un contesto che appare perfetto, ma che invece non è esente da quelle storture che fanno banalmente parte della nostra esistenza. Anche perché lo dice lo stesso Gabriele Muccino nel secondo episodio: "Il cinema si nutre di conflitti, e voi [agenti] dovete districarli". Niente di più vero. Nel bene e nel male, dietro una grande star si nasconde una persona identica a noi (e spesso più insicura di noi), che tuttavia vive in un'esistenza avulsa dalla nostra. In questa precisa insenatura si inserisce la narrazione di Lisa Nur Sultan, ribaltando i concetti e, appunto, sfocando i mondi, alleggerendo l'umore con un linguaggio che non si prende sul serio. Insomma, il fatato mondo del cinema italiano, esagerato ed enfatizzato? Assolutamente. Vedere, per credere.