Paola Cortellesi per il suo esordio come regista non se ne sta zitta come vorrebbero invece molti degli uomini protagonisti del suo film: C'è ancora domani, presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2023 e in sala dal 26 ottobre, è infatti una pellicola che racconta come, nell'Italia del primo dopoguerra, le donne fossero ancora considerate proprietà del marito.
Non importa di che estrazione sociale aiano: dal ricco al più umile, dall'ignorante al colto, i protagonisti maschili dicono sempre alle mogli: "Te devi impara' a sta' zitta"! Su tutti Ivano (Valerio Mastandrea), marito di Delia (interpretata sempre da Cortellesi): per lui ogni scusa è buona non soltanto per zittirla, ma anche per picchiarla. Girato in bianco e nero, tutto è fortemente pensato e voluto in questo film sorprendente.
Abbiamo incontrato Paola Cortellesi a Roma 2023 e ci ha confermato che questa cosa di mostrare come le parole delle donne fossero (e spesso ancora oggi siano) considerate superflue: "Stai zitta racchiude in sé moltissimi atteggiamenti che rispecchiano una prevaricazione: quello che tu dici non conta. In questo film riguarda tutti i ceti: anche in quello più agiato, in quello nobile, dove si presuppone che la donna che parla sia acculturata, che abbia potuto fare le scuole, che sicuramente in un altro ceto non hanno potuto fare, viene comunque zittita. Quella era la condizione femminile all'epoca. Era stabilito che fosse così e in poche si ponevano delle domande. Chi si è posta delle domande ha cambiato le cose: sono le donne che hanno cambiato la storia del nostro paese. Però sono poche. E quindi era bene raccontare la storia di tutte queste che sono state zitte".
C'è ancora domani: intervista a Paola Cortellesi
Ormai senza quasi più desideri per sé, Delia vive in funzione dei figli, soprattutto dell'unica femmina, la primogenita, Marcella (Romana Maggiora Vergano), che vorrebbe andare a scuola, come i fratelli, ma invece il padre vuole soltanto far sposare con qualcuno che sia ricco. Una delle cose che possiamo portare via dal film è che i genitori che ti vogliono veramente bene sono quelli che vogliono farti studiare invece che venire a tutti i costi al tuo matrimonio?
Paola Cortellesi non ha dubbi: "Penso proprio di sì. Spero che si evinca questo. Non significa che il matrimonio come promessa di amore con una persona che ami non debba essere una cosa bella. Ma non può essere un traguardo. Non può essere un punto di arrivo. Il traguardo è la realizzazione personale: bisognerebbe fare una grande festa per una realizzazione personale e non per il matrimonio. Per il matrimonio va bene un brindisi, ma la realizzazione personale significa qualcosa di molto più grande. Quindi mi augurerei per una figlia di festeggiare lungamente qualcosa del genere".
C'è ancora domani, recensione del bello (e arrabbiato) esordio di Paola Cortellesi
Paola Cortellesi, l'ironia e la speranza nei giovani
Senza svelare troppo del film, diciamo che certi modelli vengono ripetuti anche dai più giovani. Ok, C'è ancora domani è ambientato 80 anni fa, ma le cronache recenti ci dicono che tristemente anche i ragazzi di oggi continuano a ripetere certi comportamenti. Paola Cortellesi ha quindi speranza nel futuro? "Ce l'ho, naturalmente. Anche nel film abbiamo raccontato molti personaggi positivi: il marito di Marisa, Peppe, o come Nino, che è un uomo buono, retto, leale. Ma anche gli uomini peggiori che raccontiamo in questa storia sono vittime di una diseducazione, di un'educazione alla prevaricazione. Questo è qualcosa che poi ci si tramanda. È incredibile che ci sia ancora adesso questa cultura della prevaricazione e del possesso. Come ci dicono le cronache orribili degli ultimi mesi".
Una cifra stilistica della Paola Cortellesi regista è smorzare il dramma con dei momenti di ironia improvvisi. Questo crea sorpresa e anche forse una riflessione più amara su quello che stiamo vedendo. La sceneggiatrice e la regista Paola Cortellesi ci tengono a sottolineare questo: "Detesto la retorica. Questo vale sia per le scene d'amore che per i drammi. E questo film è un dramma. L'unico modo che conosco io per smontare un climax è quello dell'ironia. È tutto voluto: fin dalla sceneggiatura. È il modo in cui mi piace raccontare: forse il mio senso del ridicolo non mi consente di vivere fino in fondo un momento iper romantico o iper drammatico. Lo devo spezzare con qualcosa. Lo faccio sempre, sia come interprete che come sceneggiatrice. In questo caso ci siamo messi d'impegno perché accadesse ogni volta".