Grande successo editoriale in Brasile, Buongiorno, Verônica è un romanzo scritto a quattro mani dall'autore crime Raphael Montes e dalla criminologa Ilana Casoy che, sotto lo pseudonimo di Andrea Killmore, hanno unito le rispettive esperienze nel campo dell'horror/crime per creare una storia cruda, estremamente violenta, ma al tempo stesso molto realistica perché ancorata alla realtà del loro paese d'origine. Netflix, che cerca di dare sempre più spazio a produzioni locali di questo tipo, non si è fatto scappare l'occasione e ha deciso di trarne un adattamento: come scopriremo in questa recensione di Buongiorno, Verônica, non sempre però le buone premesse - e la popolarità del materiale originale - sono sinonimo di un buon risultato sullo schermo.
La storia creata da Andrea Killmore non funziona come serie TV quanto forse funzionava sulla carta stampata: fornisce sì spunti interessanti, soprattutto quelli legati al machismo ancora oggi così radicato nella società brasiliana (e nel resto del mondo) e al ruolo della donna in una professione così prettamente maschile come quella del detective, ma si perde presto in rappresentazioni superficiali e per nulla convincenti. Una scelta decisamente poco vincente, secondo noi, è stata poi quella di spostare l'azione e l'attenzione dello spettatore dai casi su cui la protagonista si trova a indagare (di per sé abbastanza interessanti) verso una cospirazione estesa a livello nazionale: il risultato è quello di allontanare chi guarda piuttosto che coinvolgerlo, la storia diventa gradualmente meno credibile e perde di vista quei temi che l'avevano resa inizialmente intrigante.
Una storia a cui manca qualcosa
Veronica (Tainá Müller) è una detective della polizia di San Paolo, con il sogno di diventare ispettrice, che si trova ad assistere, suo malgrado, al suicidio della vittima di uno stupratore seriale. La morte della donna, che non era stata presa sul serio dalle autorità che avrebbero dovuto aiutarla, diventa un caso di interesse nazionale e mette in contatto Veronica con un'altra vittima della violenza maschile. Janete che è sposata con Brandão (Eduardo Moscovis), un ufficiale dell'esercito che nel tempo libero si diverte a torturare e uccidere donne provenienti da una particolare regione del Brasile, ed è costretta ad assistere alla crudeltà del marito che ne controlla completamente la vita. Con il tempo Veronica si renderà conto che il caso di Janete (Camila Morgado) e di suo marito è legato ad una realtà criminale molto più ampia, cosa che risveglierà ricordi molto dolorosi del suo passato: il padre della protagonista, famoso ispettore sparatosi perché accusato di corruzione, potrebbe aver avuto in qualche modo a che fare con il mistero attorno a cui scopriamo ruotare l'intera vicenda. Riuscirà la protagonista a salvare Janete e al tempo scoprire se quello che è accaduto a suo padre è legato a chiunque tiri le fila dei diversi casi che deve risolvere?
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Come vi anticipavamo, le premesse su cui questa storia si basa sono senza dubbio interessanti, i primi episodi risultano infatti particolarmente avvincenti. Più la serie procede, però, più il tutto diventa progressivamente meno coinvolgente: mettere in gioco cospirazioni ed organizzazioni mafiose (di cui però, anche alla fine della serie, sapremo poco e niente), più che attrarci e rinvigorire il mistero, ci allontana dalla narrazione, che ha sempre meno da offrire. Anche il caso del serial killer Brandão non viene gestito nel modo migliore per trainare lo spettatore: il punto di vista della moglie Janete dovrebbe costituire un punto d'accesso privilegiato per scoprire gli anfratti più oscuri della sua mente criminale. Più gli episodi procedono, però, meno sappiamo della sua psicologia: sì, ha avuto un'infanzia tormentata e forse - ma non ci viene detto con certezza - qualcuno ha fatto a lui o a qualcuno che gli era vicino quello che lui fa subire alle sue vittime. Si tratta però di congetture per provare a rendere interessante un personaggio che oltre ad essere a tratti inquietante offre poco di più.
Dato che non c'è un alone di mistero ad avvolgere Brandão - scopriamo chi è e che cosa fa fin dall'inizio della serie - l'unico modo per rendere la sua storyline intrigante sarebbe stato quello di guidarci sempre di più nella sua mente deviata, aiutandoci a scoprire che cosa lo ha portato a diventare quello che è. Se a mancare però, oltre al mistero, è proprio l'approfondimento psicologico, come facciamo a farci catturare da questa storia?
Un finale aperto per una seconda stagione
Anche la sottotrama legata al passato della protagonista risulta meno avvincente di quanto poteva inizialmente sembrare, nemmeno la bravura di Tainá Müller, che è sempre piuttosto convincente nella parte, riesce infatti a salvare una storia troppo ricca di spunti e per questo incapace di prendere una direzione chiara. Il discorso sul ruolo della donna in un ambiente maschile come quello della polizia e, soprattuto, nella società brasiliana in senso più generale, andava sviluppato in maniera diversa, magari concentrandosi proprio sul fatto che diversi tipi di violenza alle donne - da quella psicologica, online e di persona, a quella fisica - sono ancora così tanto all'ordine del giorno (ogni episodio si conclude con un appello a denunciare questo genere di situazioni) piuttosto che tirare in ballo cospirazioni e organizzazioni mafiose.
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Visto che il finale aperto della serie, immaginiamo che per Buongiorno, Verônica sia in piano una seconda stagione. Considerata però la piega presa dai fatti nell'ultimo episodio è facile prevedere che, in futuro, la storia si allontanerà sempre di più da quei temi che l'avevano resa, almeno ai nostri occhi, inizialmente interessante.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione di Buongiorno, Verônica, la recensione sottolineando come questa serie Netflix brasiliana si basi su premesse interessanti ma non sia stata capace di svilupparle a dovere per catturare lo spettatore per tutti i suoi otto episodi. Il fatto poi di tirare in ballo cospirazioni e organizzazioni mafiose più che concentrarsi sul caso del serial killer che fa da input alla storia ottiene il risultato di allontanare chi guarda piuttosto che coinvolgerlo.
Perché ci piace
- Le premesse della storia: esplorare il ruolo della donna nella società brasiliana e raccontare i diversi tipi di violenza che subisce.
- Il cast molto convincente, soprattutto la protagonista Tainá Müller.
Cosa non va
- La trama diventa progressivamente meno coinvolgente, soprattutto quando si inizia a spostare l’attenzione dal serial killer di turno a cospirazioni ed organizzazioni mafiose che - si suppone - tirano le fila di tutto.