Se hai un impulso durante una scena, per quanto possa sembrare sbagliato, segui quell'impulso: potrebbe rivelarsi esatto, e in caso contrario... ciak due!
Sarebbe curioso sapere quanti "ciak due" siano stati battuti nel corso della pluridecennale carriera di Jack Nicholson; ancora più interessante, tuttavia, sarebbe il conteggio di quegli 'impulsi' improvvisi che, davanti alla macchina da presa, hanno contribuito a dar vita alle performance magistrali di uno dei più grandi attori che il cinema americano abbia mai conosciuto. All'occorrenza istrionico o misurato, capace di incarnare personaggi folli e sopra le righe così come uomini comuni alle prese con le piccole e grandi tappe dell'esistenza, John Joseph Nicholson, soprannominato Jack, è un interprete unico con una filmografia tanto variegata quanto ricca e preziosa.
Jack Nicholson, una vita per il cinema
Nato il 22 aprile 1937 in un paesino di provincia del New Jersey, figlio di una showgirl di appena diciotto anni (soltanto nel 1974 avrebbe scoperto che quella che credeva essere la sorella maggiore era in realtà sua madre), Nicholson approda a Hollywood alla fine degli anni Cinquanta grazie al regista e produttore Roger Corman, che nel 1958 lo fa esordire al cinema e nel 1960 gli regala il suo primo ruolo da protagonista nella black comedy La piccola bottega degli orrori. Il sodalizio con Corman e con Monte Hellman impegna il giovane attore per quasi tutto il decennio a venire, ma è solo nel 1969 che Jack Nicholson riesce a mettere in luce le proprie doti: l'occasione gli è offerta dalla parte dell'avvocato ubriacone George Hanson nel dramma on the road Easy Rider, esordio alla regia di Dennis Hopper, destinato a diventare un cult generazionale e un film essenziale della controcultura hippie. Per Nicholson arrivano così la prima candidatura all'Oscar (come miglior attore supporter) e il primo, grande successo di pubblico, mentre il neonato movimento della New Hollywood lo accoglie a braccia aperte come il suo nuovo volto simbolo.
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Da allora, la sua carriera non conosce battute d'arresto: da una pellicola all'altra Jack Nicholson dimostra ogni volta sfumature nuove e sorprendenti, imponendosi come uno dei talenti più puri della sua generazione. In un ventaglio di collaborazioni che comprende Mike Nichols (Conoscenza carnale, 1971) e Michelangelo Antonioni (Professione: reporter, 1975), Elia Kazan (Gli ultimi fuochi, 1976) e l'amico Warren Beatty (Reds, 1981), Nicholson trova il tempo di cimentarsi dietro la macchina da presa, benché la sua poco fortunata attività da regista si limiterà a due soli titoli, da lui stesso pure interpretati: la commedia western Verso il Sud del 1978 e il noir Il grande inganno del 1990. In compenso, anche dopo il tramonto della New Hollywood il poliedrico Jack continua a inanellare enormi successi come Voglia di tenerezza di James L. Brooks (1983), per il quale vince il suo secondo Oscar, Le streghe di Eastwick di George Miller (1987), Codice d'onore di Rob Reiner (1992) e Tutto può succedere di Nancy Meyers (2003).
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La sua bacheca di trofei comprende un totale di tre premi Oscar su dodici nomination (è il secondo attore più candidato di sempre, dopo l'inarrivabile Meryl Streep e a pari merito con Katharine Hepburn), sette Golden Globe, tre BAFTA Award e dozzine di altri riconoscimenti, ma ancora più importante è la statura iconica assunta grazie a film che fanno ormai parte dell'immaginario collettivo, oltre che degli annali del cinema. Lontano dalle scene dal 2010, Jack Nicholson pare essere sul punto di 'congelare' il suo pensionamento: a breve dovrebbe infatti tornare sul set accanto a Kristen Wiig per un remake hollywoodiano dell'applauditissima commedia tedesca Vi presento Toni Erdmann. Aspettando dunque di rivederlo finalmente sullo schermo, oggi auguriamo all'inossidabile Jack un felice ottantesimo compleanno proponendovi un'antologia di dieci fra i suoi migliori ruoli.
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10. A proposito di Schmidt
La malinconia, la solitudine e il senso di smarrimento di Warren Schmidt, un neo-pensionato appena rimasto vedovo e incapace di dare un nuovo significato a un'esistenza che sembra arrivata quasi al capolinea, sono resi magnificamente da Jack Nicholson in A proposito di Schmidt, commedia dai toni agrodolci scritta e diretta con la consueta finezza da Alexander Payne nel 2003. Determinato a riconquistare le attenzioni e l'affetto della figlia Jeannie (Hope Davis) in occasione delle nozze di quest'ultima, Warren ha offerto a Nicholson l'opportunità di impersonare un individuo sorprendentemente fragile, facendogli ottenere il Golden Globe come miglior attore e la sua dodicesima nomination all'Oscar.
9. L'onore dei Prizzi
È assai lontano dall'archetipo del gangster il sicario mafioso Charley Partanna, interpretato nel 1985 da Jack Nicholson ne L'onore dei Prizzi, capolavoro nerissimo di John Huston tratto dallo splendido romanzo omonimo di Richard Condon. Preciso e implacabile nella sua professione, ma ben più debole e ottuso nei propri rapporti con il gentil sesso, Charley viene travolto dalla passione per l'affascinante Irene Walker (Kathleen Turner), senza sospettare che anche la donna, a sua volta, sia una killer professionista. In questo gangster movie messo in scena con cadenze quasi da commedia Nicholson dimostra un impeccabile equilibrio fra diversi registri recitativi, tanto da essersi guadagnato il Golden Globe e la nomination all'Oscar come miglior attore.
8. The Departed
Ancora un criminale, ma questa volta ben più temibile e luciferino, è quello a cui Jack Nicholson ha dato vita nel 2006 in The Departed, pluripremiato thriller poliziesco diretto dal grande Martin Scorsese a partire dal film Infernal Affairs. Boss della Mafia irlandese di stanza a Boston, il Frank Costello di Nicholson è un villain memorabile, dalla serafica crudeltà e dall'oscuro carisma, con il quale si troverà a confrontarsi Billy Costigan Jr (Leonardo DiCaprio), un giovane poliziotto infiltratosi nelle fila del clan di Costello; e molte delle sequenze fra i due antagonisti riescono a sprigionare una suspense davvero tagliente.
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7. L'ultima corvè
L'umanità e la compassione celate dietro una maschera di durezza e pragmatismo: nel 1973 Jack Nicholson ha prestato il volto a Billy Somawsky, sottufficiale della marina incaricato, insieme al commilitone Richard Mulhall (Otis Young), di scortare il giovane marinaio Larry Meadows (Randy Quaid) dalla Virginia al carcere di Portsmouth, nel Maine, in seguito a una condanna per tentato furto, finendo però per affezionarsi al ragazzo, al punto da solidarizzare con lui. Tra i film più rappresentativi della New Hollywood, L'ultima corvè, diretto da Hal Ashby da un libro di Darryl Ponicsan, ha contribuito alla consacrazione di Nicholson, che per la sua prova ha ricevuto la nomination all'Oscar e il premio come miglior attore al Festival di Cannes 1974.
6. Qualcosa è cambiato
Melvin Udall, romanziere solitario, ferocemente misantropo e dalla battuta sempre pronta, incarna alcune fra le caratteristiche più ricorrenti dei personaggi tipici nel repertorio di Jack Nicholson: non c'è da stupirsi, pertanto, se il ruolo al cuore della commedia romantica Qualcosa è cambiato è stato uno dei più apprezzati e popolari nella carriera dell'attore. Nei panni di Melvin, affetto da un disturbo ossessivo compulsivo, costretto a prendersi cura del vicino di casa Simon Bishop (Greg Kinnear) e innamorato della cameriera Carol Connelly (Helen Hunt), Nicholson si produce in una performance ben calibrata fra cinismo, verve e sensibilità. Il film scritto e diretto da James L. Brooks si è rivelato nel 1997 uno dei maggiori successi del decennio e ha permesso a Nicholson di portarsi a casa il Golden Globe come miglior attore e il suo terzo premio Oscar.
5. Batman
Nel 1989 Jack Nicholson ha affrontato una delle scommesse più azzardate della propria carriera: indossare il trucco vistosissimo e sfoderare il ghigno sadico e malevolo di una delle icone del mondo dei fumetti, il Joker. In Batman, il cinecomic di Tim Burton dedicato alle avventure del supereroe mascherato di Gotham City, il Bruce Wayne di Michael Keaton deve vedersela infatti con il criminale Jack Napier, che in seguito a una caduta in una vasca colma d'acido si è trasformato nel Joker, temibile arcivillain con sembianze da clown. E Nicholson mette il proprio istrionismo al servizio di un "cattivo" che ruba puntualmente la scena ad ogni apparizione, fondendo la natura cartoonesca del Joker con la sua crudelissima, inquietante follia.
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4. Cinque pezzi facili
Se nel 1969 la sua parte breve ma incisiva in Easy Ryder lo aveva imposto all'attenzione di critica e pubbico, già nel 1970 Jack Nicholson avrebbe mantenuto le 'promesse' dell'anno prima offrendo una coinvolgente interpretazione in un altro titolo di primo piano della New Hollywood: Cinque pezzi facili, dramma sceneggiato e diretto da Bob Rafelson, qui alla seconda delle sue sei collaborazioni con Nicholson. Protagonista del film è Bobby Dupea, un operaio senza grandi prospettive che vive in California insieme alla fidanzata, la cameriera Rayette Dipesto (Karen Black), ma decide di tornare a Washington per visitare il padre, gravemente malato; e Nicholson, nei panni di quest'individuo disilluso dalla vita ma ancora alla ricerca di qualche traccia di calore attraverso i rapporti umani, ci regala una delle sue prove più belle di sempre, guadagnandosi la nomination all'Oscar come miglior attore.
3. Chinatown
Tra i film che, fin dagli anni Settanta, hanno contribuito a rendere Jack Nicholson uno dei volti e dei nomi di maggior peso nella storia del cinema spicca uno dei massimi capolavori di ogni tempo: Chinatown, superbo noir diretto nel 1974 dal regista polacco Roman Polanski. Un torbido intreccio di delitti, di attrazioni proibite e di rapporti malati mette alla prova le doti investigative di Jake Gittes, cinico detective privato nella Los Angeles degli anni Trenta, le cui indagini sulla misteriosa Evelyn Mulwray (Faye Dunaway) prenderanno una direzione inaspettata. Uomo duro e risoluto, ma con un senso della morale pronto a emergere nei momenti più imprevedibili, questo private eye con il naso sfregiato da una coltellata rimane uno dei personaggi simbolo nella carriera di Nicholson, che per Chinatown ha ottenuto il Golden Globe, il BAFTA Award e la nomination all'Oscar come miglior attore.
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2. Shining
Pochissime figure sono state in grado di inquietare e terrorizzare spettatori di ogni generazione con la medesima, perturbante potenza di Jack Torrance, scrittore spiantato che accetta un lavoro come guardiano di un maestoso albergo fra le montagne del Colorado, l'Overlook Hotel, dove si trasferisce insieme alla moglie Wendy (Shelley Duvall) e al figlioletto Danny (Danny Lloyd) nel corso di un solitario inverno. Diretto nel 1980 da un ispiratissimo Stanley Kubrick sulla base del romanzo di Stephen King, Shining non è soltanto uno dei più magistrali e angosciosi film horror mai realizzati, ma uno degli inarrivabili vertici attoriali di Jack Nicholson: dal senso di alienazione e di smarrimento delle sequenze iniziali a un'indefinibile follia sotterranea, per arrivare all'agghiacciante esplosione di furia omicida, il suo Jack Torrance è uno 'spauracchio' assolutamente indimenticabile.
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1. Qualcuno volò sul nido del cuculo
E fra tantissime performance da manuale, quella che si staglia con maggior forza all'interno del repertorio di Jack Nicholson resta probabilmente la sua interpretazione di Randle McMurphy, teppista internato in un istituto di igiene mentale dell'Oregon, in Qualcuno volò sul nido del cuculo, altro celeberrimo capolavoro del cinema statunitense, diretto nel 1975 da Milos Forman dal romanzo di Ken Kesey. Irruento, sarcastico e anticonformista, il Randle di Nicholson è un antieroe dal fascino ineffabile, che lo porterà a prendere sotto la propria ala protettrice gli altri pazienti dell'istituto e a sfidare l'autorità della spietata capo-infermiera Mildred Ratched (Louise Fletcher). Una prova superlativa e commovente, quella di Nicholson, ricompensato con l'Oscar, il Golden Globe e il BAFTA Award come miglior attore per un'opera da annoverare fra le punte di diamante della sua filmografia.