Arrivati alla fine di un festival bisogna tirare le somme. Non significa soltanto eleggere i propri film preferiti e fare i conti con le delusioni, ma anche individuare temi comuni, questioni urgenti che hanno interessato più autori nella stessa edizione. Apriamo la nostra recensione di Broker con una certezza: il tema portante di questa Cannes 2022 è stata la famiglia. Come se la pandemia avesse fatto stringere registi e registe attorno al fuoco domestico, alla ricerca di un salvagente nel caos. Però c'è chi alla famiglia ci ha sempre pensato senza bisogno che un virus ci chiudesse tra quattro mura.
Perché Hirokazu Kore-eda ha sempre orbitato attorno a quel Sole, a quella famiglia quasi sempre al centro del suo cinema degli affetti. Succede anche in questo film agrodolce. Un toccante dramma familiare on the road che intenerisce e denuncia allo stesso tempo.
Figli di nessuno
Corea. Giorni nostri. In una notte di pioggia una donna è costretta ad abbandonare suo figlio davanti a quella che una volta (in Italia) chiamavamo "ruota". All'interno dell'edificio ci sono due trafficanti di orfani, esperti di un mercato nero molto florido. La scena viene vista da due agenti pronte a smascherare l'illecito, anche se le cose non sono bianche e nere come sembrano. È un cinema di sfumature quello di Kore-eda, che qui a Cannes vinse la Palma d'Oro con lo splendido Un affare di famiglia. Zone grigie dai labili confini che tornano con delicatezza anche questa volta, ancora una volta in un altro affare di famiglia. Una famiglia disfunzionale, composta da persone che si trovano, si scelgono, si adattano. Perché dentro Broker sembrano quasi tutti orfani, figli di nessuno costretti a fare squadra pur di andare avanti.
Hirokazu Koreeda: tra l'infanzia e la morte, il cinema
Un senso di appartenenza che cresce assieme a una mini-avventura on the road, in cui impariamo a conoscere davvero quelli che all'inizio ci sembravano i cattivi della storia. L'affetto nei confronti dei personaggi cresce lentamente, con i tempi di un cinema paziente, meticoloso, attento ai silenzi e ai gesti. Perché anche Broker è pieno di quotidianità, di attimi in apparenza superflui ma fondamentali per creare ritratti familiari autentici. Succede anche questa volta. Peccato che in parallelo Broker costruisca un'altra linea narrativa dedicata all'indagine delle agenti, che non solo è meno efficace della principale, ma spezza il ritmo del racconto complicandolo inutilmente.
Famiglia con tempesta
Quando si parla di Kore-eda si scomoda sempre un aggettivo: naturale. Una naturalezza che ritroviamo anche questa volta grazie a una splendida direzione di un cast ispirato, capace di far venire a galla tanti sentimenti diversi: il sospetto, la resa, l'insperato affiatamento e soprattutto quella sottile disperazione che fa cadere ogni diffidenza e cementa ogni rapporto. Questa volta Kore-eda ci fa respirare poche volte all'infuori di auto e appartamenti, ma la Natura è sempre lì in sottofondo. Prima con la pioggia, poi con le schiarite. Prima con la quieta e poi con momenti tempestosi (ma sempre delicati) che commuovono attraverso esplosioni di tanta tenerezza. È un cinema di attimi, quello di Broker. E anche se non siamo davanti al miglior Kore-eda, bastano proprio quegli attimi a renderlo sempre e comunque degno di nota.
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Conclusioni
Forse non siamo davanti al miglior Kore-eda, il che non significa che il regista giapponese non ci abbia regalato un altro bel film. Abbiamo raccontato questo nella nostra recensione di Broker, un dramma famigliare a tinte tenui che racconta il tema dell'adozione con grande delicatezza e tenerezza.
Perché ci piace
- La direzione di un cast sempre naturale e spontaneo.
- L'attenzione ai dettagli di una regia che si sofferma sui gesti e sui silenzi.
- La capacità di emozionare all'improvviso.
Cosa non va
- Una storyline parallela a quella principale non appassiona affatto, anzi rallenta il ritmo inutilmente.