Il fuori concorso di Venezia 72 ci regala un altra perla. Jake Paltrow, fratello della star Gwyneth Paltrow, e Noah Baumbach firmano a quattro mani un bel ritratto dedicato al maestro Brian De Palma. Documentario essenziale e incisivo, De Palma arriva a Venezia in versione quasi definitiva. Il film, probabilmente, avrà bisogno di qualche rifinitura prima dell'approdo in sala, ma il nucleo, fortissimo, è già presente ed è dato dalle parole dell'autore di capolavori come Gli intoccabili, Vestito per uccidere e Carlito's Way che per la prima volta si racconta in maniera libera, senza filtri.
Grazie agli stimoli forniti dai due giovani colleghi, De Palma si lancia in disquisizioni tecniche, non risparmia sferzanti giudizi sulla degenerazione della qualità dei prodotti degli studios e sfodera la sua proverbiale ironia. D'altronde, come confessa lui stesso, "se lavorate in questo settore, è meglio averlo lo humor. La reazione alle vostre opere sarà sempre l'opposto a quella che vi aspettate. Pensate che il pubblico odierà il vostro film e invece lo giudica meraviglioso, ma se gli offrite un film che secondo voi è buono nessuno andrà a vederlo. Per fare cinema non bisogna dare ascolto a nessuno, tutti vi diranno che la vostra storia non interessa. Invece dovete avere talento, costanza e tanta fortuna per sopravvivere".
Dalla New Hollywood al Frat Pack
De Palma, a Venezia per ritirare il premio Jaeger-Le Coultre, ha solo parole di sostegno per Jake Paltrow e Noah Baumbach che lo hanno coinvolto in questo eccezionale progetto. Rccontandone la genesi il regista spiega: "Jake e Noah mi hanno riferito il progetto in modo molto disinvolto. Sono andato nel soggiorno di Jake più volte indossando la stessa camicia. Lui e Jake mi facevano le domande e io rispondevo. Il tutto è stato girato cinque anni fa, ma la cosa è andata avanti a lungo e loro sono stati geniali". Per spiegare il rapporto che lo lega ai due cineasti, il regista volge lo sguardo al passato ricordando l'epoca in cui ha iniziato a fare cinema e racconta: "Negli anni '70, quando ho girato i primi film, insieme ai miei colleghi Steven Spielberg, Coppola, Scorsese e George Lucas abbiamo creato un vero e proprio gruppo. Uscivamo insieme, collaboravamo ai progetti e ci scambiavamo giudizi. Col passare degli anni la situazione a Hollywood è peggiorata e noi ci siamo persi di vista. Mi mancava questo cameratismo, perciò sono stato felice di poter frequentare persone come Noah e Jake e altri colleghi come Wes Anderson che lavorano in team e sono uniti da un rapporto personale. Parlare tra registi è fantastici perché noi siamo gli unici che capiamo davvero i nostri problemi". Nello svelare le motivazioni che lo hanno spinto a occuparsi di un autore come De Palma firmando un documentario su di lui, Jake Paltrow confessa: "Il film è nato quando io e Noah ci siamo resi conto di quanto fossero preziose le nostre numerose interazioni con Brian De Palma. Lo conoscevamo e lo ammiravamo e nonostante il nostro cinema fosse profondamente diverso, abbiamo capito che la sua influenza su di noi è stata molto forte. Nel mio caso è talmente profonda che non me ne ero neppure reso conto". "Quest'opera testimonia la nostra amicizia" aggiunge Noah Baumach.
De Palma è il miglior esegeta del suo cinema
La grandezza e la verve di Brian De Palma sono tali da rendere non necessaria qualsiasi altra testimonianza del suo lavoro. Lo dimostra l'andamento di De Palma, che alterna le parole del maestro del thriller a sequenze tratte dalle sue pellicole, senza l'utilizzo di alcuna testimonianza esterna. Quando chiediamo la ragione di tale scelta, Noah Baumach esclama: "Chi potrebbe dividere lo schermo con De Palma? Nessuno. Sappiamo tutti che Blow Out è un capolavoro, ma vogliamo sapere come è nato. Il nostro è un film sulla regia e vuole catturare l'essenza dell'opera di De Palma. Non ci interessava un tributo alla sua carriera e lui è più che sufficiente per parlare del suo cinema"! Jake Paltrow aggiunge: "La nostra è stata una scelta voluta fin dall'inizio. Nei documentari, quando si ha poco tempo per raccontare la carriera di un autore, si usano solo aggettivi superlativi. Brian è pieno di ammiratori, ma noi eravamo interessati solo al suo punto di vista. Volevamo che fosse lui a raccontarci il suo lavoro". La discussione tra registi fa venire in mente opere miliari della letteratura sul cinema come la celebre intervista di Truffaut a Hitchcock o il il libro intervista di Peter Bogdanovich a Orson Welles. Opere che Noah Baumbach conosce molto bene e che, in qualche misura, hanno influenzato il suo approccio a De Palma, come conferma lui stesso: "Il libro di Truffaut su Hitchock è talmente famoso che è durato più dell'importanza dei registi stessi. L'aspetto positivo di questo tipo di approccio è che, quando parliamo tra noi registi, possiamo fornire interpretazioni diverse da chi non è del mestiere ed è ciò che abbiamo tentato di fare io e Jake col nostro film".
Un regista a tutto tondo
Oltre al rapporto personale che ha con Brian de Palma, Noah Baumbach ha un'altra ragione per aver scelto proprio l'autore di Vestito per uccidere come oggetto del suo film. Il maestro, con la sua capacità di reinventarsi, ha dimostrato di essere un modello fondamentale di eclettismo produttivo, una miniera d'oro per i giovani cineasti che si affacciano sulla scena attuale. "Oggi gli studios funzionano diversamente dagli anni '70" spiega Baumbach "ma esistono sempre registi interessanti e di grande personalità che riescono a lavorare fuori dagli studios. Oggi c'è un divario enorme tra studios e cinema d'autore. In passato Brian De Palma poteva fare film personali nel sistema degli studios, mentre oggi non gli lascerebbero mano libera. Lui ha ha lavorato in tutti i modi, ha girato film indipendenti e altri dentro il sistema, ha lavorato con un sistema di franchising che ha avuto grande successo. Dopo aver girato Carrie - Lo sguardo di Satana è tornato a fare piccoli film. Il nostro lavoro documenta come si possa sviluppare una carriera in qualsiasi circostanza. Per fare film bisogna andare sempre avanti con forza, avere humor, ma bisogna soprattutto essere persistenti".
Una voce contro la tv
Pur nella massima duttilità dimostrata in anni e anni di successi, anche Brian De Palma confessa di avere le sue personali idiosincrasie. In un coro di lodi unanimi alla capacità produttiva della televisione, che molti sostengono essere più coraggiosa e creativa del cinema hollywoodiano, il regista non ha paura a far sentire la sua voce contro, ricordando la sua esperienza poco felice con HBO. "Per quanto mi riguarda, ho avuto una pessima esperienza con HBO. Mi avevano chiamato per fare un film su Joe Paterno, l'allenatore coinvolto nello scandalo sessuale della Penn State. Ho iniziato a preparare il film e avevo contattato Al Pacino perché lo volevo come protagonista, ma i produttori di HBO sono stati molto intrusivi. Mi hanno fatto così tante osservazioni che alla fine ho capito che non avrei potuto lavorare con loro e così ho lasciato perdere. In tv il regista arriva a cose fatte, gli danno un lavoro da fare e lui esegue. Sfido chiunque a trovare le differenze stilistiche tra un regista e l'altro nelle serie tv". Quando gli viene chiesto a quale delle sue sequenze è più affezionato, il regista sbotta divertito: "Ma perché continuate a farmi queste domande? Cosa mi rispondereste se vi chiedessi quale figlio amate di più? Ognuno cerca di realizzare le sequenze migliori che può. Mi vengono in mente la scena del museo in Vestito per uccidere o la scalinata de Gli intoccabili, oppure la steadycam ne Il falò delle vanità. Che altro posso dire di queste sequenze? Sono tutti esperimenti che hanno funzionato bene".