Brennero, la recensione: finalmente una serie crime nuda e cruda (targata Rai)

La serie con Elena Radonicich e Matteo Martari ci ha sorpreso: asciutta, diretta, glaciale, prende esempio dalle serie di genere del Nord Europa per proporre un racconto ambientato a Bolzano che parla di dualismo e identità. Su Rai1.

Elena Radonicich e Matteo Martari, protagonisti di Brennero.

Anche le fiction Rai possono sorprendere. Ci aspettavamo molto da Kostas, che si è salvata per il rotto della cuffia. Non avevamo invece grandi aspettative su Brennero, su Rai1 per quattro settimane, pensando che ci saremmo trovati di fronte al solito crime a puntate che prova ad imitare i procedurali americani. Niente di più sbagliato: la serie, merito soprattutto della co-produzione di Cross Productions (quella dietro Skam e Rocco Schiavone, per capirci) insieme a Rai Fiction, mostra i propri muscoli proponendo un racconto non solo immediatamente riconoscibile ma soprattutto fortemente legato al territorio, pur guardando all'estero.

In Brennero tutto parte da un serial killer

Brennero Foto Di Scena Serie Rai
Una presentazione volutamente ambigua per Paolo Costa all'inizio della serie

Protagonisti della fiction Rai sono Eva Kofler (Elena Radonicich) e Paolo Costa (Matteo Martari), due anime perse che non potrebbero essere più diverse (e quindi efficienti insieme). Lei è la figlia dell'ex procuratore capo di Bolzano, Gerhard Kofler, un uomo severo e testardo che inizia a dare i primi segnali di Alzhaimer, nonché moglie del rispettato prefetto della città, Andreas Müller. Una vita quindi vissuta all'interno della legge e del rigore, per la quale è invidiata dai colleghi e coi quali deve lavorare il triplo per far valere la propria voce.

Lui è un poliziotto caduto in disgrazia dopo un terribile incidente di tre anni prima, in cui ha perso la partner Giovanna e la propria gamba. Da quel momento, solo riabilitazione e rancore verso il Mostro di Bolzano, un serial killer che aveva terrorizzato la città contro gli uomini di nazionalità tedesca colpevoli di aver trattato come inferiori gli italiani, tanto da lasciare sui loro corpi un pendente come segno del suo passaggio, e che ora sembra tornare misteriosamente a colpire. Il caso li porta a lavorare insieme controvoglia e, come da copione, scopriranno che forse potrebbero rivelarsi molto più utili l'uno per l'altra di quanto si immaginano.

Attualità canaglia nella fiction Rai

Brennero colpisce immediatamente perché racconta una storia che non è vera, ma narrata come se lo fosse, guardando alla nostra cronaca nera quotidiana. Questo la rende immediatamente avvincente e accattivante, ma ovviamente non bastava come caratteristica. Oltre ai due protagonisti, Radonicich e Martari, che convincono perché mai eccessivi nella recitazione, ma piuttosto guardinghi e contenuti, lui una testa calda e lei solo apparentemente gelida: entrambi riveleranno una dolcezza inaspettata. Il Mostro di Bolzano fin dal nome non può che far pensare al Mostro di Firenze ma anche ai tanti serial killer che oramai popolano la serialità odierna, verso un pubblico oramai davvero ossessionato (e quasi assuefatto in modo preoccupante) al genere true crime come sappiamo.

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Un momento di confronto tra i due protagonisti

Tutti elementi funzionali al racconto, per legarlo all'attualità anche grazie alle tematiche proposte. Innanzitutto si parte dal tema del doppio: la fiction è girata in modalità bilingue (altro enorme passo avanti per la nostra serialità generalista) proprio per rappresentare non solo la realtà dei fatti ma anche il binomio centrale nella narrazione, a partire dal movente e dal modus operandi del Mostro. Una figura che viene mostrata sempre di spalle mentre osserva guardingo i protagonisti, proprio per accrescere in mistero sulla sua identità.

Una fiction di confine

Brennero Immagine
Eva Kofler, solo apparentemente algida

Anche Brennero, come La porta rossa, è ambientata in una città di confine come Bolzano. Una location funzionale al racconto, che diventa personaggio, grazie alla fotografia glaciale e alla location che spesso parla al posto dei personaggi coi propri silenzi e il proprio sibilo del vento, ricordando le serie crime nordiche, da Forbrydelsen a Bron/Broen (quest'ultima parlava di un ponte tra due Stati, guarda un po') che hanno solo da insegnare. In questo caso il confine non soprannaturale, ma identitario, di convivenza "forzata" tra due culture che dopo tanti anni sembrano non aver ancora trovato un equilibrio.

Brennero Immagine Serie Rai
Paolo Costa, una testa calda che ha un grande cuore

C'è quindi il tema della memoria, intesa anche come memoria storica proprio in virtù di questa antica faida, che parte dalla presunta malattia del padre di Eva, divisa tra troppi doveri e responsabilità e che deve far valere la propria volontà nell'unica indagine che il padre non riuscì a risolvere. Il serial prende insomma il meglio da quel tipo di serialità - compresa la scelta di un'unica indagine piuttosto che tanti casi di puntata che spezzano la tensione - per farlo proprio, grazie alla regia congiunta di Davide Marengo e Giuseppe Bonito. Una messa in scena, come la scrittura, che trasuda realismo, senza inutili fronzoli e orpelli. Funziona proprio nella sua semplicità che, in realtà, nasconde molti strati da scoprire, proprio come quelli delle indagini che porteranno alla cattura del Mostro. Forse.

Conclusioni

Brennero impara la lezione dalle grandi serie crime del Nord Europa e le trasferisce nel Nord Italia, in una città di confine come Bolzano che diventa personaggio per parlare di dualismo e memoria. Due protagonisti convincenti, un villain da acciuffare e una caccia all’uomo che parla proprio di queste tematiche completano il quadro. Una storyline molto più orizzontale che verticale e una storia che potrebbe tranquillamente essere vera sono i punti di forza della narrazione avvincente e di una messa in scena che accompagna la serie con grande realismo.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.3/5

Perché ci piace

  • Scrittura, regia e fotografia, schiette e glaciali come il territorio che raccontano.
  • Elena Radonicich e Matteo Martari sono equilibrati.
  • Il caso orizzontale che prevale su quelli della settimana e che si ispira alla nostra cronaca nera.
  • Le tematiche del doppio e della memoria storica.

Cosa non va

  • Proprio questa semplicità e questo chiaro legame al genere crime potrebbe allontanare chi non ne è appassionato.