Mauro Pagani, membro della Premiata Forneria Marconi, polistrumentista, compositore e produttore (tra le tante collaborazioni una delle più fruttuose è stata quella con Fabrizio De André), torna al cinema con una nuova colonna sonora dopo aver musicato molti film di Gabriele Salvatores: dal primo luglio è in sala Boys, con brani firmati proprio da lui.
Diretto da Davide Ferrario, Boys vede Giovanni Storti, Neri Marcorè, Marco Paolini e Giorgio Tirabassi nei panni di un'ex rock band di successo a fine anni '70, che oggi si scontra con la fine della popolarità e soprattutto con la generazione della trap, che sembra distante anni luce da loro.
Quando uno dei trapper più famosi, JD (interpretato da For Life, vero cantante), decide di fare una cover di uno dei loro pezzi, dovranno prendere una decisione: fare soldi facili compromettendo però tutto ciò i cui credono, oppure rimanere fedeli alla propria musica? Presentato come film d'apertura al 67esimo Taormina Film Festival, abbiamo parlato di Boys con Mauro Pagani e il regista Davide Ferrario.
La video intervista a Mauro Pagani e Davide Ferrario
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Boys: la musica unisce
Nel film si vede come la musica, a prescindere dai gusti o dalla generazione d'appartenenza, riesca a unire le persone. Quanto era importante per voi metterlo su grande schermo?
Davide Ferrario: Questa è una storia che se fosse stata raccontata dal punto di vista ideologico o politico da quattro reduci degli anni '70 sarebbe stata noiosissima. Posso immaginare molti film che lo sono stati in quel senso. Altri sono stati molto belli e sono quelli dove la musica c'è di più. Credo che la musica abbia una leggerezza, perché è musica, e allo stesso tempo una forza: ti porta dentro. La possibilità di parlare del passato attraverso la musica è fondamentale, è lo strumento dentro al quale puoi fare un certo discorso chiamando più in causa le emozioni che non i pensieri o i grandi giudizi storici.
Mauro Pagani: La musica è la seconda lingua che ogni civiltà usa per raccontare se stessa. Ha una cosa in più rispetto alla lingua parlata, perché parla dell'inconscio, dell'irrazionale, della capacità di sognare senza neanche saperla descrivere. Ci sono dei pezzi che tu ascolti e in quel momento ti tornano alla mente le sensazioni che stavi provando quando li hai sentiti la prima volta. Il ricordo ha più a che fare con le emozioni che con i contenuti, con i sogni. Questo è un film che ricorda la capacità che abbiamo avuto per qualche anno di sognare, di credere di identificarci con i nostri sogni. Dio sa che ogni tanto ci siamo sbagliati, sognare troppo è pericoloso. Però sognare è anche benzina necessaria per continuare a sentirsi vivi e continuare a dare una ragione di esprimersi, di lottare, di difendersi.
Boys: rock vs trap
La nostalgia ci frega, oppure la trap fa veramente schifo come si dice nel film?
Davide Ferrario: Mi sono accostato al film ragionandoci e cominciando a sentire e a vedere su YouTube una valanga di trapper che non conoscevo. E devo dire che non ne ho ricavato una grande impressione, lo confesso. Però Mauro mi ha detto di stare attento: stavo facendo lo stesso errore che facevano i nostri genitori quando ascoltavano Jimi Hendrix e gli sembrava uguale a qualsiasi altra cosa che c'era in quel periodo. Ora sono dell'idea che c'è della trap buona e della trap cattiva, come in tutte le cose. Il trapper che c'è nel film non è un attore, ma un trapper vero della periferia di Torino. Lui si chiama For Life e fa una trap molto forte, molto bella secondo me. Nel film però fa un'altra cosa, fa la trap commerciale, più facile, machista, tutti belli e ricchi. Che è una realtà. Però non è che la trap fa schifo: c'è della trap che mi fa schifo e della trap che non fa schifo, che esprime una reale necessità.
Mauro Pagani: Adesso parliamo degli anni '70 e '80 come se fossero degli anni meravigliosi, ma ricordo a tutti che negli anni '70, se guardate le classifiche, l'ottanta per cento della produzione erano delle schifezze. Solo che erano anni in cui non c'erano solo schifezze ma anche momenti di altissima creatività. La vera fortuna è che potessero succedere, trovare spazio e distribuzione quei momenti. Adesso il nostro momento storico rende sempre più difficile andare a trovare i nuovi bravi, perché le scelte di cosa viene trasmesso, cosa va nei festival e cosa appare sono sempre più legate e determinate dai settori commerciali. Sono scelte commerciali, non scelte contenutistiche. Però non è che è partito il gas esilarante e siamo diventati tutti scemi: i giovani di oggi hanno più difficoltà di noi. Io ricordo a tutti che noi volevamo suonare e siamo riusciti a suonare, abbiamo potuto quindi imparare, persino guadagnare. I ragazzi di oggi fanno molta più fatica di noi, quindi per loro è più difficile. Poi soprattutto devo dire che molti dei ragazzi di oggi sono allenati e abituati a non illudersi, perché sennò si rischia la pelle. Allora per auto difesa decidono di sognare poco, di essere concreti. Il sistema non è battibile quindi bisogna trovare il modo di aggirarlo. Queste sono indicazioni che aiutano a sopravvivere ma non aiutano molto la creatività. Quindi bisogna essere anche comprensivi. Però in giro c'è un sacco di bella musica: è solo più difficile trovarla.
Boys e il groove
Gli attori qui cantano, suonano, forse ballano, sicuramente fanno ginnastica pelvica: chi ha più groove tra loro?
Davide Ferrario: Su quattro due sono musicisti reali, ovvero Neri Marcorè, che fa degli spettacoli suonando e cantando, e Giorgio Tirabassi, che è un vero chitarrista con un amore per il blues. Gli altri due sono attori, uno dei quali, Giovanni, si è offerto, in una maniera abbastanza sorprendente, di imparare a suonare la batteria. Ci ha detto: basta che non mi facciate cantare! Marco Paolini in realtà canta spesso nei suoi spettacoli, però ha dovuto suonare le tastiere che teoricamente è la cosa più difficile, ma paradossalmente la più facile da fare in playback. Quindi dal mio punto di vista sono tutti credibili sempre. E poi Marcorè devo dire onestamente che è un ottimo cantante.
Mauro Pagani: Il cinema è anche magia, per cui affidiamoci alla magia. Conosco un sacco di gente che fa finta di cantare che alla fine è molto meglio di gente che canta davvero. Quindi dipende. Per fortuna la vita ci sorprende.