Il mondo dell'animazione occidentale è diventato negli ultimi anni sempre più competitivo ed articolato. Alla Disney si sono aggiunti altri studi capaci di rendere più vivace ed articolato il settore e di conquistare gli spettatori di tutto il mondo. E' avvenuto soprattutto grazie alla diffusione della computer graphic, ma questo non significa che non si possa realizzare animazione con metodi tradizionali e consolidati nel tempo, come il disegno a mano o la stop motion. Ne sono prova artisti come Sylvain Chomet o studi come la Aardman, che proseguono il loro lavoro con dedizione e valore artistico. Ne è prova lampante uno studio giovano come la Laika, che in dieci anni di lavoro ha dato vita a due gioielli come Coraline e la porta magica e ParaNorman. Ed ora approda nelle nostre sale con BoxTrolls - Le scatole magiche.
Presentato fuori concorso a Venezia 2014, il terzo film Laika è divertente e fantasioso, ricco visivamente ed infarcito di dialoghi e giochi di parole brillanti. Ne sono protagonisti buffi mostri inscatolati ed amanti del formaggio che vivono nel sottosuolo ed osteggiati dalla città costruita sopra il loro covo sotterraneo. Proprio al Lido abbiamo avuto l'occasione di parlarle con uno dei doppiatori originali, il giovane Isaac Hempstead-Wright, ma anche con i due registi che hanno guidato la meticolosa messa in scena, Graham Annable ed Anthony Stacchi, e con il produttore e CEO della Laika Travis Knight. Una conversazione interessante sul dietro le quinte del film, sulla stop motion fusa con altre tecniche, sulle scelte e sulle difficoltà che deve affrontare uno studio così giovane e piccolo al cospetto dei giganti dell'animazione contemporanea, una sorta di Davide contro Golia.
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Partiamo dalla fine, dalla sequenza dopo i titoli di coda: come mai avete voluto inserire voi stessi e il vostro lavoro nel film?
Travis Knight: Giocare con le bambole non è certo un modo usuale di guadagnarsi da vivere. Te ne stai in una stanza buia a muovere giocattoli ed alla fine di una giornata di lavoro forse hai realizzato due secondi di film. E' assolutamente un modo folle di guadagnarsi da vivere, ma quelli che lo fanno lo adorano e si impegnano per spingere questa tecnologia sempre un passo più avanti. La comunità di Laika comprende persone di tutto il mondo che non saprebbero fare altro nella vita e quella sequenza finale è un modo per dar loro spazio.
Anthony Stacchi: Sulla sequenza dei titoli in animazione tradizionale, aggiungerei che si tratta dei disegni del nostro concept artist Michel Breton, un autore canadese coinvolto fin dall'inizio della lavorazione. Quelli che vedete scorrere sui titoli sono i suoi bozzetti originali, quelli a cui sia lo scenografo che gli scultori si sono ispirati per realizzare i modelli che poi vedete nel film. E' un modo per mostrare il primo look di BoxTrolls, nelle fasi iniziali della lavorazione.
La realizzazione del film ed il processo produttivo
Perché avete scelto la storia di BoxTrolls dopo Coraline e ParaNorman? Cosa vi ha attirato di questo progetto?
Travis Knight: Quando la Laika è nata dieci anni fa, il primo progetto iniziato fu Coraline e quattro mesi dopo acquistammo i diritti di Here Be Monsters che è poi diventato BoxTrolls. Ma c'è voluto molto tempo per svilupparlo e scegliere l'approccio giusto per realizzarlo bene. Aveva tanto dei romanzi che mi piacevano da ragazzo, da Charles Dickens a Roald Dahl e quel senso dell'umorismo bizzarro un po' alla Monty Python. Una combinazione di fattori che sintetizzati in un film da 90 minuti potevano fare la differenza, ma il libro è oltre 500 pagine e non è stato facile scegliere quale dovesse essere il cuore di BoxTrolls. L'importante per noi, dopo Coraline e ParaNorman, è stato di realizzare qualcosa che fosse diverso dai lavori precedenti, non ripeterci. Hanno ovviamente del DNA comune, perché vengono dalla stessa comunità di persone che daranno sempre determinate caratteristiche ai loro lavori, come l'equilibrio tra luce e oscurità, ma l'ultimo lavoro è una storia di crescita alla Dickens, in costume, che abbiamo amato molto.
Come avete lavorato all'adattamento del romanzo?
Graham Annable: Here Be Monsters è un romanzo fantastico, ma è anche molto grande e ogni pagina ha nuovi personaggi e nuovi ambienti, quindi abbiamo capito subito che avremmo dovuto trovare un modo per ridurre questa ricchezza e complessità, per concentrarci su una storia che fosse possibile raccontare in un film d'animazione di 90 minuti. Ci siamo concentrati sull'adozione di un bambino da parte dei mostri e quella è diventata il fulcro del nostro film, e tutto è venuto in modo naturale partendo da lì ed andando indietro, ci sono voluti solo... sette anni [scherza].
Anthony Stacchi: E poi abbiamo fatto il film! Nello sviluppo di una storia per l'animazione si stende un soggetto, poi si realizza lo script in diverse forme e poi si inizia a lavorare ad uno storyboard ed a quello si iniziano ad applicare dialoghi con voci provvisorie, finché non si trovano gli attori reali e si iniziano a sostituire frammenti di dialoghi definitivi. Mettiamo insieme più alternative degli script e degli storyboard e questo ci aiuta a limare la storia e modificarla man mano che procediamo e così vengono fuori i temi, i collegamenti. Per esempio Winnie e la sua famiglia non esistevano nel romanzo ed abbiamo dato a lei gli stessi problemi col padre che aveva Uovo.. e così poco per volta la storia prende forma nella sua versione definitiva. In pratica facciamo tutto il film, con disegni e frammenti di voci, prima di realizzarlo realmente. Ma richiede molto tempo.
Se pensiamo invece alla prima sequenza del film, vediamo solo frammenti ed ombre dei BoxTrolls e fa pensare un po' a E.T...
Graham Annable: E.T. L'Extraterrestre è sicuramente una delle influenze, ma sicuramente anche Gremlins. I Gremlin restano nascosti per molto tempo nel film prima che lo spettatore possa vederli. Volevamo creare un senso di prospettiva tra quello che sono realmente i Troll e quello che la gente del posto ritiene vero. In modo che quando finalmente si fa la loro conoscenza più approfondita sia evidente che non è stata raccontata la realtà su di loro.
Che ci puoi dire del design dei troll?
Travis Knight: Sono stati i più complessi, perché dovevano essere percepiti come mostri e non potevano essere delle adorabili palle di pelo, alle prime apparizioni doveva essere chiaro il perché la gente potesse avere paura di loro. Ma una volta conosciuti doveva essere evidente che fossero una dolce, timida razza di pensatori con una comunità adorabile. Alla lunga doveva venir fuori che i veri mostri erano nella società umana, tra gli aristocratici.
E dei costumi? Ha richiesto molto tempo la loro realizzazione?
Anthony Stacchi: non ha richiesto molto a me pensarli, ma decisamente molto di più alla costumista! Le abbiamo fornito un bel po' di input, dal lavoro di Gillian al Il Casanova di Federico Fellini, Grandi speranze di Lean. Dovevano esserci influenze vittoriane, eduardiane, steampunk, ma non doveva essere un periodo specifico. E' Europa, ma non è nessun luogo in particolare. Il tutto fuso insieme. Abbiamo detto alla costumista: "OK, buona fortuna!" [scherza] Lei ha lavorato ispirandosi alla moda contemporanea ed all'abbigliamento del passato, ha messo insieme una serie di suggestioni diverse ed ha lavorato su di esse ed il risultato è un collage di stili diversi. Un altro punto delicato è poi la realizzazione pratica, perché al loro interno hanno un'anima di metallo che permette loro di mantenere le pieghe durante l'animazione, per esempio mentre un personaggio cammina e le sue gambe piegano la stoffa delle gonne, o per dare la sensazione del respiro dei personaggi. C'è del filo di ferro anche tra i capelli, in modo che possano ondeggiare mentre camminano. La costumista è andata in giro per il mondo alla ricerca dei tessuti giusti, perché la texture deve essere adatta a far sembrare il tutto in scala, ed ha trovato gente che colleziona antichi guanti vittoriani per bambini, fatti di una pelle soffice, e li tagliava col laser per realizzare i nostri costumi. Si è sparsa la voce tra i collezionisti di non vendere guanti alla Laika, perché li tagliamo! Abbiamo iniziato a comprarli sotto falso nome.
Graham Annable: E' bizzarro lavorare alla Laika, perché sembra un intero studio cinematografico d'altri tempi in un unico edificio, dal dipartimento dei costumi a quello per le scenografie e così via. E' tutto miniaturizzato, ma completo.
Le voci di BoxTrolls
Che puoi dirci della selezione del cast vocale?
Travis Knight: E' un processo difficile, perché le interpretazioni sono composte da un aspetto visivo ed uno vocale. La prima realizzata dagli animatori e la seconda affidata agli attori. Ma il lavoro dei primi è influenzato dalle voci degli interpreti, quindi si instaura una strana collaborazione che a volte è separata da mesi o anni di tempo. Scegliere gli interpreti non è semplice, perché ci sono grandi attori che non sono ugualmente validi quando ci si limita alla sola voce, perché in un film live action hanno a disposizione anche la mimica e l'espressività del volto, mentre per doppiare un film d'animazione ci si deve affidare alla sola voce. Ed è sorprendente come grandi attori non abbiano una voce molto potente. Ne abbiamo valutati tanti, abbiamo ascoltato le loro voci reali in interviste, abbiamo ascoltato clip dei loro film ed abbiamo estrapolato delle frasi per applicarle ad animazioni di prova, per vedere come quelle voci completavano i nostri personaggi. E soprattutto abbiamo valutato come ogni voce si fondeva con le altre, perché mettere insieme un cast vocale è come assemblare un'orchestra, dando ad ogni personaggio una diversa sfumatura che possa andare a completare lo spettro sonoro del film. Così abbiamo scelto il nostro cast ideale e, per fortuna, siamo riusciti ad avere quasi tutti i nomi che avevamo scelto, anche se in alcuni casi è stato difficile convincerli! Abbiamo iniziato da Uovo, il nostro eroe, ed Isaac era perfetto per il ruolo, ma il più complesso è stato Snatcher perché non sarebbe dovuto essere un cattivo bidimensionale, aveva bisogno di tutta una serie di sfumature che necessitavano di un grande interprete. Ben Kingsley era la nostra scelta ideale, ma non pensavamo che saremmo riusciti ad averlo. Invece ha accettato e ne siamo stati sorpresi! Ed in più ha avuto un'idea geniale su come sarebbe dovuta essere la sua voce, che non sembra per niente quella di Kingsley, ed è stato perfetto. E' quello che fanno i grandi attori, fanno qualcosa di inaspettato che si rivela perfetto per la parte.
Avete parlato della composizione del cast come di un'orchestra. In questo senso, ogni personaggio che strumento rappresenta?
Graham Annable: Isaac è sicuramente il cantante solista! [ride]
Anthony Stacchi: E' una scelta delicata. Quando togli la fisicità ad un interprete, percepisci la sua voce in modo diverso. Volevamo essere sicuri che fosse sempre chiaro chi stesse parlando, che quindi le voci non potessero essere confuse una con l'altra e che insieme creassero un suono armonioso. Questo intendiamo per orchestra. E Nick Frost è sicuramente la batteria! [ride] Ed ha cambiato completamente la sua voce, non sembra Frost. Lo stesso vale per Jared Harris, che ha introdotto riferimenti a tanti attori classici britannici, o Ben Kingsley: li senti parlare e non capisci che si tratta di loro. Sir Ben non ha lavorato molto insieme agli altri attori, veniva allo studio e leggeva i suoi dialoghi. Ha letto lo script, studiato l'artwork del personaggio ed ha voluto recitare reclinato in modo da poter parlare con la pancia, allungando le vocali perché riteneva che così dovesse parlare un aristocratico.
Graham Annable: E' un attore molto preparato, ma non ha mai deviato dallo script, non ha cambiato una parola. Tracy Morgan invece non ha letto nemmeno una battuta così come era stata pensata! [scherza] Inizialmente il suo personaggio avrebbe dovuto dire un'unica battuta per tutto il film, ma una volta che l'abbiamo visto all'opera abbiamo voluto quello che lui poteva apportare al film.
Avete usato le voci come riferimento per il design dei personaggi?
Travis Knight: No, perché li avevamo già realizzati tutti prima di scegliere gli attori. Quello che però facciamo è riprendere l'attore mentre recita i dialoghi, in modo da usare la sua espressività come guida per le animazioni, dei manierismi, alcune espressioni tipiche del viso, il modo di muovere il corpo.
Da Italiani siamo rimasti senza parole per la Cheese Song, come è nata l'idea?
Anthony Stacchi: è per questo che dovevamo fare la première qui, nessun altro avrebbe capito! In nessun altro luogo il pubblico capirà la canzone di Dario [Marianelli]. E' nata come collaborazione tra noi e lui. Noi gli abbiamo fornito il riferimento a delle musiche italiane che conoscevamo che avevano un certo ritmo molto specifico, mentre lui ha suggerito di scrivere il testo con i formaggi. E' stata un'idea fantastica, la adoriamo!
Per un film dal tono alla Monty Python come BoxTrolls sembra naturale avere una canzone scritta da Eric Idle. Come avete lavorato con lui? Gli avete dato assoluta libertà?
Graham Annable: E' stato un momento molto importante della lavorazione del film. Sapevamo che avremmo avuto bisogno di una canzone per quella sequenza e sapevamo che il tono alla Monty Python era adeguato. E ci siamo detti: "perché non chiederlo?" E' stato il primo a cui abbiamo chiesto ed ha acconsentito quasi immediatamente.
Anthony Stacchi: Gli è piaciuta proprio la politica della storia. Quando gliel'abbiamo raccontata non ha riso molto, si è limitato ad annuire come se capisse a fondo quello che avevamo in mente. Ha apprezzato i risvolti della trama e la satira che la caratterizza. Ed è stato rapidissimo!
Graham Annable: Ne abbiamo parlato un lunedì, gli abbiamo mandato i dettagli su quello che avevamo in mente ed il giorno dopo lo avevamo in videoconferenza che ci cantava il brano dal vivo strimpellando alla chitarra.
Il futuro della Laika e dell'animazione
Ogni dollaro che spendiamo finisce sullo schermo!
Nel mondo dell'animazione ci sono grandi forze al lavoro, dalla Disney alla Pixar e la DreamWorks. Come fa uno studio giovane come la Laika ad ottenere la stessa qualità di questi colossi?
Travis Knight: beh, ci proviamo! E' ovviamente molto difficile, il nostro budget è solo una frazione di quello dei nostri concorrenti e non abbiamo tutte quelle risorse, ma quando guardi uno dei nostri film non sembra che ci sia nessuna forma di compromesso e sono orgoglioso di quello che otteniamo dal punto di vista estetico. Ogni dollaro che spendiamo finisce sullo schermo! Questo perché non abbiamo burocrazia, ognuno che lavora alla Laika è un filmmaker e contribuisce per quanto può al lavoro finale. Ed è tale la passione e la dedizione che questo influisce sul risultato finale. Non ci sono dirigenti, amministratori, contabili, è un gruppo di artisti che lavora attivamente ai progetti. Non facciamo test per valutare la reazione del pubblico, alla fine un lavoro artistico deve essere personale. E' vero, con tutti quei processi e quei test puoi ottenere un prodotto commercialmente più valido, ma alla fine sei anche costretto ad annacquare la tua idea iniziale e non è possibile avere e sostenere un punto di vista se sei concentrato a piacere a tutti. Cerchiamo di tenere la nostra compagnia più piccola possibile, i nostri processi produttivi il più snelli possibili e cerchiamo di fare del nostro meglio per ottenere il film che vogliamo realizzare.
Quanto influirà Tim Burton sui prossimi lavori Laika?
Travis Knight: Tim Burton ama la stop motion, come noi. Gli piacciono le cose strane e gli outsider e lo stesso vale per noi. Crescendo ho amato i suoi film e continuerà ad avere una certa influenza su quello che facciamo, così come molte altre cose. Quello che facciamo ha delle affinità con il suo lavoro, ma siamo influenzati anche da altro. Non credo che avrebbe mai fatto un film come ParaNorman o BoxTrolls... forse Coraline. Mi piacciono i suoi film, così come piacciono a tante altre persone, ma non voglio realizzare i suoi film.
La stop motion è una forma tradizionale di animazione, ma quale pensa che sia il futuro, che strade si possono percorrere?
Travis Knight: La stop motion è usata sin dall'alba del cinema, da quando Melies ha lanciato un razzo verso la Luna, è una tecnica che ha cento anni ed il processo è essenzialmente lo stesso di allora: c'è ancora un animatore da solo su un set al buio a muovere degli oggetti un fotogramma per volta. La differenza da noi alla Laika è che abbiamo cercato di integrare altre forme di animazione nel processo, con aggiunta di disegno a mano, CGI ed altre tecnologie che non erano mai state usate prima nella stop motion. Proprio per questo la sensazione è di qualcosa di diverso, di unico. Non c'era altro modo di realizzare questo film e nessun altro realizza film in questo modo. E' una tecnica che ha un secolo eppure la sensazione è che non abbiamo nemmeno iniziato a grattare la superficie di quello che ci può consentire, c'è stata un'enorme evoluzione da quando abbiamo iniziato a realizzare Coraline dieci anni fa e credo che ce ne sarà una esponenziale nei prossimi cinque o sei anni.
Non avete paura che questo mix di tecniche diverse possa far storcere il naso ai puristi della stop motion?
Anthony Stacchi: Noi lavoriamo con molti di loro! [ride] Ed erano preoccupati! Quando abbiamo approcciato il romanzo sapevamo che sarebbe stato difficile, sia per l'ampiezza e la varietà sia per il look sporco, le fiamme, il fumo... allora abbiamo deciso di non essere puristi, di non fare tutto sul set. Abbiamo definito lo stile del film e di usare qualunque tecnica necessaria ad ottenere quello stile. Abbiamo usato l'animazione tradizionale come le riprese di un film dal vivo, aggiungendo CGI ed altre tecniche come effetti speciali. E' stupendo in Coraline o Fantastic Mr. Fox quando usano cotone per il fumo o carte che ondeggia per le fiamme, ma non è l'effetto che volevamo ottenere in questo caso.