Recensione Cado dalle nubi (2009)

Irriverente e anarchico come Borat, Checco è una valanga che travolge tutto e tutti con la sua sfrenata terronaggine: i preti, i gay, gli extracomunitari, uomini e donne, vecchi e giovani, terroni e polentoni.

Borat made in Puglia

Si è sempre un po' scettici quando un comico televisivo decide di fare il passo verso il grande schermo, soprattutto quando il personaggio in questione è riuscito a raggiungere, grazie al piccolo schermo, una notorietà pazzesca 'canzonando' se stesso, le sue origini, gli usi e i costumi casarecci, le terronerie e le smorfiosità della nostra veracissima Italia della Sud. Il rischio di vedere l'ennesima macchietta è sempre altissimo come può essere controproducente andare a calpestare terreni già ampiamente battuti. Quando si trattano certi argomenti poi bisogna a tutti i costi evitare di cadere nella trappola retorica dello scontro tra nord e sud, un tormentone che tra cinepanettoni e fiction televisive ormai ha detto già tutto il dicibile. I rischi del mestiere sono sempre in agguato dunque, la furbizia e la bravura sta nel farsi guidare da chi di cinema, di scrittura e di mercato ne sa qualcosa, perchè il passaggio da un 'media' ad un altro non è mai cosa facile. Quello che ha fatto con grande umiltà Luca Medici, alias Checco Zalone (dal barese "che cozzalone!" che sta per "che gran cafone!"), affidando il 'suo' film Cado dalle nubi nelle mani del produttore Pietro Valsecchi e dell'amico Gennaro Nunziante, pugliese come lui, sceneggiatore di talento (collaboratore fisso di Alessandro D'Alatri), attore e ora anche regista.

La nuova commedia prodotta distribuita da Medusa - che molto ha di autobiografico per Zalone - narra infatti la storia di Checco, un ragazzone di trent'anni nato e cresciuto a Polignano a Mare, lo stesso paese di nascita del grande Domenico Modugno, uno deciso a conquistarsi il successo, a cantare non solo il sabato e la domenica con gli amici o ai matrimoni ma dalla mattina alla sera, come un vero cantante di professione. Non vedendo sbocchi possibili né all'orizzonte alcuna possibilità di 'sistemazione', la sua fidanzata storica Angela decide di lasciarlo. Tutte le canzoni d'amore che Checco le ha dedicato in sei anni sembrano di colpo solo un lontano ricordo. Senza pensarci due volte Checco decide allora di tentare l'ultima carta e parte per Milano in cerca di fortuna in campo discografico. Unico punto di riferimento nella capitale 'nordica' il cugino Alfredo, massaggiatore di professione, il quale nonostante sfoggi con i genitori una fidanzata diversa per ogni occasione in realtà è omosessuale e convive da ormai dieci anni con Manolo, il fidanzato personal trainer. All'inizio non sarà una convivenza facile ma pian piano tutti riusciranno a trovare il proprio equilibrio, anche Checco, specialmente dopo l'incontro con Marika, una laureanda in psicologia che gli farà letteralmente perdere la testa. E così tra gaffe, battute pesanti e figuracce rimediate in ogni dove, Checco fa il suo ingresso in un mondo sconosciuto e complicato, inseguendo sì un sogno, ma anche dimostrando un'ignoranza totale su qualsiasi argomento, musica a parte. Determinato come mai in vita sua, riuscirà in extremis a partecipare a un talent-scout televisivo tipo X-Factor e nella mission impossible di far innamorare la sofisticata e colta ragazza dei suoi sogni, figlia di un antimeridionale convinto e militante in un partito simile alla Lega Nord, uno che non ne vuole sapere di mangiare orecchiette e burrata. Alla fine Checco conquisterà tutti, discografici snob con la puzza sotto al naso, leghisti ottusi e 'uomini sessuali' compatiti come fossero malati. Le sue carte vincenti una disarmante purezza d'animo e una meravigliosa mediocrità.
Non azzecca un verbo, è totalmente sgrammaticato, terra terra e tanto tamarro. Irriverente e anarchico come il Borat di Sacha Baron Cohen, Checco è una valanga che travolge tutto e tutti con la sua sfrenata terronaggine: i preti, i gay, gli extracomunitari, uomini e donne, vecchi e giovani, terroni e polentoni. Portavoce di un'italianità che nessuno ci racconta più e di un'ironia più unica che rara legata all'assurdità grottesca del suo modo di esprimersi, il fortissimo comico pugliese arriva come un ciclone sul grande schermo mostrando una padronanza scenica e una scioltezza da attore navigato, svestendo per una volta i panni del cantante napoletano che rielabora in chiave melodica tutti i generi e tutte le canzoni più famose e vestendo quelli di se stesso.

Una carriera iniziata come musicista jazz per poi passare al cabaret partendo dagli schermi regionali di Telenorba (dove avvenne l'incontro con Nunziante), Zalone è approdato nel 2005 nella squadra di Zelig, la trasmissione televisiva di Canale 5 che gli ha dato la notoeirtà e che ha lanciato la carriera (anche cinematografica) di due strane coppie come Ale & Franz e Ficarra e Picone. Il personaggio dei suoi sketch come anche quello di Cado dalle Nubi non è il solito imbranato buono a nulla che pretende di raccontare l'italietta di chi non ha né arte né parte, né è tantomeno uno che si scusa di esistere e si vergogna della sua 'ignorantezza'. E' politicamente scorretto ma non di proposito, è uno che provoca disastri senza rendersene conto riuscendo ad operare una sorta di conversione al contrario, contagiando tutti gli altri col suo allegro 'terronismo'.

Cado dalle nubi, al contrario di molte altre commediole che hanno calcato di recente il grande schermo, fa ridere e non si prende mai troppo sul serio. Lungi dall'essere un one-man-show o un passaggio obbligato che si limita a rimescolare e a rieditare le performance televisive di un comico infilandole in un prodotto pensato per far soldi al botteghino, la commedia 'di' e 'con' Checco Zalone è breve e corale, leggera e senza forzature, capace di offrire momenti davvero bizzari e anche qualche riflessione sul triste momento politico-sociale che viviamo attualmente nel nostro paese.
Pochi intermezzi musicali al contrario di quanto ci si poteva aspettare per una commedia dai tempi comici quasi perfetti diretta da un regista esordiente non a caso tra gli autori del soggetto e tra gli interpreti de Il grande botto, uno dei film italiani più esilaranti e sottovalutati degli ultimi dieci anni.
Punto di forza la caratterizzazione dei personaggi, lo sfottò tipico delle commedie degli anni d'oro, storie semplici di uomini semplici e un mix di battute a tratti irresistibile che intreccia coniugazioni mai azzeccate e straordinarie storpiature lessicali. E pensare che Luca Medici è pure laureato in legge...

Movieplayer.it

3.0/5