Natalie Portman, Bruce Willis, Benicio del Toro, Melissa Leo, Mark Ruffalo, Steve Buscemi, Sigourney Weaver. Un solo nome, che li accomuna tutti. Chi? Bonnie Timmermann, tra le più influenti casting director di Hollywood. Un nome venerato, ambito, ricercato. La speranza di ogni attore, che sia un premio Oscar o un esordiente. È lei che assembla i cast, sempre lei che sceglie la faccia giusta per il film giusto. O la serie, giusta.
Già perché è stata proprio Bonnie, come la chiamano tutti, a scegliere Don Johnson e Philip Michael Thomas come protagonisti di Miami Vice, aprendosi la strada ad una decennale collaborazione con Michael Mann. La stessa Bonnie Timmermann protagonista di un notevole documentario, Bonnie, passato alla Mostra del Cinema di Venezia 2022, e ora accompagnato a Roma dalla casting director per una speciale proiezione al Cinema Troisi, organizzata, tra gli altri, dalla UICD - Unione Italiana Casting Directors e da I Wonder Pictures. Prima della proiezione e del Q&A, abbiamo incontrato Bonnie Timmermann negli spazi esclusivi del Cinema Troisi.
A lezione di cinema da Bonnie Timmermann
Più che un'intervista, una vera e propria lezione di cinema, che non può non iniziare dal primo approccio che ha Bonnie verso gli attori e le attrici che entrano nel suo studio. "Quando un attore o un'attrice entrano nella mia stanza, sento qualcosa. Faccio il casting, l'attore è seduto davanti alla macchina da presa e io vedo quel volto nel film. Non so come si impara la tecnica, ma forse con la gentilezza si possono tirare fuori più cose da una persona. Penso a Liam Neeson in Miami Vice. È entrato nella mia stanza e la gente si è chiesta: 'Chi è questo tizio?'. Si è seduto, alto un metro e ottanta, perfetto per fare il cattivo, e io gli ho detto: 'Liam, questo è un ruolo importante. È tuo'. Così ho chiamato Michael Mann e gli ho detto: 'Michael, se non assumi questo tizio che è seduto nel mio ufficio, licenziami, perché è troppo bravo'". Un altro grande nome scovato da Bonnie Timmerman è Natalie Portman. "Abbiamo fatto un'audizione. Era fantastica. Michael ha visto l'audizione per Heat e ha detto: 'È quella giusta'. Natalie aveva una grande concorrenza, Kate Winslet, Alicia Silverston...".
La sfida del futuro: l'intelligenza artificiale
Nessun dubbio, invece, per quanto riguarda l'intelligenza artificiale, strumento che secondo la casting director andrebbe bilanciato: "So che gli attori sono molto contrari, così come gli scrittori. Penso che da un lato potrebbe essere un disastro, dall'altro si potrebbero fare cose interessanti. Per questo gli sceneggiatori stanno lottando contro l'IA. E anche gli attori dicono: 'Niente IA'. Ma forse c'è un modo per risolvere il problema: se non calpesta nulla e lo si usa per uno scopo, probabilmente potrebbe aiutare a far progredire le cose nel mondo".
Anche perché le relazioni umane sono fondamentali, e non solo nel cinema: "Quando ho incontrato Michael Mann per la prima volta stavo cercando di aiutarlo a ottenere un ruolo in un film. E abbiamo lavorato benissimo insieme. Gli sono piaciute molte delle mie idee e mi ha stretto la mano. Mi ha detto: ìLavoreremo sempre insiemeì. Abbiamo fatto tre serie e diversi film, perché abbiamo un buon rapporto. Penso che sia estremamente importante l'empatia". Ma l'amore, spesso si scontra con il rifiuto: "Odio il rifiuto. So che è così per tutti. Ma io sono stata rifiutata. Sono stata licenziata da un programma televisivo perché ho sostenuto un attore. Credo non sia sempre facile il lavoro per le donne di questo settore", prosegue la Timmerman.
I cast nell'epoca di Instagram. E l'energia di New York
Tra gli argomenti della nostra intervista a Bonnie Timmermann, il tema dei casting in linea con il genere o la nazionalità. "Un ruolo deve andare ad un attore bravo, innanzitutto. Ma capisco che molti attori non ottengono alcun lavoro, o non ottengono il lavoro quando è giusto per loro. Vi faccio un esempio. Ho fatto L'ultimo dei Mohicani, che era un film meraviglioso. Ai tempi si usava far interpretare gli italiani come nativi americani. Ma ho detto: 'Se non mi mostri il tuo passaporto e se non so che sei un nativo americano o un indiano di qualche tipo, non farai parte di questo film'. E questo è stato per me motivo di felicità, perché volevo sentirmi reale. Volevo che fosse qualcosa di speciale".
Ma quanto è cambiato il lavoro di Bonnie Timmermann, nell'epoca dominata da Instagram? "Beh, non sono sui social media. Non sono nemmeno nell'elenco del telefono, ma se venite da me vi presterò attenzione. Se mi trovate perché non sono in lista, vi presterò attenzione. E sono sempre alla ricerca di nuove persone. Sempre. Niente Instagram, ma vado nei musei a guardare i quadri, o ai balletti. Credo che sia questo il modo in cui mi procuro la mia dose di energia". A proposito di energia, Bonnie Timmerman è nata nella città più energica del mondo, New York City. "Un posto unico, stracolmo di volti incredibili. New York mi ha aiutato. Sì, è stata di grande aiuto. Proprio quello che ho detto prima sul balletto. Opere, musei, teatri, Off-Broadway e Broadway. E le strade, la metropolitana. Volti e frammenti ricercati quando realizzo un cast".