Tutto sembra andare per il verso giusto per la squadra del Jeffersonian Institute: Camille Saroyan si è sposata, Angela Montenegro è incinta e Zack Addy, condannato al carcere a vita nove anni addietro per un omicidio che non aveva commesso, sarà rilasciato. C'è però una minaccia che potrebbe distruggere le vite di tutto lo staff del Jeffersonian: Michael Kovac, figlio di un criminale di guerra ucciso da Seeley Booth e già responsabile della morte del padre di Temperance Brennan. Dopo la distruzione parziale del Jeffersonian, tutta la squadra - compresi ex-membri tornati per dare una mano - deve fare il possibile per neutralizzare Kovac prima che sia troppo tardi, e tutto questo senza poter contare su Brennan, le cui capacità mentali sono state parzialmente compromesse durante un'esplosione...
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Dodici anni di omicidi e risate
Bones ha debuttato su Fox il 13 settembre 2005, portando sugli schermi televisivi il personaggio di Temperance Brennan, antropologa forense protagonista di una fortunata serie di romanzi scritti da Kathy Reichs, anch'ella proveniente dallo stesso ambiente professionale (la trasposizione televisiva ha trasformato questo dettaglio in un simpatico inside joke, rendendo Reichs il personaggio principale dei libri scritti da Brennan). Imponendo fin dall'inizio un equilibrio fra mystery, gergo scientifico e humour abbastanza nero, con l'aggiunta delle interazioni spassose fra i vari membri del cast (soprattutto il will they/won't they tra Brennan e Seeley Booth, divenuti una coppia nella settima stagione), Bones è oggi la serie drammatica più longeva mai andata in onda sul network di X-Files, merito di una formula che ha combinato in modo intelligente una struttura rigorosamente procedurale e varie trame orizzontali capaci di soddisfare i telespettatori fedeli. Solo occasionalmente ci sono state delle sviste a livello di scrittura, nella fattispecie il lancio dello spin-off Il risolutore (durato solo tredici episodi), mentre un potenziale errore, ossia il crossover improbabile con Sleepy Hollow, si è rivelato un discreto successo.
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L'importanza del team
La dodicesima stagione, sulla falsariga dell'annata di commiato di E.R. - Medici in prima linea, è stata impostata come un lungo addio, con ripetute apparizioni di comprimari storici come Stephen Fry (assente dalla quinta annata) o Ryan O'Neal (presenza semi-fissa dalla seconda stagione in poi) e il sottotitolo ufficiale The Final Chapter. The End in the End sottolinea questa dimensione riunendo il maggior numero di attori possibile, tra cui Carla Gallo e Laura Spencer, per sottolineare l'imprescindibilità dell'elemento corale nonostante il titolo dello show ("Bones" è il soprannome, inizialmente a fini di scherno, dato a Brennan da Booth). E al centro c'è Emily Deschanel, mai così vulnerabile nei panni dell'antropologa ora affetta da problemi di memoria e abilmente supportata da David Boreanaz che, oltre a dare a Booth il solito carisma fatto di professionalità e tormenti interiori, è anche il regista dell'episodio, scelta simbolica che trova la sua giusta simmetria nella premiere della stagione, che era invece stata affidata a Deschanel (ed è alquanto appropriato che l'ultima inquadratura sia di loro due che si allontanano insieme, come nella sigla dello show).
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The End in the End è un addio, ma al contempo un nuovo inizio, il preludio ad un nuovo ciclo di avventure che potremo solo immaginare, con Jack Hodgins promosso definitivamente a "King of the lab" (un tormentone dell'epoca d'oro dello show che si manifesta in modo quasi catartico per suggellare la fine di un'era) e il Jeffersonian in una specie di stasi, in attesa della nuova gestione per cui non c'è più posto nel palinsesto di Fox, mentre su NBC e soprattutto CBS il procedurale continua a godere di buona salute (basti pensare all'ormai inscalfibile franchise di NCIS, il cui capostipite è quasi coetaneo di Bones). E con il suo miscuglio di nostalgia e sguardo rivolto al futuro ci invita a tornare indietro, a rivisitare le prime indagini del team dodici anni fa, riavviando un ciclo di avventure non sempre fondamentali ma il più delle volte molto divertenti. Un risultato non da poco, giustamente celebrato all'insegna di quella sensazione agrodolce quando si dice finalmente addio ad una serie di cui, nonostante la necessità di chiudere per evitare possibili degenerazioni future, sentiremo sinceramente la mancanza.
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4.0/5