In ogni guerra il singolo soldato è semplice esecutore di quegli ordini che arrivano dall'alto, da chi seduto comodamente nelle stanze del potere decide del destino di migliaia di vite. E non è un caso che il protagonista di Bloodshot sia proprio tra le fila dell'esercito americano, a metafora in forma di rocambolesco blockbuster di quanto appena detto.
In origine il personaggio nasce sulle pagine dei fumetti: è il novembre del 1992 quando fa la sua prima apparizione da "esterno" e rubare la scena, tanto che l'anno seguente ottiene una serie tutta sua prima di alcune controversie legate alla cessione dei diritti dalla Valiant Comics alla Acclaim Entertainment. Ne furono infatti riscritte le origini e gli fu assegnata una nuova identità, ovvero quella di Ray Garrison, che è anche il ruolo poi interpretato da Vin Diesel in questa prima, e ad oggi unica, trasposizione sul grande schermo.
Sfortune e mancanze
Il franchise non è mai continuato per via dei bassi profitti al botteghino, ma va considerato l'impatto della pandemia da Covid-19 che ha portato alla chiusura di tutte le sale proprio in concomitanza dell'effettiva distribuzione. Difficile dire se in un contesto migliore Bloodshot avrebbe potuto contare su una maggiore affluenza di pubblico, giacché tolta la presenza della star di Fast & Furious - da solo in grado di attirare molti spettatori - i cento minuti di visione non offrono nulla di effettivamente innovativo, soprattutto in una realtà cinematografica dove i supereroi e i cinecomics sono ormai all'ordine del giorno. La storia ha per protagonista appunto Ray Garrison, un soldato statunitense che di ritorno da una pericolosa missione in Medio Oriente ha visto morire la moglie davanti ai propri occhi prima di essere ucciso lui stesso dal cattivo di turno. L'uomo si risveglia nei laboratori della RST, una compagnia specializzata nella realizzazione di impianti cibernetici, e scopre che il suo corpo è stato donato dall'esercito per scopi scientifici. Ray è stato resuscitato tramite una tecnologia rivoluzionaria e le sue ferite guarite grazie ai naniti, i quali ora sostituiscono il suo sistema sanguigno. Il protagonista non ha inizialmente ricordi della sua vita passata ma quando la memoria comincia progressivamente a tornare andrà in cerca di vendetta... anche se la verità che lo attende è ben diversa da quanto crede.
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Un'operazione elementare
Fin dal prologo comprendiamo i toni dell'operazione, insinuata su quelle atmosfere giocose dove spegnere il cervello allo scopo di un intrattenimento senza mezze misure, basato esclusivamente sugli effetti speciali e sulle sequenze d'azione. Ed ecco così rallenty, esplosioni e quant'altro, alla ricerca di un dinamismo estetico che ha il compito di stupire chi guarda con colorazioni sgargianti e fantasticherie di sorta. Bloodshot non va per il sottile ma nella sua dichiarata semplicità non trova gli adeguati/sperati punti di forza: il ritmo pecca di tempi morti e la sceneggiatura non fa altro che trascinarsi stancamente verso quella resa dei conti che il pubblico ha già ampiamente compreso dopo i primi quaranta minuti, quando ha luogo il relativo colpo di scena - introdotto maldestramente in dialoghi sbrigativi e forzati - e le varie pedine si spostano dal corretto versante della barricata.
Uno spettacolo fine a se stesso
Un pizzico di ironia qua e là, un'impronta caricaturale marcata nella gestione delle situazioni e degli antagonisti, un procedimento nello svelamento delle varie rivelazioni che sa tanto di old-school: Bloodshot sembra in più occasioni un'operazione fuori tempo massimo, guardante ad una concezione del filone più attigua alla fine degli anni '90 - primi duemila sin a cominciare dalla scelta del suo testosteronico protagonista, un Vin Diesel che tra pose plastiche e sguardi intensi e truci sembra scimmiottare a tratti il Terminator di Schwarzenegger e altre indistruttibili macchine da guerra umanoidi. Dispiace ancora una volta vedere Guy Pearce in una veste infelice, quella di un villain scialbo e dalle motivazioni più labili del previsto, e in generale si sente la mancanza di un'analisi introspettiva che esuli dalla colonna portante di una vendetta come tante, spruzzata qua e là da passaggi adrenalinici esagerati - vedasi il combattimento finale sugli ascensori del grattacielo - e da un senso dello spettacolo troppo sempliciotto per risultare anche coinvolgente.
Conclusioni
Un divertimento facile facile, a cui approcciarsi esclusivamente senza troppe aspettative o altrimenti il rischio di rimanere delusi è alto. La storia di un supersoldato che viene resuscitato e al quale vengono impiantati nuovi e ricordi a seconda dell'occasione è infatti raccontata in una sceneggiatura imprecisa e improbabile, derivativa quando non povera di contenuti. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di Bloodshot, questo cinecomic - tratto da un fumetto misconosciuto in Italia - è ad uso e consumo del protagonista Vin Diesel, che mette muscoli ed espressione imbronciata al servizio di un blockbuster d'azione senza mezze misure, che si fa forza sugli effetti speciali e su scene d'azione rocambolesche e adrenaliniche anche se non sempre riuscite.
Perché ci piace
- Effetti speciali di discreto livello e azione a tema per il pubblico di appassionati.
- Vin Diesel nelle vesti del protagonista ha il giusto physique du role...
Cosa non va
- ... ma è meno carismatico del solito.
- La sceneggiatura risulta spesso forzata e improbabile e non sfrutta appieno il potenziale fascino del personaggio.
- Guy Pearce sprecato come villain incolore.