"Ho il film perfetto per tirarti su il morale". Un'importante e sentita precisazione prima di addentrarci nella nostra recensione di Blockbuster: la serie Netflix in questione non c'entra nulla con la meravigliosa storia che c'è dietro l'ultimo (e vero) Blockbuster rimasto sul pianeta (per la precisione si trova a Bend, Oregon) e gestito dalla simpatica Sandi Harding che, non senza difficoltà, lo ha reso un vero e proprio punto di riferimento per la comunità, nonché una sorta di tempio pagano di una cultura pop ormai (quasi) estinta. Lo scriviamo subito perché la produzione pare non abbia ufficialmente preso in considerazione la realtà di Bend, né lo splendido documentario The Last Blockbuster di Taylor Morden (negli USA approdato proprio su Netflix) che narra giustappunto dell'ultimo store della mitica catena dall'insegna blu e gialla. Tra la sitcom e il documentario c'è una connessione indiretta ma lampante, dato che alcuni temi dello show - guarda caso - sono gli stessi che troviamo nel film di Morden. Uno su tutti? La nostalgia. Quella maledetta nostalgia che non ci molla un attimo, e che anzi ci riporta costantemente indietro ai giorni di gloria, quando la felicità erano una VHS appena uscita e le caramelle gommose acquistate in cassa. Magari, fuori era Natale e ci trovavamo a noleggiare il Classico Disney dell'anno precedente: quanto splendore, quanto poesia.
Con questa prerogativa, e con un solo negozio Blockbuster sopravvissuto (da difendere e supportare anche acquistando i gadget on-line!), il videonoleggio dei sogni diventa l'ambientazione perfetta per una sitcom che vuole concentrarsi sulle pieghe di una memoria collettiva che continua a guardare con malinconia un trapassato remoto schiacciato da un intrattenimento diametralmente diverso: "L'algoritmo mi continua a proporre The Great British Baking Show, e questo mi disturba...", sentiamo dire all'inizio del pilot. Ironia del destino: una volta Blockbuster era rivale di Netflix poiché, all'inizio della metà degli anni 2000, Netflix e Blockbuster erano entrambi protagonisti nel mercato del noleggio. Non solo, ad un certo punto Blockbuster ha addirittura avuto la possibilità di acquistare la stessa Netflix. Oggi, con quel deal mai avvenuto, la storia sarebbe stata diversa. Qualcuno lo chiamerebbe sliding doors. E nemmeno 20 anni dopo ci troviamo a ridere e sorridere con una sitcom di Netflix, ambientata in quella catena rivale poi fallita.
Il sogno di Timmy
Blockbuster, creata da Vanessa Ramos (la stessa di due gioielli come Brooklyn Nine-Nine e Superstore) e suddivisa in dieci episodi, segue Timmy Yoon (Randall Park) e gli altri membri dell'ultimo Blockbuster Video degli USA, minacciati da una possibile e definitiva chiusura. L'amore che ha Timmy per il cinema è smodato (i cinefili si divertiranno con tutte le citazioni che riempiono gli episodi), e sente fortissima la responsabilità di tenere aperto il videonoleggio della sua città natale - ci lavora da quando frequentava la seconda media. Essere gli ultimi, però, potrebbe essere la chiave giusta del successo (e della sopravvivenza), in quanto lo store può offrire qualcosa che lo streaming non offre: il contatto umano. Se le risate non mancano (da Scrubs a The Office, le dinamiche lavorative sono da sempre materiale narrativo umoristico), non manca nemmeno l'aspetto romantico tipico di ogni sitcom che si rispetti, e lo troviamo nel personaggio di Eliza (Melissa Fumero), unico grande amore di Timmy e, per giunta, sua nuova collega.
Blockbuster, che nostalgia: 5 cose che ci mancano del mitico videonoleggio
Be kind, rewind!
Lo humour e la cultura pop fanno da cornice allo show, ma la forza della serie risiede specialmente sull'effetto nostalgia che, fin dalla veloce sigla, ci accompagna senza mollarci un attimo. Anzi, ci sembra quasi di intraprendere una sorta di viaggio nel tempo: l'odore della plastica, le corsie suddivise in generi, i sorrisi del ragazzo con la divisa blu che, sognando di essere il nuovo Tarantino, ci ha fatto scoprire i film della nostra memoria più bella. Chissà che fine ha fatto (ogni tanto ci chiediamo), chissà se anche lui, come noi, è rimasto nel limbo di un sogno che sembrava reale, finendo poi per essere trangugiato da una realtà che non accetta il passato, pur basando la propria esistenza sui retaggi dei nostri ricordi più accesi.
Se è vero che gli Anni Novanta stanno finalmente tornando nel mondo della moda e dell'entertainment, la produzione di Blockbuster è riuscita ad acquisire i diritti sul logo e sulle divise dei dipendenti, andando così a (ri)creare un cosmo che credevamo ormai una proiezione mentale e spirituale e che, invece, è più vivida che mai. Di più, pur non avendo legami diretti, che tu sia a Roma, a Tokyo o Parigi, ci avvicina per magia alla romantica dimensione di Bend, Oregon e del suo The Last Blockbuster on the Planet. Per questo, tra citazioni e sorrisi, Blockbuster non è una sitcom come le altre, piuttosto è una sorta di dimensione personale, è l'eredità della nostra passione, capace di accendersi di entusiasmo nell'istante esatto in cui una VHS veniva inghiottita dal nostro videoregistratore. Un tempo che probabilmente non tornerà più, ma che possiamo ancora accarezzare tramite la potenza di una dolcissima e malinconica nostalgia. Ripetendo, come fosse un mantra, quello slogan leggendario divenuto filosofia di vita: be kind, rewind!
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Conclusioni
Dieci puntate da 30 minuti che ci riportano indietro con la memoria: concludiamo la recensione di Blockbuster sottolineando quanto sia forte il fattore nostalgico dietro la serie Netflix. Risate, umorismo e dinamiche lavorative. Tutto rivisto all'interno di una realtà culturale che ha fatto parte della nostra formazione e della nostra cultura pop. Ma non disperate, Blockbuster è ancora con noi: se avete voglia di noleggiare un DVD basta volare a Bend, Oregon...
Perché ci piace
- Randall Park è esilarante.
- Riaccende i nostri sogni.
- Tecnicamente buona. Un'ottima fotografia.
- Il senso nostalgico è forte...
Cosa non va
- ... ma la nostalgia può anche far male.
- La serie non è legata alla storia vera dell'ultimo Blockbuster rimasto.